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Sci di fondo

Sci di fondo – A tu per tu con Renato Pasini (prima parte): “Quando si allena una squadra giovanile è fondamentale rispettare le fasi dello sviluppo a lungo termine senza inserire elementi che spettano allo step successivo”

«Ormai da anni Passo di Lavazè è una tappa fissa della nostra preparazione estiva, qui abbiamo tutto, ci si allena sempre bene». Ci tiene a sottolinearlo Renato Pasini, quando lo incontriamo all’interno del Dolomiti Apart & Rooms, sede del raduno del gruppo Milano-Cortina di sci di fondo, a cavallo tra i mesi di luglio e agosto.
Da anni alla guida della squadra femminile, Pax (come viene chiamato da tutto l’ambiente, atlete comprese, ndr) si ritrova quest’anno un gruppo meno folto del solito, ma sicuramente molto stimolante, avendo al suo interno un’atleta di Squadra A come Nicole Monsorno, già top ten in Coppa del Mondo, una determinatissima Federica Cassol, due atlete molto competitive come Nadine Laurent e Iris De Martin Pinter, la campionessa del mondo juniores Maria Gismondi e una Virginia Cena in crescita costante. 

Ma prima di parlare del proprio gruppo, Pasini tiene tantissimo a spendere due parole per quelle atlete rimaste di poco fuori. «Quando abbiamo fatto la riunione per la formazione delle squadre, abbiamo valutato le atlete che c’erano, e devo ammettere che ci è dispiaciuto lasciare fuori Gallo, Silvestri e Bellini, che avevano comunque risultati, ma per valutazioni varie e differenti abbiamo preferito, d’accordo con Cramer, lasciarle lavorare nei gruppi sportivi, con i quali come staff abbiamo un’ottima collaborazione. Ovviamente le terremo d’occhio in stagione. Silvestri e Gallo saranno prese in considerazione per il Mondiale Under 23, mentre Bellini deve fare quel passettino per ambire stabilmente alla Coppa del mondo. Ovviamente anche altre ragazze fuori dalla nazionale sono sempre seguite».

Quest’anno si ritrova un gruppo più ristretto rispetto alle ultime stagioni.

«Si, abbiamo un numero di atlete leggermente ridotto rispetto agli ultimi anni. Purtroppo, Sara Hutter, che avevamo inserito in gruppo dopo gli ottimi risultati ottenuti nel Mondiale Under 23, ha deciso di ritirarsi e fare altre scelte di vita, dal momento che ancora una volta non era stata arruolata da alcun corpo sportivo. 
Inoltre c’è anche il problema legato a Cristina Pittin, che nell’ultima primavera ha deciso di sottoporsi al quarto intervento alla caviglia. Ora è in fase di recupero, riesce a fare bici ed è seguita a casa da un suo fisioterapista di fiducia, con cui sia io che Davide Perucchini siamo in contatto continuo. Le cose stanno procedendo bene, è anche venuta qui da noi per qualche giorno, ma siamo ancora lontani dal ritorno alla corsa. La situazione è particolare, in quanto è partito tutto da una frattura subita nell’anno del covid, che ha inciso molto sulla mobilità dell’articolazione, sempre particolarmente rigida. Cristina ha subito i primi due interventi, il primo alla caviglia per curare la frattura, il secondo di rimozione dei prodotti di sintesi. Alla vigilia della passata stagione ha avuto un nuovo intervento in artroscopia per rendere più mobile la caviglia, ma le cose non sono andate come sperava. Ora ha avuto questa quarta operazione, che speriamo possa risolverle i problemi. Credo sia più probabile che possa rientrare prima a pattinaggio, dove la caviglia è meno sollecitata rispetto al classico. La scivolata spinta è ancora ok, ma in passo alternato le sollecitazioni sono importanti e ci vorrà tempo. Intanto sta tornando ad allenarsi con noi ed è la notizia più bella».

Lo staff tecnico mi sembra invece più numeroso. Vedo che ora siete seguiti con continuità anche da un nutrizionista.

«Per me è un orgoglio avere dei collaboratori del livello di Cioffi, che oltre a essere aiuto allenatore è anche skiman in inverno, Davide Perucchini come fisioterapista, fino al nutrizionista, il Dottor Blumetti.
Un progetto che è nato lo scorso anno insieme alla Juniores, guidato da lui, che in alcuni raduni manda il suo collega Giuseppe Cuomo. Lo scorso anno abbiamo avuto dei primi contatti, ora il progetto è partito al cento per cento. A inizio preparazione, Blumetti è venuto a Bormio, dando indicazioni generali agli atleti, poi se qualcuno era interessato poteva approfondire discorso. Io e lo staff siamo da sempre in prima fila per mettere in atto questo progetto. Dopo il primo incontro, alcune delle nostre atlete hanno chiesto di approfondire il discorso. Personalmente è stata una soddisfazione, la prova che serviva. Credo l’alimentazione sia l’aspetto che si possa maggiormente sviluppare, partendo dalle categorie inferiori».  

Tranne una stagione in cui allenava la squadra di Coppa del Mondo, da diversi anni è alla guida di questo gruppo, che possiamo definire di passaggio per le atlete. Cosa è secondo lei importante per aiutarle nella loro crescita?

