Sci di fondo - 27 ottobre 2024, 19:30

Sci di fondo – In Nord Europa è guerra all'“ultimo attacco”, ma la paternità è tutta italiana: la storia di Giuliano Frati e della sua idea per andare “più veloci”

È tornato a riempire le pagine delle cronache sportive il tema degli attacchi degli sci, il tutto grazie a una sentenza, pronunciata dal Tribunale di Oslo contro Amer Sports, la società a cui fanno capo i marchi sportivi Atomic e Salomon rei, secondo il concorrente norvegese Rottefella per aver copiato illegalmente il suo sistema di attacchi, violandone di fatto il brevetto.
Una situazione non certo nuova per la società finlandese che già lo scorso anno aveva dovuto invece affrontare Madshus, uscendo però in quel caso vincitrice dalla causa.

Da sempre la battaglia delle prestazioni sportive passa anche attraverso la ricerca dei materiali migliori e più competitivi, che siano in grado a far scendere i tempi di percorrenza dei tracciati e a limitare lo sforzo per l'atleta. Nello sci di fondo, lo studio degli sci ha portato negli anni a privilegiare attacchi che, anziché essere posizionati sulla punta del piede, abbiano una posizione più arretrata in pianta, all’altezza del metatarso, così come avviene già nelle scarpe da ciclismo e in quelle da pattinaggio veloce su ghiaccio, una soluzione che consente una maggior trasmissione della potenza scaricata dal piede all’attrezzo e da questo sulla pista.

Gli ultimi in ordine di tempo a presentare questo tipo di sistema sono stati i norvegesi della già citata Madshus che, in collaborazione con Rottefella, hanno esordito nel corso della passata stagione di biathlon con quella che è stata definita una vera e propria arma segreta da parte degli atleti che li hanno utilizzati. I primi a beneficiarne in gara sono stati i norvegesi  della nazionale B Vebjørn Sørum e Johan-Olav Botn, protagonisti di un Campionato Europeo Open strabiliante, in particolar modo in occasione della gara Individuale, in cui hanno fatto segnare sugli sci un gap di un minuto rispetto al terzo atleta più veloce in pista.

Quello che queste prestazioni non raccontano, oltre ai vantaggi e alle lodi di un sistema innovativo frutto di 10 anni di studi da parte della casa di Gjøvik, è che il primo passo (e non solo il primo) verso questa tipologia di attacchi risale ormai a vent'anni fa dall'idea di un visionario artigiano friulano che, partendo dalla sua esperienza nel pattinaggio di velocità, ha trasportato le sue conoscenze nel mondo degli sci stretti, ottenendo risultati strabilianti. Quella che Fondo Italia vuole raccontare oggi è una storia che rinnova il mito di Davide contro Golia, dove però l'esito per Davide non è stato altrettanto positivo. Il “Davide” nostrano risponde al nome di Giuliano Frati, della ProSkate srl di Maniago (PN) che, forte della tradizione dell'acciaieria e dei coltelli del suo paese, era operativo nel mondo del pattinaggio sul ghiaccio (pista lunga e short track) e dell'hockey, come ha raccontato ai nostri microfoni.

“Ho iniziato facendo lame da hockey negli anni '70 e andando avanti ho iniziato a fare lame anche da pattinaggio di velocità e short track. Negli anni siamo riusciti a fornire diversi atleti con i nostri materiali fino alle Olimpiadi di Nagano nel 1998, però nel frattempo nel 1997 disgraziatamente sia Orazio Fagone sia Mirko Vuillermin, miei collaudatori, hanno avuto un incidente stradale”. 

