La sala dove si tengono le conferenze stampa dopo le gare del Mondiale di Trondheim si riempie, tutti seduti in attesa delle parole dei protagonisti del secondo podio consecutivo tutto norvegese, al termine della 10 km a tecnica classica maschile.
Come da consuetudine in una conferenza stampa al termine di un evento internazionale, chi introduce parte con un paio di domande in lingua inglese, poi invita la platea dei giornalisti presenti a prendere la parola e porre domande agli atleti, specificando: “In lingua inglese, per favore”.
Tra i tanti che alzano la mano, il microfono va al giornalista di una delle tante testate scandinave presenti e, al contrario di quanto ci si aspetterebbe in una conferenza stampa internazionale e appena richiesto, come se il mondo si fermasse ai confini scandinavi, la domanda viene posta in lingua norvegese. Viene in mente l’Alberto Sordi de “Il Marchese del Grillo”: “Perché io so io e voi non siete un caxxo”. Klæbo inconsapevolmente risponde nella sua lingua e d’improvviso si ha la sensazione di assistere a un evento locale, una delle conferenze stampa che si svolgono in albergo prima delle gare.
Un caso? No, perché già domenica, al termine del bellissimo skiathlon femminile, dopo aver iniziato in inglese e con le prime due domande poste da un giornalista statunitense, ecco che quando prendono il microfono i giornalisti scandinavi si comincia a parlare nuovamente nella loro lingua. Johaug risponde alla stessa maniera e ovviamente ai poveri giornalisti fuori dalla Scandinavia, compresi noi, resta ben poco.
Successivamente con Sundling ed Ebba Andersson accade lo stesso. Una giornalista scandinava pone la domanda nella propria lingua, ma Sundling risponde in inglese. Lei, consapevole si tratti di un evento internazionale, fa le cose per bene, finché qualcuno la corregge invitandola a parlare svedese, come se il resto del mondo non esistesse.
Scene che arrivano da un Campionato del MONDO, un evento che rappresenta tutto il pianeta e nel quale tutti dovrebbero avere pari opportunità, visto che la parola “equity” nel media centre campeggia praticamente ovunque, come giusto che sia. Invece, come troppo spesso capita nel mondo dello sci di fondo, se non si è un giornalista di lingua scandinava, ci si sente come un ospite indesiderato, un giornalista di Serie B, o forse anche di Lega Pro. Dagli scandinavi ci si sente considerati come la Groenlandia o il Messico per Trump.
Sorprende che questo atteggiamento arrivi da chi per anni ha giustamente criticato gli atleti russi per non essersi mai impegnati – la maggior parte, sia chiaro – a parlare inglese. Ci chiediamo cosa sarebbe successo se nel corso della conferenza stampa, giornalisti russi avessero posto domande in russo ai propri atleti, senza alcun interprete e non dando ad alcuno l’opportunità di capire. Fiumi e fiumi di articoli, sicuramente.
Ancora più sorprendente è che all’interno del media centre non vi sia alcuno della FIS a prendere in mano la situazione, a comprendere che non tutti i media presenti provengono dal mondo scandinavo, e che fuori dalla Scandinavia c’è ancora tanta gente interessata allo sci di fondo, fin quando qualcuno però gli dà notizie. Dovrebbe essere il loro principale interesse, ma forse non lo è.
In mixed zone, nonostante gli atleti siano anche gentili a fermarsi e i vari capo uffici stampa ci concedano l’opportunità di parlare con i loro atleti, è praticamente impossibile avere delle dichiarazioni complete, perché più di una domanda non si può fare, visto che gli atleti vengono da una miriade di lunghissime interviste con i tanti media scandinavi. Nel biathlon c’è un responsabile IBU, oppure la stessa Eurovision, a chiedere di essere brevi per consentire a tutti di avere contributi. In questa situazione, non ci resta che riparare nel fare una domanda diversa, non sempre riguardante la gara per avere qualcosa di particolare di cui scrivere, sperando poi di avere delle dichiarazioni complete dalla conferenza stampa.
Ma se tranne la breve introduzione in inglese, forse un paio di giornalisti stranieri che riescono in qualche modo a prendere la parola, tutto il resto pone domande in scandinavo, cosa possiamo dare a chi legge il sito? Ci possiamo solo limitare a cercare dichiarazioni dagli stessi media norvegesi, già filtrate ovviamente attraverso la scelta del giornalista e utilizzando google translate.
Se solo la FIS almeno proponesse un serio servizio di interviste sul proprio canale YouTube, simile a quello ottimo dell’IBU nel biathlon, con atleti che parlano almeno 3 minuti e danno la possibilità di avere qualche parola in più del solito “Sono felice, il pubblico è magnifico, la pista mi piace, gli skimen hanno fatto un ottimo lavoro”. Nemmeno quello.
Allora ci chiediamo. Al di là degli azzurri, del voler offrire a chi segue lo sci di fondo in Italia la possibilità di avere in tempo reale le dichiarazioni degli atleti che rappresentano la nostra nazione, con quali altre motivazioni una testata italiana, ma anche di altre nazioni, dovrebbe spendere soldi (non pochi) e il giornalista stare settimane lontano da casa, se poi deve comunque raccogliere le dichiarazioni dei vincitori (quasi sempre scandinavi) direttamente da altri siti?
E se a un certo punto qualcuno si stufasse di spendere soldi dietro a uno sport che, anziché aprirsi al di fuori della Scandinavia, sembra sempre più intenzionato a restare arroccato, chiuso a riccio, nella propria tradizione, guardando tutti coloro che sono fuori come dei semplici ospiti, degli attori non protagonisti, insomma la Groenlandia o il Messico per Trump? Sarebbe la fine dello sci di fondo.
Perché è uno spettacolo il pubblico norvegese di questi giorni, le cinquantamila persone presenti sabato, il grande tifo, i fumogeni e tutto il resto che ci sta emozionando e fa sentire anche chi lo racconta, come il sottoscritto, un privilegiato. Ma sarà lo stesso tra qualche anno, se l’interesse fuori da queste nazioni dovesse calare? Possibile si voglia puntare solo su due nazioni che sommate fanno 15 milioni di anime, anziché capire che per crescere e rendere ancora più grande questa disciplina, il bacino d’utenza è soprattutto altrove? Forse questi tre anni di dominio quasi incontrastato, vista l’assenza dei russi, ha fatto perdere completamente la bussola al mondo scandinavo dello sci di fondo, che da dominatore assoluto ha iniziato a dimenticare che ci sono anche gli altri, che esiste lo sci di fondo anche fuori dalla Scandinavia, la quale ovviamente ne è sempre il cuore.
Soprattutto alla FIS dovrebbero iniziare a capire che lo sci di fondo va oltre la Scandinavia e puntare su una comunicazione più internazionale, capace di coinvolgere le altre nazioni, dando a tutti le stesse possibilità. Che idea eh, semplicemente è ciò che accade nel biathlon, dove c’è una maggiore presenza da parte dell’IBU, che prova sempre ad aiutare i media presenti, facendo sentire anche l’ultimo giornalista parte di una famiglia, utile alla causa, quella di far crescere un movimento. Questo dovrebbe essere l’obiettivo.
Noi vogliamo continuare a seguire lo sci di fondo, amiamo le competizioni, l’impegno degli atleti, le imprese epiche, la fatica, la sofferenza e la gioia che trasmettono questi campioni. Amiamo le loro storie, quando ci è possibile raccontarle. Vorremmo continuare a farlo.