Ritorna, puntuale come sempre, l’appuntamento del martedì con la rubrica Lo spunto di Zorro, in queste settimane interamente dedicata all’analisi dei fatti più rilevanti di questo diciannovesimo Tour de Ski, disputatosi interamente in Italia, tra Dobbiaco e la Val di Fiemme. Insieme a Cristian Zorzi ci siamo addentrati nell’approfondimento di questioni riguardanti in primis le prestazioni degli atleti migliori classificati e dei fondisti italiani, per poi passare in rassegna anche alcuni aspetti sicuramente migliorabili di questo Tour.
I RISULTATI DEL TOUR: “Partendo dal trionfo di Johaug, ammetto che avevo qualche punto interrogativo dopo la sua prestazione di Davos, dove me l’aspettavo dominante e invece ha faticato. A inizio Tour era lecito chiedersi se avesse recuperato le forze e se la base fatta in estate fosse davvero efficace; direi che il Tour l’ha confermato. Avevo anche detto che me l’aspettavo dentro anche nella qualifica della sprint di Lago, perché giunti a quella parte di Tour diventa una lotta di sopravvivenza; chi rimane in forze si può giocare carte ottimali anche in format meno congeniali. Una bella conferma anche da parte di Slind, che ha tenuto duro fino alla fine. Se non fosse stato per lo skiathlon, dove Johaug ha acquisito un vantaggio determinante, sarebbe stata una bella lotta tra di loro. Ribadisco che è stato un Tour de Ski di sopravvivenza, in cui si cercava di fare meno danni piuttosto che belle gare: mi dispiace che Krueger sia caduto nello Skiathlon, tagliandosi fuori da solo, perché mi sarebbe piaciuto vederlo nella lotta per il podio, magari infastidendo anche Klæbo“.
LA PRESTAZIONE DELL’ITALIA: “Tra gli uomini mi aspettavo una bella Italia almeno nelle sprint, ma nel complesso abbiamo messo a più riprese parecchi atleti nei 30. Inizio dalla bella prova di Romano sul Cermis. Sono molto contento per lui, perché è da un paio di anni che tiene duro e cerca di farsi spazio anche nel contesto internazionale. Il podio di Pellegrino nello skiathlon non mi sorprende in realtà: vedendo la classifica dei papabili per il podio, ho pensato subito a una gara tattica da parte di tanti big di classifica per poi puntare tutto sul Cermis; sicuramente da questo Pellegrino ha tratto giovamento, tuttavia grandi meriti a lui per essersi fatto trovare pronto e per aver fatto molto bene anche sulla salita del Cermis, ma in generale in tutto il Tour. I giovani stanno mettendo tanto pepe anche ai più esperti e stanno un po’ cambiando le gerarchie in squadra. Sono sorpreso in particolare da Carollo, che è stato bravissimo soprattutto nella gestione dello sforzo in ogni mass start, dimostrandosi molto maturo a livello di testa. Sorpreso dal vedere Daprà avanti nella sprint, ma questo è anche ciò che il Tour de Ski delle volte propone: la possibilità di cogliere opportunità che non sempre si presentano in condizioni normali e in altri contesti di gara. Al femminile si sono viste buone cose soprattutto nelle sprint e questo rappresenta un discreto punto di partenza; non male qualche top 20 su distanza”.
LE CREPE DEL TOUR AL FEMMINILE: “A livello di prestazioni sportive, le differenze fisiologiche tra donne e uomini sono dei dati di fatto e quindi chi decide di continuare a oltranza con questa equiparazione delle distanze non sta facendo un bene a nessuno. Non posso che sottolinearlo con forza, perché al femminile si è visto un Tour che in certi casi ti portava a provare pietà per la fatica di certe atlete; se Dobbiaco permetteva ancora di limitare i danni e conservare alcune energie, tuttavia anche lì sono stati fatti tanti chilometri e ore di gara che hanno condizionato le prestazioni in Val di Fiemme. Il fatto che anche stavolta siano arrivate sul Cermis solo 31 atlete significa che questo tipo di Tour de Ski è un format tutto da rivedere; mi auguro che lo facciano. Una cosa che non mi spiego proprio è come chi ha il potere di decidere non sia interessato a cambiare, nonostante le sollecitazioni che si sentono dalle varie nazionali”.
LA SPRINT DI LAGO E LA QUESTIONE MATERIALI: “Inizio dicendo che, a mio modo di vedere, in pochi sono riusciti ad interpretare quella discesa in modo davvero giusto. Si va verso destra, bisogna spingere molto per acquisire velocità e nel momento in cui si cambia direzione bisogna sfruttare benissimo la tecnica del cambio direzione, dando qualche pattinata. Bisogna riuscire a stare davvero bassi, affrontando il dossetto con il peso un filo indietro e rimanendo ancora in posizione, finché non si entra nei binari del rettilineo finale, quando si inizia a spingere di braccia. Quasi tutti si facevano prendere dalla foga, prendevano aria e quelli dietro erano prontissimi ad approfittarne. Forse i materiali di alcuni italiani non erano al top, invece quelli di una Daprà o di un Gabrielli mi sono sembrati veloci anche nel finale. Va poi detto che atleti come Pellegrino hanno sicuramente voluto aggiungere una mano di sciolina, per tenere bene sulla salita finale. I norvegesi invece sono sempre i primi a rinunciare a un po’ di tenuta per poi avere sci davvero scorrevoli nel finale, anche se i materiali più veloci in assoluto erano quelli svizzeri”.
LE SCELTE DELL’ITALIA DOPO IL TOUR: “Devo dire che su queste scelte ho progressivamente cambiato idea: un tempo, a fine Tour de Ski, sarei stato subito d’accordo con il prendersi qualche settimana di riposo, staccare la spina e fare un periodo di allenamento specifico in vista dell’appuntamento mondiale; adesso non la vedo per forza così. Comunque, gli atleti della squadra A possono scegliere di riposarsi, mentre sarebbe interessare vedere un po’ di turnover in Coppa del Mondo: prendendo anche come riferimento i campionati italiani in Val di Fiemme, si potrebbero scegliere sia i fondisti da convocare per la Fesa Cup di Falcade, sia quelli da portare per la Coppa del Mondo in Francia. Anche andare solo con tre uomini e tre donne può essere importante: si tratta di dare la possibilità ad atleti che in questo momento se lo meritano di continuare la stagione con nuovi stimoli e obiettivi, altrimenti sembra che sbagliare una gara o non essere al massimo a inizio stagione pregiudichi tutta l’annata invernale”.