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Sport&Life – “Allena-menti, la fatica negli atleti di sci di fondo”, la tesi di Asia Patini per il corso allenatori di 3° livello

Il corso allenatori di terzo livello di sci di fondo che lo scorso 22 settembre a Predazzo ha decretato la promozione di 23 corsisti, si è completato con una prova orale basata sulla presentazione di un project work, una sorta di tesina. Fondo Italia, con la gentile disponibilità dei diretti interessati, pubblica – con cadenza di tre lavori a settimana fino al 4 novembre – i riassunti di alcuni dei suddetti elaborati.

Oggi è la volta del project work di Asia Patini, intitolato "Allena-menti, la fatica negli atleti di sci di fondo".

ALLENA-MENTI, LA FATICA NEGLI ATLETI DI SCI DI FONDO, la tesi di Asia Patini

La fatica è uno sforzo del corpo o della mente che provoca stanchezza, debolezza (f. fisica, muscolare, mentale, psichica), indica anche il fatto stesso di compiere uno sforzo, può indicare anche la difficoltà nel fare qualcosa, nel portare a termine un’azione o un’impresa.
Nello sport la fatica viene definita come il sopraggiungere di una condizione di esaurimento organico-funzionale che comporta la riduzione delle capacità prestative dell’atleta. Questo può succedere sia nel corso degli allenamenti, sia durante la competizione.
Nel modo dello sport si ricerca sempre più la massima prestazione grazie all’analisi dei vari aspetti che ruotano attorno agli atleti: non solo curando l’allenamento in sé, ma anche i fattori esterni che concorrono a ricercare o annullare la migliore forma atletica possibile.
Gli atleti di sci di fondo in ogni allenamento dedicano il loro tempo e il loro fisico, ma sono realmente concentrati e pronti ad affrontare la seduta sopportando lo sforzo insito in essa?
Si pensa che solo la prestazione fisica sia alla base del successo di un atleta, ma spesso ci si dimentica che se la mente non collabora il raggiungimento dell’obiettivo è molto più difficile.

Nei diversi studi che ho letto e analizzato sono emerse diverse nozioni importanti, che hanno fatto da base teorica per la costruzione del questionario, e che possono essere utilizzate anche nella pratica.

1.           Associazione tra affaticamento mentale e:
–             Cambiamenti nel comportamento
–             Minore concentrazione, disciplina ed attenzione ai dettagli
–             Impegnarsi di più per raggiungere i risultati richiesti
–             Sentirsi fisicamente stanchi
–             Maggiore tempo di risposta e di reazione
–             Diminuzione del controllo degli impulsi
–             Gli atleti "passano attraverso i movimenti"
È utile distinguere tra affaticamento fisico e mentale per una gestione appropriata della fatica, purtroppo la linea è sottile e non sempre è possibile la distinzione netta.
Questo può far riflettere gli allenatori su quanto i programmi di allenamento accentuano l’affaticamento mentale?  E sulla qualità, anche tecnica, dell’allenamento?

2.           Mente e corpo nell’esercizio: l’esercizio è limitato più dal cervello che dal corpo

3.           Affaticamento e diverse tipologie di prestazione:
Effetto deleterio dell’affaticamento mentale su esercizi eseguiti a un’intensità submassimale, causato da un aumento della percezione dello sforzo, per:
–             prestazioni di resistenza
–             resistenza intermittente e abilità correlate
–             prestazioni decisionali
L’affaticamento mentale non sembra influenzare:
–             le prestazioni neuromuscolari negli sforzi massimali ripetuti e di breve durata
–             la massima produzione di forza
–             la potenza
–             il lavoro anaerobico
Durata e intensità sono quindi fattori importanti nella diminuzione delle prestazioni fisiche dovuta all’affaticamento mentale.

4.           Gestire la fatica per migliorare le prestazioni:
Gestire al meglio l’equilibrio tra mente e corpo che viene messo alla prova dalla fatica.
Usare la forza mentale in modo positivo, combinando allenamento fisico e mentale poiché quello che “si dice” mentalmente mentre si fa fatica è quello che si “registra” nella mente.
La mente può essere un potente alleato o rendere tutto molto più difficile.

5.           Tecniche consolidate di gestione della fatica
La soglia del dolore è sostanzialmente simile in tutti, la soglia di tolleranza differisce da individuo a individuo e, soprattutto, può variare di giorno in giorno nello stesso soggetto.
Prendendo esempio da grandi atleti:
1.           Cambiare la mentalità: lavori impegnativi non come una minaccia, ma come un’opportunità.
2.           La forza del gruppo: senso di obiettivo condiviso e di supporto reciproco
3.           Migliorare gli strumenti mentali: visualizzazione, dialogo con sé stessi e definizione degli obiettivi
4.           Imparare a dosare: le sessioni più dure sono una dose controllata di stress in cui bisogna mantenere il controllo
5.           Ricominciare da zero: pianificazione dell’allenamento in base all’affaticamento mentale

Dopo questa digressione teorica possiamo soffermarci sui dati raccolti nei vari questionari anonimi somministrati ad atleti di sci di fondo, dalla categoria under 16 ai senior, appartenenti a squadre nazionali, corpi militari e civili.