E forse in parte questa tragedia (la carriera nello short track di Fagone è stata stroncata, costandogli l'amputazione della gamba destra) rappresenta un vero e proprio punto di svolta per la storia del piccolo artigiano che inizia, alle porte del nuovo millennio, ad intrecciarsi con lo sci di fondo. “Con uno dei miei soci che aveva contatti con l'università di Buenos Aires per lo studio della biomeccanica del piede, e ispirati dal mondo del pattinaggio sul ghiaccio a pista lunga, avevamo riportato gli attacchi con il clap (molla) nel rollerskating.” Da qui a tradurre il medesimo sistema sugli sci il passo è stato breve: “Da lì siamo partiti e a Piancavallo abbiamo iniziato a fare i primi test, sviluppando questo brevetto con Roberto De Zolt e Tullio Grandelis.”

Il sistema di spinta utilizzato all'epoca per il pattinaggio di velocità, concepito ad opera di Frati, aveva tutte le carte in regola per rivoluzionare lo sci nordico come a suo tempo aveva rivoluzionato il pattinaggio velocità, che prima di allora impiegava scarpe direttamente fissate sulla lamina. Un nome significativo era stato scelto per questi attacchi, all'epoca assolutamente inauditi e innovativi: Go Faster (andare più veloci, trad.).

Le principali differenze tra il sistema tradizionale e il "Go Faster", e i vantaggi offerti dal suo sistema, consistevano principalmente nel diverso punto di spinta: nel sistema tradizionale, la spinta è data come ben sappiamo dalla punta frontale della scarpa, mentre il fulcro è generalmente situato davanti alla scarpa stessa; con il sistema "Go Faster", invece, il metatarso è il fulcro, come nelle scarpe per il ciclismo e il pattinaggio di velocità su ghiaccio. Questa posizione garantisce la maggior trasmissione della potenza scaricata dal piede all’attrezzo e da questo sulla pista.
L’altra peculiarità del sistema sta nella forma della scarpa che avvolge il piede con una conchiglia rigida in fibra di carbonio che sale fino all’altezza del malleolo, che annulla quasi completamente i giochi interni, garantendo così un’immediata risposta dell’attrezzo ai comandi dati dal piede. Inoltre, spiega, “la nostra scarpa non aveva il gambaletto perché la parte superiore non serve a nulla una volta che il malleolo è assicurato”.

Tuttavia, Frati si sentiva abbastanza inesperto e profano nella materia, pertanto sottolinea che non è stato un'avventura vissuta in solitaria, ma con un'equipe di professionisti. “Per lo sviluppo dell'attacco al metatarso mi sono avvalso di alcuni tecnici di Salisburgo, ma soprattutto dell'Istituto di ricerca Jožef Stefan di Lubiana con robot statico. Dopo di che sono andato all'Alpina, abbiamo fatto un contratto perché era mia intenzione cedere il brevetto a chi avesse esperienza nel settore, e abbiamo fatto un verbale di sicurezza e non proliferazione delle idee.” Qui iniziano i primi ostacoli: “Quando sono andato a depositare il brevetto il 5 luglio del 2006, loro avevano depositato il loro 4 giorni dopo, il 9 luglio, ma non aveva nulla a che vedere con il mio, perché nel loro progetto l'attacco era indietreggiato di 10mm rispetto alla punta, mentre il nostro era proprio sotto al metatarso come i ciclisti”

Grazie però all’esposizione Ispo di Monaco di Baviera, la Mecca dell'industria sportiva, il Go-Faster attira la curiosità di molti campioni, anche in forza dell'omologazione con Brevetto Innovativo ottenuto nell'ottobre 2005 dalla Federazione Internazionale di Sci, grazie all'interesse di due ex fondisti Vegard Ulvang e Jürg Capol, cosa che gli permette di poter fornire della sua attrezzatura gli atleti per le Olimpiadi successive tra Torino 2006 e Vancouver 2010 (dove vennero utilizzati dagli atleti combinata nordica Armin Bauer e Lukas Runggaldier), il che fa sì che questo prodotto possa iniziare a prendere piede in scala più larga, visto che poteva essere usato su tutti gli sci, con le dovute mascherine e scarpe. Molto apprezzato in America del Nord, tra Stati Uniti e Canada, anche grazie ad una produzione che andava da 36 al 48. 

