“L’importante è confermare la continuità dello scorso anno, per essere lì e riuscire ad entrare quando i sette o otto big lì davanti lasceranno la porta aperta”. Ha le idee ben chiare Didier Bionaz, reduce da una stagione 2023/24 nella quale si è tolto delle belle soddisfazioni, trovando quella continuità che gli era mancata nelle stagioni precedenti. Ben dieci le top venti ottenute in stagione, a fronte delle tre conquistate in precedenza. Segno di un atleta che ha dimostrato in parte il suo reale valore, ma che ha ancora molti margini di miglioramento, soprattutto al poligono, nella velocità ma anche la precisione nelle ultime serie importanti. Il valdostano del CS Esercito sta lavorando sodo proprio per questo, consapevole di avere tutto per poter fare un ulteriore step, ma con la tranquillità di chi ha ora la certezza del proprio valore.
Buon pomeriggio Didier. Come è andata fin qui la preparazione?
«Bene. Siamo riusciti a fare tutto ciò che avevamo programmato. Ho avuto qualche piccolo intoppo fisico, delle piccole infiammazioni, ma tutte cose gestibili. Sono contento di essermi allenato così bene. Abbiamo fatto anche di più rispetto all’anno scorso. Ora finiamo questo blocco di intensità a Ruhpolding, poi torna sulla neve».
Finalmente.
«Si, sono stufo di skiroll e asfalto (ride, ndr). Non vedo l’ora di ritrovare la neve. Recarsi a Sjusjøen sarà un piacere come sempre».
Cosa hai cambiato rispetto allo scorso anno?
«In linea generale, con Zattoni, proprio come squadra abbiamo aumentato un po’ il volume delle ore. Non tantissimo, perché l’aumento più grande era stato fatto lo scorso anno. Visto che le cose sono andate molto bene, abbiamo deciso di seguire una linea simile.
Al tiro, parlando con Cianciana, abbiamo deciso di concentrarci nuovamente sulla velocità di esecuzione, che è il mio punto debole. Velocizzarmi al tiro non è un passaggio facile per me, perché devo uscire dalla mia comfort zone. Sicuramente già in allenamento ho visto un miglioramento, ma ora devo portarlo in gara».
Foto credit: Dmytro Yevenko
E quello immagino sia il passaggio più difficile.
«Certo, perché c’è tensione, più pressione da affrontare. A livello mentale sai di non essere più nella tua comfort zone, di rischiare di più ed è difficile entrare in quell’ottica. Cambiare atteggiamento nell’approccio alla serie non è un passaggio facile, è più una questione mentale che tecnica. Se lo sai fare in allenamento, allora puoi farlo anche in gara, ma la troppa voglia di centrare il risultato a volte rende più complicato farlo. Lo scorso anno, ho però visto quanto, a volte, proprio sparando più lentamente in occasione di un poligono decisivo, tendo a pensare di più e sono arrivati gli errori. A volte è meglio il contrario, sparare più velocemente e ragionare di meno. Bisogna riuscire a sbloccarsi, poi le cose verranno automaticamente».
Come fatto anche da Elia Zeni, hai deciso di cambiare calciolo affidandoti a DW-One di Dorothea Wierer. Com’è nata questa soluzione?
«Già nella passata stagione, dopo essermi consultato con Fabio (Cianciana, ndr), avevo deciso di cambiare calciolo per avere nuovi stimoli e provare qualcosa di nuovo. Avevo quindi vagliato diverse ipotesi, poi è arrivata Doro con questo suo nuovo calciolo e nelle ultime gare me lo ha mostrato. Mi è subito sembrato ottimo, ho apprezzato lo studio e il grande lavoro alle spalle, oltre che mi è piaciuto il prodotto sia visivamente che quando l’ho preso in mano. L’ho provato e mi sono trovato subito bene, così ho deciso di utilizzarlo. Sono contento del cambio che ho fatto».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Nella passata stagione hai ottenuto buonissimi risultati con continuità. Cosa ha significato per te questo cambio di rotta?
«È stato importantissimo, perché venivo da stagioni complicate, quando magari dopo un buon risultato non riuscivo a riconfermarmi e dovevo aspettare mesi per ottenerne un altro. È stato bello essere stato continuo nelle prestazioni, mi ha dato morale e fiducia anche per il futuro. Non è sempre facile essere lì nelle posizioni più alte, spesso mi è anche mancato il finale della gara per ottenere un risultato anche migliore, un passaggio che ci può stare. Ora bisogna chiudere questo cerchio, sfruttando anche l’esperienza che ho fatto, perché trovarsi testa a testa con i migliori fa crescere molto».
Hai idea di quale potrebbe essere il tuo potenziale, se riuscissi anche a velocizzare il tiro?
«È difficile dirlo, anche perché ogni stagione fa storia a sé. So che come potenziale posso fare bene ed essere con continuità nella top venti, cosa che dà morale. Ovviamente non è facile poi inserirsi nelle posizioni di vertice, perché davanti ci sono atleti fortissimi che sbagliano poco e le chance per fare il colpo non sono molte. È importante essere lì vicino a loro con maggiore continuità possibile, cercando di riuscire poi a entrare quando i sette o otto big lasciano l’opportunità e aprono la porta. Non è facile essere sempre lì, ma l’obiettivo deve essere per me la costanza nella prestazione».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Quanto è stato però rinfrancante, dopo stagioni di difficoltà, avere ora consapevolezza del tuo reale valore?
«È stato bello aver ritrovato consapevolezza e fiducia, perché mi ero perso, mentalmente stavo facendo fatica perché non sapevo più bene quale fosse il mio livello. Anche nel corso della preparazione faticavo nel capire se le buone sensazioni che avevo sarei stato poi in grado di replicarle in gara. Ora è diverso, quando sei tranquillo è tutto più facile».
L’ultima domanda è sul cambio regolamentare dell’IBU sugli ordini di partenza. Gli atleti top se ne sono lamentati non poco. Qual è la tua opinione?
«È una domanda complicata. Onestamente ci penso da un po’ e non trovo facile dare un parere. È normale che gli atleti nella top 15 non siano d’accordo, perché nella loro posizione penserei la stessa cosa anche io. Sono partito sia dietro che davanti e posso dire che il problema non è legato solo al deterioramento della pista, ma soprattutto alla diversa routine. Quando parti all’inizio, il pre gara è più facile da gestire, diventa quasi un unico passaggio, in quando dopo l’azzeramento ti trovi subito a fare riscaldamento e poi la gara. Invece quando parti più indietro, ti trovi a dover gestire una fase nel mezzo, nella quale puoi anche sentire di più la tensione e devi anche cercare di non deconcentrarti. Dall’altra parte, grazie a questo cambiamento, c’è qualcuno che è sempre stato obbligato a partire dietro, che avrà più chance partendo davanti. I migliori possono dire di essersi guadagnati il diritto di scegliere quando partire e non hanno torto, ma capisco anche il ragionamento dell’IBU riguardante gli ascolti. Insomma è dura dare un’opinione definitiva se guardi tutti gli aspetti. Alla fine non so se funzionerà, lo diranno le prime gare. Anche con la rivoluzione no fluoro temevamo che cambiasse tutto ed eravamo molto preoccupati, invece è andata bene. Vediamo, bisognerà aspettare per capire».