Analisi senza distinzione di sesso, genere, età, ecc:

Sforzo percepito nelle diverse settimane di carico (immagine alto sinistra) e scarico (immagine basso sinistra); i risultati dei questionari sono stati in linea con le aspettative, gli atleti percepiscono più sforzo durate le settimane di carico.
È stato chiesto il livello di stress percepito nelle diverse settimane di carico (immagine alto destra) e scarico (immagine basso destra); i risultati dei questionari sono stati in linea con le aspettative, gli atleti percepiscono più stress durate le settimane di carico.
Tuttavia le risposte nelle settimane di carico sono divise quasi equamente su livelli 2 e 3, questo dato, tendente alla parte alta delle valutazioni, deve dare spunto per alcune riflessioni per gli allenatori.

È stato chiesto il livello di frustrazione percepito nelle diverse settimane di carico (immagine sinistra) e scarico (immagine destra); i risultati dei questionari sono stati “inaspettati”.
Nelle settimane di carico gli atleti di fondo delle diverse età percepiscono frustrazione che si aggira tra i livelli 1-3, con maggioranza a livello 2; questo dato è importante poiché in una scala da 0 a 4 il livello 2 si trova a metà, e inoltre un 22% degli atleti percepisce una frustrazione di livello 3 su un massimo di 4.
Nelle settimane di scarico i valori sono inferiori con maggioranza delle risposte nei livelli 0 e 1; tuttavia anche in scarico il 19% degli atleti percepisce frustrazione di livello 2 su un massimo di 4, dato significativo per gli allenatori.

 

Questo dato è importante per programmare al meglio le sedute di forza all’interno della settimana, sfruttando i giusti momenti poiché sono percepite dagli atleti come molto faticose.
Durante un allenamento lungo lento in bici (immagine sinistra) e durante un allenamento lungo lento di corsa-camminata (immagine destra):

Fatica nei diversi metodi: intervallato (lavoro lungo tra i 2-6 minuti, recupero "lungo", immagine sinistra), intermittente (lavoro breve sotto al minuto, recupero "breve", immagine destra):

Sia negli allenamenti intervallati che intermittenti gli atleti percepiscono molta fatica, con una leggera maggioranza nei lavori intervallati. Anche questi dati sono da tenere presenti per un buon programma di allenamento.

Fatica in solitaria e in gruppo nelle diverse tipologie di allenamento:
 Lavoro intensivo in solitaria (immagine sinistra) e in gruppo (immagine destra)

 

Lavoro estensivo in solitaria (immagine sinistra) e in gruppo (immagine destra)

Non vi sono differenze significative nella percezione della fatica tra il lavoro in gruppo e in solitaria per quanto riguarda il lavoro estensivo. Tuttavia emerge come il lavoro intensivo sia molto più faticoso di quello estensivo per gli atleti.

Risposte aperte
Nella prima domanda aperta è stato chiesto agli atleti se il loro allenatore avesse mai parlato di fatica e di come gestirla, nella tabella sono raccolti i risultati.

È importante notare come una buona percentuale degli atleti non abbia parlato con il proprio allenatore di fatica, sia atleti delle categorie giovanili, ma anche atleti di categorie under 23 e senior.
Questi dati devono far riflettere gli allenatori, e pensare alle considerazioni proposte nell’introduzione e dalla letteratura in tema di fatica e affaticamento mentale.
Agli atleti che hanno risposto positivamente alla domanda sulla fatica, è stato chiesto di descrivere brevemente quale è la risposta/consiglio dell’allenatore; dalle risposte emerge come la fatica venga spesso affrontata a livello fisico, e poco a livello mentale. Inoltre si tende più a parlare di fatica in relazione ai momenti di gara, e ai ritmi elevati, che all’allenamento in generale e alla resistenza.
In ultimo è stato chiesto agli atleti under 23 e senior una ulteriore collaborazione, chiedendo di descrivere brevemente se negli anni hanno sviluppato un metodo per gestire la fatica. Allo stesso modo anche per gli atleti evoluti il concetto di fatica è spesso associato al fisico e meno alla psiche, tuttavia emerge una maggiore consapevolezza dell’importanza dello stato mentale, anche se non è chiaro come gestirlo.
Unendo letteratura e dati registrati grazi ai vari questionari si possono trarre alcune conclusioni.
Si è visto come nei vari studi è stata analizzata soprattutto la fatica percepita da atleti di sport di squadra, e come è più compromettente un affaticamento mentale se il lavoro è di resistenza rispetto a un lavoro sopramassimale o di forza.
Dai dati raccolti emerge come per gli atleti di sci di fondo lo sforzo e lo stress siano maggiori nelle settimane di carico, e anche la frustrazione sia parte importante di questi periodi.
Sono poco significativi i diversi dati raccolti sui metodi e mezzi di allenamento; come poco significative sono le differenze nelle risposte nei diversi periodi di età o tra atleti appartenenti a corpi militari e gruppi sportivi o non facenti parte di questi.
Utili sono le risposte brevi poiché individuano una carenza del discorso della fatica tra allenatore e atleta. Inoltre si individua una grossa mancanza del livello di conoscenza dell’affaticamento mentale, e di strategie con cui vincere la fatica.
Queste conclusioni non vogliono insinuare che un allenatore sia anche psicologo ma, con i propri limiti, potrebbe andare incontro alle esigenze degli atleti, capire i periodi in cui possono essere più frustrati e programmare tenendo in considerazione anche l’affaticamento mentale.
I limiti dello studio sono le domande teoriche preimpostate. Sarebbe stato utile seguire gli atleti da vicino e poter testare nei diversi periodi l’affaticamento mentale con questionari adatti (come sottoporre agli atleti la scala NASA INDEX a fine di ogni sessione per chiedere l’affaticamento mentale). Per consultare il programma completo di pubblicazione delle tesi, CLICCA QUI.

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