“Ricordo quando Johannes vinse il suo primo oro Mondiale a Kontiolahti. Era la mia prima stagione con lui e la sera si presentò alla cena di squadra vestito da uomo ragno e mi disse che avrei dovuto seguirlo per tutta la carriera perché insieme avremmo vinto tanto”. A parlare è Gianluca Marcolini, da undici anni skiman della nazionale norvegese e in particolare proprio di Johannes Bø. I due hanno uno splendido rapporto, grazie alla loro stima reciproca. Quando parla del tecnico italiano, il campione norvegese è sempre molto rispettoso, ma soprattutto felice, consapevole di quanto sia prezioso il lavoro di chi prepara gli sci e dei tanti sacrifici fatti.
Marcolini ci accoglie sul grandissimo truck della nazionale norvegese, nell’area predisposta all’interno della Sudtirol Arena di Anterselva, dove è ancora al lavoro sugli sci degli atleti che segue (oltre a Johannes anche Tarjei Bø e Karoline Knotten). Dopo averci condotto in un breve giro esplorativo, il discorso cade ovviamente sull’argomento principale dell’ultima settimana, l’addio di Johannes Bø.
«Johannes ha tenuto tutto segreto fino all’ultimo – ci dice – così mi ha mandato un messaggio la mattina dopo aver comunicato la notizia alla squadra, avvertendomi che avrebbe fatto una conferenza stampa e chiedendomi di dirlo agli altri skimen, ma dire a tutti di mantenere il segreto. Lì per lì è stato un trauma. Poi ho iniziato a ragionarci bene, capendo i suoi reali obiettivi e ciò che per lui è prioritario, la famiglia. Johannes ha vinto tutto, Olimpiadi, Mondiali, Coppa del mondo, e un atleta deve anche saper decidere di smettere al momento giusto. Per me un grande campione è tale anche nel saper dire stop quando è ancora al vertice».
A Ruhpolding, dopo la conferenza stampa d’addio, i due si sono poi incontrati davanti al truck della squadra: «Ci siamo parlati, gli ho detto che ha fatto la scelta giusta. Se devi continuare ad andare in giro e non riesci a fare il tuo lavoro al cento per cento, è giusto fermarsi. È un personaggio che mancherà tanto alla famiglia del biathlon, che perde un pezzo importante».
Marcolini ha ammesso di non aver percepito nulla delle intenzioni di Johannes Bø, fino al momento in cui ha ricevuto il messaggio. «Non avevo ricevuto alcun segnale. Per esempio, dopo l’ultima gara a Le Grand Bornand, quando sono andato a complimentarmi con lui e Tarjei in camera, Johannes era normale come sempre, un classico post gara. Non me l’aspettavo».
La voce comincia a rompersi, l’emozione prende pian piano il sopravvento: «Adesso a tutta la Norvegia, ad ogni nostro settore interno, atleti, allenatori, skimen, dirigenti, un personaggio così mancherà. Lui è sempre disponibile, aiuta tutti, non crea mai alcun problema. Si chiudono undici anni fantastici, un atleta così non lo trovi». Si interrompe e inizia a commuoversi.
«Lui non è un campione solo nello sport – aggiunge – lo è nella vita. È una bella persona. Mi ha dato tanto, mi ha fatto capire quanto sia importante anche per un campione essere umile e far parte di un gruppo. Anche se è il più bravo, cerca sempre di aiutare, senza dare le colpe agli altri se le cose vanno male. Non ho mai sentito Johannes lamentarsi di nulla, neanche quando gli sci non erano al cento per cento».
Il flusso delle parole viene nuovamente interrotto dall’emozione: «Da quando sono arrivato a lavorare con lui ad oggi è andato sempre tutto bene – afferma – tra noi c’è grande rispetto, c’è stima nell’altro e nel suo lavoro. Mi ha sempre dato carta bianca e fiducia».
Ora, però, bisognerà mettere da parte le emozioni e cercare di vincere ancora insieme, fino alla fine. «Nel 2022, dopo Pechino, si era assicurato che continuassi e restasse ancora al suo fianco. Come diceva, lo accompagnerò fino alla fine della sua carriera, con l’obiettivo di vincere ancora, perché ci sono altre medaglie e coppe da conquistare. Poi arriveranno le ultime gare a Holmenkollen, che saranno bellissime e certamente forti emotivamente».