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Sci di fondo

Sci di fondo – Fuga degli sponsor in Norvegia, Johaug sprona gli atleti: “Dobbiamo dare il nostro contributo”

Tiene banco in Norvegia la disputa a proposito delle difficoltà economiche della federazione con riferimento alle discipline nordiche, che nell’ultimo periodo ha dovuto salutare alcuni sponsor storici, su tutti Sparebank ed Equinor. Una vera e propria fuga di sponsor che – allargando lo sguardo – sta interessando anche altre realtà, come quella della federazione finlandese, in forte difficoltà economica. Sono molti i motivi alla base di tale situazione, non ultima una poca abitudine dei singoli attori del movimento, a guardare il quadro d’insieme invece di privilegiare il proprio tornaconto personale. E’ di questa opinione Therese Johaug, che in una riflessione consegnata ai microfoni di VG si sofferma sul ruolo degli atleti e sulle azioni che da parte loro potrebbero aiutare ad aumentare la visibilità, in particolare, dello sci di fondo.
“Tutti devono solo rendersi conto che siamo in una nuova era – sentenzia Johaug – Dobbiamo contribuire. Come atleti, anche noi abbiamo una responsabilità per lo sport. Abbiamo la responsabilità di pubblicare le foto, dobbiamo capire che ci sono requisiti più elevati”. Una posizione che sottolinea quindi il ruolo cruciale degli atleti nell’aprirsi ed essere promotori del proprio sport, non solo attraverso l’utilizzo dei social media, ma anche con il racconto delle proprie storie, fatte di alti e bassi, punti di forza e debolezze. Debolezze che la stessa Johaug non ha mai nascosto, affrontando a più riprese argomenti che la riguardavano da vicino, dal doping, ai disturbi alimentari, passando per gli argomenti legati a calendari, format di gara e chi più ne ha più ne metta. La campionessa norvegese su questo non ha dubbi: “Se vuoi che lo sport sia attivo e funzionante, devi dare te stesso. Devi osare per mostrare le tue debolezze, devi osare per mostrare i tuoi punti di forza”.
Portando in evidenza un confronto con il passato, Johaug ripercorre i recenti fasti dello sci di fondo norvegese, a partire dal 2011, anno in cui a Oslo furono di scena i Campionati Mondiali, rendendosi conto che negli ultimi 13 anni la comunicazione legata agli sponsor è profondamente cambiata: “Non c’erano i social media nei tempi d’oro. I Mondiali di Oslo hanno contribuito a rendere cool lo sci di fondo. Northug ha portato lo sport a nuovi livelli, c’era Marit Bjørgen, c’ero io e anche altri. Ma anche oggi abbiamo dei profili importanti. Allo stesso tempo, la sponsorizzazione è cambiata molto dal 2011 ad oggi”. Proseguendo, Johaug aggiunge: “Prima mettevi semplicemente il distintivo dello sponsor sulla tuta. […] Non c’era fretta di pubblicare post sui social media per mostrare più chiaramente che si fa parte di una squadra, le aziende non si aspettavano che tu partecipassi attivamente”.
Un impegno che, ribadisce Johaug, dev’essere preso seriamente in considerazione da tutti gli atleti: “Dobbiamo prenderlo sul serio. L’Associazione norvegese di sci perde sponsor, Equinor e Sparebank1 se ne vanno, l’associazione deve rinegoziare con Norgesgruppen. […] Dobbiamo sciare veloci, dobbiamo concentrarci sullo sport, ma abbiamo anche tempo tra una gara e l’altra per poter restituire il nostro contributo”.
In conclusione, la norvegese offre una lettura interessante sul fatto che anche da parte della federazione e nel rapporto con gli sponsor, non vanno trascurate le esigenze e le singole competenze degli atleti: “La cosa più importante è che tutti si muovano come una squadra. Che non diventi un compito ingrato per un atleta difendere gli incarichi di sponsorizzazione o che uno sponsor sia insoddisfatto perché un atleta non partecipa. Gli atleti devono essere utilizzati al posto giusto. Forse qualcuno è bravo a tenere conferenze e contribuirà lì con le sue conoscenze. Altri sono bravi in ​​altre cose. Devi scoprire in cosa è bravo ogni singolo atleta e usare quelle qualità con gli sponsor che abbiamo e che possiamo ottenere. Mettere un atleta in qualcosa che non gli piace o che lo fa sentire a disagio, non va bene”.

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