Undicesimo nella Short Individual di oggi, con due errori al poligono e il nono tempo di Ski Time, Emilien Jacquelin è deluso dalla gara odierna: non tanto per il risultato, quanto dal via libera dato per la stessa dalla direzione di gara. Intervenuto ai microfoni del canale francese La Chaine Equipe, il francese ha dichiarato che “al di là delle esigenze fisiche, le condizioni erano davvero pericolose. Ogni discesa ha curve molto strette; è stata una vera e propria sfida. Fortunatamente, non credo che oggi ci siano stati infortuni, ma queste sono condizioni in cui bisogna essere estremamente cauti. Le piste false sono tante e, con la neve che sprofondava anche di 20 cm, alcune curve erano particolarmente difficili da percorrere.”.
Una gara che, viste le premesse delle condizione, non sembrava essere particolarmente adatta alle sue caratteristiche: “Onestamente, avrei potuto ritirarmi perché era davvero dura. Da un lato sono contento di essermela cavata bene sugli sci. Non vorrei sembrare disfattista, ma avevo il presentimento che questa gara sarebbe stata complicata, soprattutto con la mia corporatura, questo tipo di neve e l’altitudine odierna. Mi aspettavo che sarebbe stata difficile.” Il suo obiettivo, quindi è stato quello di dare il massimo possibile al poligono, ma per ben due volte l’ultimo colpo gli ha detto male in piedi: “Poteva andare molto peggio, quindi ho lottato dalla A alla Z con i mezzi che avevo a disposizione per questo tipo di neve”.
Il 29enne transalpino conclude il suo intervento con una forte critica all’IBU per la gestione delle venue di gara nelle ultime settimane, quando la neve – o piuttosto la sua mancanza – ha fortemente alterato i programmi di gare e messo a dura prova i comitati organizzatori: “Penso che l’IBU stia prendendo la direzione sbagliata.Si parla molto del riscaldamento globale e forse dovremmo riflettere più attentamente. Vediamo due gare così, e pensiamo al fatto che nei prossimi anni potremmo avere non dieci, ma undici tappe. Invece, in fine settimana come questo, dovremmo chiederci cosa dobbiamo fare. Quale immagine vogliamo dare al nostro sport? È ancora una competizione in cui ognuno ha i propri obiettivi, naturalmente, e i migliori sono rimasti in testa oggi”.
Il francese, guardando alla situazione climatica attuale, che non riguarda solo il biathlon ma tutte le discipline invernali – facendo un passo indietro possiamo facilmente ricordare le condizioni trovate a Trondheim per i Campionati Mondiali di sci nordico -, pensa che la salute della disciplina e l’attenzione al clima dovrebbero precedere quella per il profitto e la visibilità mediatica: “Ma a un certo punto il biathlon, in quanto sport invernale, dovrà fare il primo passo nella direzione opposta all’attuale logica economica, come quella seguita oggi dall’IBU. Si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di ridurre il numero di gare, ad esempio da dieci a otto o nove per stagione. Purtroppo, al momento l’IBU non vuole questo”.