Una campionessa che riesce a portare lo sci di fondo anche su media internazionali importanti come “The Athletic”, testata legata al New York Times, che è il punto di riferimento per tutti coloro che sono appassionati degli sport americani, ma anche di tennis, formula 1 e soprattutto Premier League, con approfondimenti e insider capaci di arrivare prima sulla notizia. Alla vigilia del Tour de Ski, sulla testata statunitense, che è a pagamento, è apparso un interessante articolo scritto da Jessie Diggins, che ha descritto agli appassionati che cosa sia il Tour de Ski.
La detentrice della Coppa del Mondo è partita dal proprio ricordo più bello. «Il mio ricordo preferito del Tour de Ski è legato al momento in cui mi stavo preparando per la final climb della stagione del Covid nel 2021. Sono in testa, ho il pettorale giallo e ho buone possibilità di vincere ma non la certezza. E nelle 24 ore precedenti l’ultima gara ricevo così tanti messaggi su Instragram dai miei amici della squadra norvegese che non sono presenti, oppure di persona da tanti altri atleti che con un sorriso e un abbraccio mi dicono di andare a vincere e di essere emozionati per me. Significa così tanto sentire di avere il supporto da amici di altri Paesi. È come se il mondo intero stia gareggiando con me mentre affronto questa grande sfida, soprattutto con il peso del pettorale giallo sulle spalle».
E il ricordo più brutto? «Due anni fa, quando ho chiuso 11ª. In quattro delle sette tappe ho tra i peggiori sci della mia vita e sto provando a dare il massimo, dando tutta me stessa in ogni singola gara. I tecnici della sciolinatura stanno facendo del loro meglio, ma non ci stanno riuscendo, come nello sport può accadere. Ma poiché non dico alla stampa che il problema sono i miei sci, vengo fatta a pezzi giorno dopo giorni in mixed zone. Ci sono persone che mi consigliano di arrendermi e ritirarmi dal Tour de Ski. Ciò distrugge l’autostima e devo tenere la testa alta ogni singolo giorno, solo per continuare ad andare avanti con il Tour, che è già estenuante a modo suo».
Diggins ha poi chiarito quanto in un Tour de Ski sia fondamentale avere continuità di buone prestazioni, piuttosto che qualche giornata eccezionale: «Rubando quanto dice il mio allenatore e cervello dietro a tutto ciò che faccio, Jason Cork, per fare un buon Tour de Ski non devi avere sempre delle giornate A+, ma devi solo accumulare un sacco di prestazioni tra B+ e A-. E se riesci a essere costante nel tempo, è veramente una battaglia di logoramento».
Molto interessante il passaggio in cui la statunitense descrive la propria routine post gara: «Faccio delle cose praticamente automatizzate, che è fantastico perché non devo pensare troppo niente di ciò che sto facendo e sprecare così energie preziose. Bevo automaticamente un frullato di recupero. Faccio un giro o una corsetta o una breve sciata come defatigante, poi torno in hotel e scrivo l’intero resoconto della gara. È qualcosa che faccio ormai da dieci o dodici anni, quindi ho tante stagioni di dati su ogni gara, ogni luogo in cui sono stata, ogni tappa di Coppa del Mondo a cui ho partecipato. Scrivo un resoconto su quali tattiche hanno funzionato, quali modi di fare, quali suggerimenti tecnici, quale ritmo. Quindi posso inserire tutto questo in una sorta di database che posso consultare l’anno successivo quando mi trovo nella stessa località.
Poi vado avanti, me ne dimentico e tiro fuori tutto dal mio cervello. Inizio così a preparare la gara successiva, scrivendo i miei obiettivi, la mia tecnica, il mio ritmo e la strategia. Quindi visualizzo la gara del giorno dopo, così quando si arriva al dunque e devo entrare nella caverna del dolore, mi sento come se l’avessi già fatto. Ci sono già stata e ho già preso le giuste decisioni su come affrontare il dolore, rimanere concentrata ed essere presente. Poi cerco di spegnere tutto. Non puoi essere attivo intensamente per nove giorni di fila, mi distruggerebbe. Lo so perché l’ho provato. Quindi dopo aver fatto tutto questo, guardo qualcosa su Netflix, leggo un libro o suono la chitarra».
Bello quanto Diggins ha scritto riguardo Dobbiaco: «Se dovessi scegliere una gara del Tour de Ski da correre più volte nella mia vita, sarebbe un’individuale a skating da 20 km qui a Dobbiaco. Mi piace gareggiare contro il tempo. Cerco solo di sfidare me stessa e vedere cosa posso ottenere, quanto posso resistere, essere grintosa, intelligente nel passo e nella mia tecnica. Per me si tratta di provare a raggiungere il mio pieno potenziale e sento che questa gara è super divertente ma anche un format in cui posso scavare tanto in profondità.
Amo l’Italia, amo la pasta, la gente e le loro montagne frastagliate, ed è anche dove ho ottenuto la mia prima vittoria e il mio primo podio in Coppa del Mondo. Qui ho ricordi davvero speciali».
Infine Diggins descrive anche cosa si prova alla fine del Tour de Ski: «C’è un’immensa soddisfazione e anche la sensazione di essere ubriaco, ma senza la parte divertente dell’esserlo. Ti senti stanco, frastornato e un po’ fuori di testa, come se stessi fluttuando attraverso la vita. Mi sento incredibilmente svuotata, mentalmente e fisicamente. È come se avessi bisogno di dormire diciassette ore, ma so che sto per avere la peggior notte di sonno della mia vita, perché il mio corpo avrà difficoltà a spegnersi alla fine di tutto».