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Biathlon , Interviste

Biathlon – Alla scoperta della nuova Anterselva con Romanin: “Nel nuovo finale si può fare tanta velocità”. E sul poligono …

Foto credits: Fondo Italia

Arriva la tappa più attesa, quest’anno ancora di più, quella di Anterselva. Come sempre gli spalti e la Huber Alm saranno stracolmi della passione dei tifosi. C’è curiosità anche di vedere atlete e atleti affrontare il nuovo finale del tracciato olimpico, stile Holmenkollen, ma anche capire se qualcosa è cambiato nel poligono dopo la nuova struttura che sembrerebbe averlo reso più protetto dal vento. Argomenti che abbiamo trattato con Mirco Romanin. L’allenatore della nazionale femminile è tornato a Ruhpolding, in tempo per festeggiare la vittoria di Giacomel, dopo aver saltato le tappe di Le Grand Bornand e Oberhof, la prima perché stava diventando papà e la seconda per seguire Lisa Vittozzi in una settimana di allenamenti a casa.

Innanzitutto, tanti auguri per la paternità. Immagino sia diverso per lei vivere i weekend di gara.

«Diciamo che già normalmente, non è mai facile andare via da casa, perché gli affetti ci sono sempre. Adesso che è arrivata anche Irene è ancora più difficile. Oggi è ancora piccola e non si rende conto, però pian piano diventerà sempre più difficile, ma questo è il nostro lavoro».

Parliamo del tracciato di Anterselva. Vi sono diverse novità, dal giro di penalità diventato ovale, al finale di gara stile Holmenkollen.

«La principale novità è all’interno dello stadio, perché il resto della pista è rimasto più o meno identico. L’arrivo è in stile Holmenkollen, anche se la rampetta finale è meno ripida rispetto a quella di Oslo, mentre il rettilineo sopra al poligono è leggermente più lungo, in quanto le due rampe sono entrambe dritte, mentre in Norvegia curvano. Diciamo che forse l’arrivo è simile a Pokljuka, dove c’è una discesa corta che ti fa fare tanta velocità, in quanto ripida. Vedrete che tanti arriveranno senza utilizzare le braccia. Lo abbiamo provato anche in questi giorni con neve più veloce: restando bassi e pattinando si fa più velocità».

Per quanto riguarda il resto del tracciato?

«È il solito e lo conosciamo. Intanto posso dire che martedì la neve era lenta, mentre mercoledì più veloce. Per la sprint femminile si prevede un meteo instabile con il rischio di qualche leggera precipitazione. In linea di massima, però, le condizioni per il fine settimana saranno buone e speriamo quindi che vi saranno delle belle gare. La pista non è estremamente dura come dislivello, ma bisogna lavorare tanto e sempre, rilanciare per tenere alta la velocità sugli scollinamenti. Le difficoltà degli anelli sono direttamente proporzionali alla loro lunghezza. Quello più breve da 2 km è il più facile, mentre il 3,3 km il più difficile, se ci basiamo sui metri di dislivello. In generale, sono tutti complicati nelle loro caratteristiche, perché bisogna saperli gestire al meglio e non sottovalutarli. Senza dimenticare che è la terza settimana di competizioni, veniamo da Oberhof, un tracciato duro, e Ruhpolding, che è meno duro ma bisogna comunque sempre stare attivi. Veniamo qui che è in quota. Si è fatta sentire nei primi giorni, adesso gradualmente gli atleti iniziano ad abituarsi».

Su una pista del genere, anche il poligono è di conseguenza più difficile.

«La pista richiede un lavoro continuo, la quota porta organicamente un maggior dispendio energetico e un maggior lavoro organico degli atleti. È complicato sotto questo aspetto. Per quanto riguarda le caratteristiche del tracciato, c’è una discesa che precede l’ingresso allo stadio, ma breve e non ti fa recuperare quanto speso prima. Questo perché in precedenza, dopo la Huber Alm, c’è un tratto in leggero falsopiano dove bisogna lavorare tanto. Inoltre sulla discesa prima dell’ingresso allo stadio si deve fare altrettanto per affrontare poi la salita e il piano che precedono il poligono. Quindi la complicanza di questo poligono arriva dalle caratteristiche della pista. Anche perché sembrerebbe che con le nuove strutture costruite per le Olimpiadi sia leggermente più protetto dal vento, ma non lo abbiamo visto in condizioni di vento vero. Vedremo se sarà così».

Concludo cambiando argomento. Domenica ha pubblicato una fotografia per fare gli auguri a Fabio Cianciana, nella quale stavate festeggiando una vittoria giovanile di Tommaso Giacomel. Anche se lei oggi allena la squadra femminile, cosa ha provato domenica?

«Alleno la squadra femminile, ma siamo una famiglia e viviamo il biathlon italiano da tanti anni. Io sono praticamente 15 anni che sono all’interno di questo mondo, prima con sci club e comitato, poi a livello più alto. Ho avuto la fortuna di allenare a tutti i livelli e quasi tutti questi atleti sono oggi presenti in nazionale. Tra questi Tommaso (Giacomel, ndr) che è stato con me e Fabio nei nostri primi due anni in squadra junior, che sono stati bellissimi, con esperienze indimenticabili. Ovviamente, vedere vincere in Coppa del Mondo un ragazzo che fa parte di questo sistema e ha imparato anche qualcosa da te nel corso degli anni, è il massimo per un tecnico. È stata una giornata di grande gioia per tutti, perché ne avevamo bisogno. Ciò ci permette di arrivare ad Anterselva con il morale alto».

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