Biathlon | 22 novembre 2024, 11:05

Biathlon - Christiansen paladino dei diritti degli atleti: "Non possiamo accettare di essere trattati in modo diverso"

credits - D. Yevenko

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Con la vittoria nello sprint e il secondo posto nella partenza congiunta, Vetle Sjåstad Christiansen ha dimostrato di essere sulla buona strada per l'apertura della Coppa del Mondo a Kontiolahti la prossima settimana.

"È andata molto meglio del previsto. Non era proprio nei piani lo scorso fine settimana che andasse così bene" ha ammesso Christiansen, che lo scorso anno inverno non ha avuto una stagione semplice: laddove in qualsiasi altra nazione i suoi risultati sarebbero stati considerati un trionfo, per gli altissimi standard norvegesi, il quinto posto la classifica generale di Coppa del Mondo e tre medaglie mondiali non sono abbastanza. Anche il suo posto in Nazionale, all'inizio del secondo trimestre di Coppa del Mondo fu messo in discussione, quando 32enne è stato lasciato a casa durante la tappa di Oberhof, decisione che non lo lasciò per nulla indifferenze. Oltre a qualche dichiarazione scomposta, in cui definì quelle decisioni "incompetenti", il biathleta di Geilo rispose con due primi posti (staffetta maschile e sprint) e un secondo posto nel successivo weekend a Ruhpolding.

"Non credo che sia stato un campanello d'allarme per me. Eravamo molto consapevoli del sistema di regole con cui stavamo gareggiando, o almeno così pensavamo. Penso che avrebbe dovuto essere più un campanello d'allarme per la dirigenza in termini di trattamento degli atleti" ha dichiarato nel weekend, quando Dagbladet ha ricordato quelle settimane, raccontando della "resa dei conti" di fine stagione, quando ha incontrato Per Arne Botnan, DS della Nazionale e Morten Aa Djupvik, segretario generale della Federazione norvegese di biathlon. 

"C'è stato un incontro completo di almeno un'ora e mezza di discussione sull'argomento. Si tratta delle nostre condizioni di lavoro e come dipendenti non possiamo accettare che il nostro datore di lavoro ci tratti in modo diverso. [Da parte loro] c'era un'intesa completa. Ma una cosa è capire, un'altra è farlo diversamente in futuro. Vedremo cosa faranno quest'anno se dovessero trovarsi alle strette”

Le lamentele di Christiansen sulla gestione della squadra non sono però finite qui: oltre alla gestione della squadra in sé, come molti altri suoi compagni - tra cui i fratelli Boe, che con dei bambini piccoli vorrebbero passare più tempo in famiglia, e Sturla Holm Laegreid, lamenta la mancata opportunità di avere amici e familiari lontani durante la preparazione e le gare. Ospite di un podcast norvegese, Christiansen ha espresso il desiderio di avere più visitatori.

"Prima del coronavirus, c'era l'abitudine di avere visite da parte di fidanzati e amici, anche durante la stagione. Era più organizzato. Anche durante la pandemia di coronavirus, siamo riusciti a farci visitare nei raduni in quota con precauzioni molto rigide." ha confermato a TV2.

Prima degli ultimi Campionati del Mondo, ha portato con sé due amici nel raduno in quota e spiega quanto sia stato positivo non essere da solo e concentrato esclusivamente sul lavoro. "Mi sono reso conto di quanto mi abbia fatto bene avere un contributo esterno. Con gli altri siamo insieme 200 giorni all'anno... quindi non ci rendiamo nemmeno conto che stiamo iniziando a mal sopportarci. Dobbiamo fare un po' più di conti sul rapporto rischio/beneficio di ciò che la visita esterna può fornire rispetto al rischio di ammalarsi. Penso che ne valga la pena, anche se c'è un piccolo rischio, ma non credo che ci sia. Dopo tutto, viaggiamo molto e ci ammaliamo così poco. Non ci si può isolare completamente."

La risposta del DS Botnan sulle due questioni non si fa attendere: diplomatico, non recede però dalle sue convinzioni. Per quanto richieste ragionevoli e volenterosi di esaudire i desideri degli atleti non si può dimenticare il contesto in cui certe decisioni sono prese.

"Agli atleti deve essere consentito di fornire un feedback sulle loro sensazioni in merito a convocazioni e ritiri. Dobbiamo parlarne. Allo stesso tempo, dobbiamo ricordare che il contesto è diventato più difficile. Ritengo comunque che abbiamo fatto la cosa giusta" conclude il DS su Dagbladet.

 

Federica Trozzi