«Ogni anno due atlete del nostro gruppo sono passate in A, così come noi stessi proseguiamo il lavoro degli altri gruppi, dalla squadra junior e prima ancora dal comitato. Credo che in questa fase di passaggio sia importante cercare di mettere ognuno qualcosa nella crescita degli atleti, rispettando le fasi dello sviluppo a lungo termine. Vi assicuro che è più facile dirlo che farlo, come ho provato sulla mia pelle, quando, pur con ottimi collaboratori, ho allenato sci club, comitato e AIN. È sempre difficile per un allenatore avere il corretto bilanciamento tra le cose da inserire nell’allenamento di un atleta, seguendo i principi dello sviluppo a lungo termine. A volte sei portato a inserire cose che spettano a un livello superiore, me ne rendevo conto quanto ero all’interno del comitato. Su questo aspetto bisogna stare attenti e non è facile, anche se vedo che i comitati lavorano bene, così come la squadra junior. Ho visto che nel nostro gruppo sono arrivate atlete bravissime, già ad un ottimo livello, che ci davano però ancora margine e spazio per inserire cose che vanno messe in questo step. Insomma è fondamentale non inserire determinati elementi che spettano allo step superiore». 

Altro aspetto importante è gestire anche le emozioni delle atlete. Ricordo, per esempio, quando in occasione dei Campionati Italiani Estivi di Forni Avoltri della passata stagione, lasciò tutto durante la sprint per andare a parlare con Nadine Laurent visibilmente delusa dopo l’eliminazione in semifinale.
«Quella fu la prima volta in cui vidi in lei il peso delle aspettative. Fosse arrivata una persona magari appassionata, ma che non conosceva i suoi risultati a livello juniores o la sua prestazione dell’anno prima a Planica, avrebbe pensato che era stata bravissima a sfiorare la finale alla sua prima gara nella categoria.  
Se consideriamo quella giornata nella sua interezza, Nadine aveva fatto una splendida qualificazione ed era stata eliminata di un soffio in semifinale. Non dimentichiamoci che poi erano solo quattro per batteria e lei giunse quinta assoluta.
Eppure, una volta all’arrivo, notai subito il suo sguardo deluso e capii come stava. A quel punto cercai di aiutarla a parole, facendole capire che aveva disputato un’ottima gara. E il giorno dopo vinse poi la distance. 
Però è importante impegnarci per capire cosa c’è dietro a queste benedette aspettative, che è giusto ci siano, ma non possiamo permettere che le atlete si facciano schiacciare. Noi, come staff, siamo molto attenti a questo aspetto. Credo che in nazionale, avere Cioffi, mio fratello Fabio nella junior e Ronc Cella nella squadra di Coppa del Mondo, che sono aiuto allenatori in estate e skiman in inverno, sia di grande aiuto, perché conoscono approfonditamente gli atleti. Questo è un grande vantaggio, perché in inverno, nei venti minuti per loro più importanti, quelli che precedono la gara, gli atleti non stanno con l’allenatore, che è già in pista, ma con lo skiman. Avere uno di fiducia che è stato tutta l’estate con loro e li conosce quanto noi, trasmette tranquillità, li aiuta a dissipare quei dubbi che possono presentarsi a pochi minuti dal via». 

Ora la domanda più difficile. Secondo lei cosa serve alle fondiste italiane per imitare quanto fatto dalle tedesche oppure anche ripetere già quanto si sta vedendo negli ultimi anni al maschile, dove oltre Pellegrino e De Fabiani, i risultati sono arrivati anche grazie ai vari Mocellini, Barp, Hellweger, lo stesso Graz e Daprà. 

«Credo che in questi anni alle nostre donne sia mancata una guida, una o due atlete che non dico fossero al livello di Pellegrino, ma almeno sempre in top quindici e con qualche podio. Insomma è mancato il cosiddetto parafulmine, come accadeva a Paruzzi e Valbusa che hanno avuto la possibilità di migliorare mentre c’erano Belmondo e Di Centa. 
A questo punto sarebbe fondamentale creare un gruppetto di atlete in grado di crescere assieme, fare gruppo e migliorare assieme, come avvenuto alle tedesche. 
Per me sarebbe importante si creasse questo gruppetto di atlete di una fascia d’età senior, che va magari da Ganz, che è ancora pre trent’anni ed è entrata nella sua maturità, fino alle giovani, passando per Franchi, Comarella, Di Centa, Monsorno e le altre atlete nate dal 2000 in poi. Se magari una Nicole (Monsorno) o una Ganz, citandone due più esperte, mi entrano tra le dieci con continuità e fanno quel passettino in più per arrivare in prima pagina, anche le altre di conseguenza faranno il salto di qualità. 
È un po’ ciò che sta accadendo nel biathlon. Grazie ai risultati di Vittozzi e Wierer, le altre azzurre possono anche permettersi di sbagliare e crescere con calma.  
Il mio sogno è riformare una squadra italiana di sci di fondo femminile sempre più competitiva e riavvicinarsi ai livelli di alcuni anni fa. Non è facile, ci vorranno tante energie, ma sono convinto che nelle varie categorie le atlete per riuscirci ci sono, le potenzialità ci sono e possiamo farcela». 

Domani verrà pubblicata la seconda parte, nella quale Pasini parla individualmente delle atlete del suo gruppo.

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