Nella prima parte dell’intervista, pubblicata ieri (per leggerla clicca qui), che Renato Pasini, allenatore della nazionale Milano-Cortina 2026 femminile di sci di fondo, ha rilasciato a Fondo Italia in occasione del precedente raduno a Ville di Fiemme, dove la squadra ha alloggiato al Dolomiti Apart & Rooms, l’allenatore azzurro ha parlato dei vari aspetti sui quali lo staff tecnico azzurro si sta concentrando per permettere alle azzurrie di competere nelle migliori condizioni possibili.
Oggi, invece, pubblichiamo la seconda parte, nella quale Pasini entra nello specifico delle sei azzurre che formano la squadra, parlando individualmente di ognuna di esse.
Pasini, iniziamo da Nicole Monsorno, che ha affrontato la preparazione estiva nel suo gruppo, pur essendo stata inserita nei quadri FISI come squadra A sprint. La trentina concluderà poi la preparazione con la squadra di Coppa del Mondo. Una scelta particolare.
«Nicole, così come Martina (Di Centa), sono le due atlete che quest’anno abbiamo portato in Squadra A. Monsorno lo ha fatto grazie a un salto di qualità fatto in Coppa del Mondo, dove è stata molto costante, fino alla top ten di Drammen. Lei ha esordito in Coppa del Mondo già junior, a Oberstdorf nel 2020, quando aveva sfiorato la qualificazione, facendo capire di che pasta è fatta. Poi, come accade spesso a chi domina da giovane, il passaggio a senior è stato difficile e ha sofferto un po’, ma è poi arrivato il necessario step in più e quella passata è stata la sua stagione migliore. Per tutto il nostro gruppo di lavoro è stata una grande soddisfazione vedere quanto ha fatto.
Ovviamente le spettava il passaggio in Squadra A, ma in estate, per decisione comune, presa da Cramer d’accordo con noi, si è deciso di farla partire con noi, anche se lei quello step per essere nel gruppo di Coppa del Mondo lo ha già fatto. Comunque ha solo svolto la preparazione estiva con noi, poi farà i prossimi raduni con la squadra A (già è a Torsby ora, ndr), quindi sarà al via delle prime gare di Coppa del Mondo in Finlandia. Insomma, per lei è una bella tranquillità non doversi qualificare».
La sua presenza in gruppo è stata sicuramente molto utile alla squadra. Lei crede abbia giovato anche a lei?
«Ovviamente, in occasione del primo raduno le abbiamo parlato di questa decisione di tenerla con noi in estate. Umanamente comprendo il fatto che inizialmente avesse bisogno di tempo per digerirla, ma poi ha compreso quanto abbiamo cercato di farle capire, che rimanendo l’estate qui con noi aveva un gruppo di ragazze che nei lavori per la sprint sono di alto livello. Diciamo che è quindi uno scambio alla pari, lei aiuta loro ma allo stesso tempo ha chi dà una mano a lei. Le compagne di allenamento sono belle competitive sulle sprint, vedi Nadine, Iris o Federica, mentre anche chi come Maria (Gismondi, ndr), è magari più indietro nelle sprint, dove vuole migliorare, è poi d’aiuto in altri aspetti, come quando ci si allena in salita. Se ti alleni con gente competitiva, puoi solo guadagnarci».
Nella passata stagione si è visto qualcosa in più anche da Federica Cassol, che ha esordito in Coppa del Mondo, anche se non è riuscita ancora a qualificarsi per le batterie, arrivandoci sempre molto vicino. Cosa le serve per fare il prossimo step?
«Allenandosi prima con l’Esercito e successivamente con noi, negli ultimi tre anni Federica è cresciuta, ha fatto un bello step ed è stata anche costante. In Coppa del Mondo è sempre stata lì, mancando di poco la qualificazione. Per lei è stata comunque una iniezione di fiducia. Con lei abbiamo lavorato molto, soprattutto sull’aspetto mentale, nel quale prima disperdeva molte energie. Abbiamo notato in questi mesi, che lo step fatto lo scorso anno le è servito molto proprio mentalmente.
È più tranquilla, si sta allenando bene e insieme stiamo lavorando affinché possa ripetere ciò che ha fatto lo scorso anno Nicole».
Al termine della passata stagione Nadine Laurent sembrava un po’ dispiaciuta per i risultati ottenuti al suo primo anno da senior.
«Lei aveva delle aspettative altissime, molte delle quali arrivavano dall’esterno, perché quanto fatto alla sua prima assoluta al Mondiale di Planica 2023 le aveva alzate inevitabilmente. Ovviamente non possiamo cancellare le aspettative esterne, ma come staff tecnico dobbiamo aiutare le atlete a gestirle, cercare che le trasformino in forza. Nadine, prima delle gare, sentiva questa tensione maggiore e l’ha pagata. Dobbiamo pur sempre renderci conto che era una ventenne al primo anno senior.
Secondo me bisogna prendere in considerazione quanto di positivo vi è stato nella stagione di Nadine. Vero, lei già da junior era prestante su alcune distance, ma nell’ultimo anno ha fatto un bel passo avanti su gare anche più lunghe, non più da 5 km. Poi la sua gara top è sempre la sprint. In Coppa del mondo ha fatto qualche puntata e sentito tanto la tensione. Penso a Lahti dove, oltre alla poca abitudine nel disputare una team sprint il pomeriggio precedente la sprint, ha pagato anche tanto il nervosismo, perché da come l’avevamo vista a Schilpario aveva nelle gambe la top 30».
Tanta voglia di riscatto la si nota anche parlando con Iris De Martin Pinter.