“Ho però abbandonato il pensiero di un articolo sportivo commerciale, ragionando da profano, in quanto non ero strutturato per produrre da piccolo artigiano i numeri che il mercato esigeva, mi accontentavo di 10mila pezzi circa contro i milioni di pezzi che le case più grandi producevano ogni anno” ha spiegato Frati che, di fronte ai "grandi investimenti fatti pur non avendo la rete commerciale” proseguiva nell'obiettivo della cessione del proprio progetto ad un produttore più grande, disposto anche a cedere la produzione; tuttavia, come si può intuire, proporre un'idea innovativa a dei giganti che hanno a disposizione un proprio centro ricerche è un'impresa pressoché titanica.

Testato dal già citato Roberto De Zolt e da Maurizio Pozzi, è nelle granfondo che GoFaster si fa conoscere maggiormente: nel gennaio 2006, il sistema attacco scarpa fa il suo debutto nella Dobbiaco-Cortina, consentendo a Pozzi di ottenere la vittoria con il primo pezzo di produzione industriale. Quel che è interessante, però, è che non sono solo i campioni a beneficiarne. “Dopo qualche tempo ho trovato Eugenio Bianchi, dilettante, a cui abbiamo fornito anche un trattamento per le solette degli sci che davano un rendimento superiore. Viene a Maniago, prende gli sci e fa la Dobbiaco Cortina con il nostro marchio” E la combinazione tra sci, attacchi e sciolinatura di propria invenzione è talmente micidiale che a Carbonin, da dilettante, Bianchi riesce a stare in testa in gruppo di atleti più quotati presenti alla maratona sugli sci appartenenti anche ai Corpi Militari. Sfortuna volle che uno scontro in gara mise quasi letteralmente i bastoni “tra gli sci”, possiamo dire, tra Bianchi e la vittoria della gara.

Ed però a questo punto, a metà del secondo decennio del nuovo millennio, che sono iniziati i maggiori problemi: negli Stati Uniti, dove il prodotto di Frati si stava consolidando, i marchi più noti hanno iniziato ad ostacolare la vendita di quello italiano, mettendo in condizione i rivenditori di prediligere i marchi più noti rispetto all'ultimo arrivato, che aveva a sua disposizione una produzione minore in termini numerici. La pietra tombale al progetto è arrivata definitivamente nel 2020: una ditta cinese, in previsione delle olimpiadi invernali casalinghe del 2022 a Pechino aveva intenzione di acquistare tutto il progetto per attrezzare gli atleti di casa, ma come per tante aziende in quel periodo anche in questo caso il Covid si è messo in mezzo, bloccando tutti i negoziati e impedendo all'affare di concretizzarsi.

“E così oggi gli atleti parlano di arma segreta per i loro sci, ma nel vedere i loro scarponi e gli attacchi si vede l'ispirazione dal Go Faster. Da lì allora mi sono chiesto perché chi ha solo copiato deve prendersi la paternità” ci dice, schietto, spiegando che il suo Brevetto di invenzione, che permette a chi ha creato un'invenzione di poterla produrre e commercializzare, vietandone a terzi l'utilizzo per un periodo massimo di 20 anni, non è stato, per scelta, più rinnovato una volta andato in pensione. “Io non pago più la tassa per il brevetto e quindi sono stati liberi di produrre i loro attacchi.” Con orgoglio, però rivendica un'idea che arriva da lontano, ben antecedente ai 10 anni di ricerca che altre case raccontano di aver impiegato: non c'è quindi da parte di Frati alcuna rivendicazione materiale, come quelle battaglie legali che stanno avendo luogo nel Nord Europa per impedire produzione e commercializzazione di prodotti simili, ma solo quella intellettuale, di un lavoro che, forse per l'inesperienza o forse per bontà di intenti, non è riuscito ad uscire dalla realtà artigianale della sua piccola azienda di provincia.

Federica Trozzi