«Lo scorso anno, Iris era addirittura ancora junior. Al termine della passata stagione abbiamo fatto tutte le valutazioni del caso assieme a lei, che pur essendo al suo ultimo anno junior, si era trovata praticamente ad affrontare già la sua prima stagione da senior. Dopo quella grande prestazione nella sprint dei Mondiali Assoluti di Planica 2023, aveva inevitabilmente tra i suoi obiettivi anche la qualificazione al Tour de Ski, che si svolgeva non distante da casa sua. A quel punto, se quello era uno dei suoi obiettivi, era logico farla confrontare con le senior in alcune occasioni per vedere se fosse pronta e arrivare al Tour con maggiore consapevolezza. Una scelta che sapevamo essere rischio. Ciò le ha tolto magari delle energie per il Mondiale Juniores, dove comunque è stata molto sfortunata nella sprint. Non fosse stato per quella caduta, con una medaglia subito al collo, sarebbe stato un Mondiale diverso.
Con ragazze come lei, che da giovani hanno sempre dominato, bisogna lavorare di più per fare in modo che sappiano prendere la sconfitta in maniera positiva e reagire nel mondo giusto. Credo che l’ultima stagione possa farla crescere».
Passiamo alle due neo entrate nel gruppo, partendo da Virginia Cena. Se penso all’estate scorsa, ha avuto veramente un bel miglioramento nel corso di tutta la stagione.
«Ho la fortuna, come staff del gruppo Milano-Cortina di proseguire il lavoro svolto da altri nella squadra juniores, compreso mio fratello Fabio, che mi dà sempre informazioni sulle atlete giovani, così come con Betta e Corradini ci siamo sentiti per un passaggio di consegne.
Posso dire che negli ultimi due anni, Virginia ha fatto un bello step. Come ho anche visto nei test di Rovereto, dispone anche di un buon motore di base, mentre muscolarmente, in particolare nella scivolata spinta, ha ancora margine. Lei sa che deve ancora lavorare e sta già aumentato il volume. Ovviamente qui nel gruppo ci alleniamo bene e tanto, quindi con le giovani bisogna fare attenzione. Maria (Gismondi, ndr) arriva già con un bagaglio di ore importante, mentre per Virginia è un discorso diverso, quindi non deve farsi prendere dalla foga di fare troppo, perché è meglio che cresca rispettando la progressione del carico. Lei è tranquilla, ovviamente le tiriamo via qualcosa rispetto alla programmazione delle altre. Poi il primo anno senior è il più difficile della carriera, ma lei vi arriva senza quello zaino di aspettative, che inevitabilmente ha Maria. Insomma, può essere tranquilla, tenere un profilo basso, allenarsi, perché magari potrebbe soffrire all’inizio, ma poi crescere. L’obiettivo è Schilpario, poi si vedrà».
Dopo la vittoria del titolo Mondiale nella passata stagione, sono inevitabilmente tante le aspettative su Maria Gismondi. Come state gestendo questo aspetto?
«Ormai lo sanno tutti, Maria è un’atleta che si allena tanto, ha lavorato tantissimo in questi anni ed è da gestire. Siamo d’accordo sul mantenere quel livello di lavoro che già aveva, restando su quegli standard e migliorando la qualità, lavorando per obiettivi su quegli aspetti che può implementare. Per esempio uno degli obiettivi è migliorare la scivolata spinta. Lei è una ragazza molto intelligente, conosce bene l’allenamento e sé stessa, così si è messa subito al lavoro. Ho notato che quando ci sono gli allenamenti proprio sulla scivolata spinta la sua concentrazione è altissima. Lei tende sempre a lavorare col massimo impegno, ma quando ci sono dei lavori atti a farla crescere su determinati aspetti, allora il suo livello di attenzione si alza ulteriormente. Insieme allo staff di professionisti che abbiamo, stiamo cercando di riportarla ad allenarsi di più sulla corsa, perché lei negli ultimi anni ha avuto problemi con la corsa e non ne ha fatta tantissima. La mia formazione da allenatore arriva da una scuola basata sulla corsa, già con Martinelli, Vanini e Stauder, tutta gente che lavorava usando questo vecchio metodo. La corsa è più traumatica, ma è anche la base del nostro sport e noi ci crediamo. Lei ha fatto tante ore di allenamento soprattutto sugli skiroll, che è meno traumatico. Ora cerchiamo per gradi di reintrodurre anche la corsa. Lei è consapevole che se aumentiamo la percentuale della corsa, dovremo poi calare un pochino le ore. Lei capisce, ci segue, si è creato subito un bel rapporto.
Poi si, c’è il discorso delle aspettative. Ogni volta che parliamo, cerchiamo di focalizzare l’attenzione su questo aspetto. Insomma è anche inevitabile che se vinci il titolo mondiale juniores, dall’esterno vi siano aspettative alla prima stagione da senior. Dobbiamo arrivare alle prime gare pronti a gestire questo aspetto, oltre che a stare già bene fisicamente. Da atleta ho visto per esempio Santus vincere un Mondiale Juniores con due minuti di vantaggio, oppure Bruno Carrara, entrambi costretti a dover gestire tante aspettative, che non è facile. Penso anche a Luca Del Fabbro, che ho vissuto da allenatore, anche se io ero alla guida della squadra femminile. Ricordo quando andavamo in raduno a Forni Avoltri e ovunque trovavi la sua foto, gente che si aspettava tanto da lui. È qualcosa di quotidiano. Ma ripeto, non possiamo farci nulla, è normale ci siano aspettative, non è colpa di chi le crea, quindi noi allenatori dobbiamo essere bravi ad aiutare l’atleta a trasformare quelle aspettative in qualcosa di positivo, piuttosto che uno zaino pesante sulle spalle. Per questo motivo nel nostro staff è fondamentale l’apporto dello psicologo, che lavora sia con noi dello staff che con gli atleti».