Sci di fondo | 13 luglio 2024, 07:00

Sci di fondo - Jules Chappaz, parola d'ordine: resilienza. "Ci sono stati momenti in cui avevo difficoltà a dire a me stesso che ero un atleta di punta”

Sci di fondo - Jules Chappaz, parola d'ordine: resilienza. "Ci sono stati momenti in cui avevo difficoltà a dire a me stesso che ero un atleta di punta”

Ai Mondiali del 2023, la Francia dello sci di fondo fa segnare un traguardo storico: Jules Chappaz vince il bronzo nella sprint a tecnica classica, portando al suo Paese la prima medaglia individuale nel format. Da lì, la carriera del fondista dell'Alta Savoia sembra essere in costante ascesa: pochi mesi dopo, a dicembre, nella tappa inaugurale del Tour de Ski a Dobbiaco fa segnare, dietro al connazionale Lucas Chanavat, una doppietta per la Francia in una sprint. Tuttavia, per il francese il percorso verso il successo non è stato affatto semplice, a partire dalla sua gioventù quando a 14 anni si vede chiuse le porte del Comitato del Monte Bianco assieme a Hugo Lapalus; la storia del fondista di Annecy è fatta anche di resilienza e di persone che, al suo fianco, sono altrettanto motivate a portarlo in alto, cosa che gli ha permesso di resistere di fronte alle difficoltà. “Fortunatamente, a quel tempo, avevamo due allenatori molto motivati che credevano in noi e pensavano che avessimo del potenziale” ricorda in una intervista a Nordic Magazine che ripercorre la sua carriera. 

Terminati gli studi secondari con il Centre National d'Enseignement à Distance (trad. Centro nazionale per l'insegnamento a distanza), struttura che gli ha consentito di continuare gli studi perseguendo i suoi sogni nello sport, Chappaz riesce ad entrare nella squadra giovanile francese comprendendo immediatamente che, per conservare quel posto prezioso, avrebbe dovuto lavorare alacremente. “Avevo già iniziato a imparare a crescere nel comitato. Poi è arrivato un grande anno di lavoro con Olivier Michaud che ci ha insegnato cosa significa far parte del gruppo federale e puntare ai massimi livelli. Quel mondo mi piacque immediatamente” Pur non convincendo tutti inizialmente, la sua grande laboriosità e mentalità forte ha fatto presto cambiare idea allo staff della nazionale.

Dopo una serie di buone prestazioni nell'Alpen Cup, Tchoup (questo soprannome tra famiglia e amici) ottiene rapidamente ottimi risultati: campione del mondo juniores nel 2019 , vittoria in OPA Cup da senior e, dopo la convocazione in Coppa del Mondo per il Tour de Ski, chiude tredicesimo, dietro a Bolshunov. Nel 2020, però, la musica cambia, e i Mondiali U23 non vanno affatto come previsto: “Ho vinto la qualificazione. Poi sono stato squalificato per una falsa partenza che per me rimane ancora molto controversa. Da quel giorno in poi ho avuto due anni di guai.”

Gli anni del Covid, con le restrizioni che non fanno distinzione di provenienza o attività lavorativa, colpiscono anche gli atleti delle discipline invernali, che eseguono con difficoltà la preparazione e sono sotto stress, con la costante paura di ammalarsi: il risultato è che sembrava non funzionare niente, ma Chappaz ancora una volta resiste – resistenza è una parola che sembra ricorrere tante volte nella sua vita agonistica - e ricomincia da zero, facendosi aiutare da un mental trainer. Questo supporto, che gli consente di trovare delle “zone di comfort”, è utile tanto a lui quanto a tutta la squadra, a cui trasmette tanta energia positiva.

“È eccezionale nei giorni delle sprint. Ha un’energia incredibile ed è molto positivo. Stiamo davvero ridendo. È pazzo ed è abbastanza insolito passare una giornata con lui fino alla finale! È un privilegio e me lo godo” confida Thibaut Chêne , il suo allenatore.

Quando tutto sembra finalmente andare per il verso giusto, però, un grave infortunio alla caviglia a seguito di una caduta in bicicletta lo riporta di nuovo ai box per lunghi mesi di riabilitazione. “Mi sono incolpato per due giorni e sono andato subito avanti ” confessa “Volevo lavorare per tornare velocemente. Ho avuto un intervento chirurgico. Ho poi trascorso due mesi ingessato. Ricordo che, quando l'ho tolto, sono risultato positivo al Covid. Ho fatto i primi dieci giorni di riabilitazione da solo nella mia stanza.” Con abnegazione e coraggio, il fondista rimette gli sci ai piedi ad ottobre, sebbene i medici dubitassero che sarebbe riuscito a sciare quell'inverno. Ma il savoiardo riesce a fare ancora di più, mettendo al collo la medaglia d'argento nella staffetta dei Mondiali U23 di Lygna (Norvegia).

Da questa esperienza, il transalpino può trarre una nuova lezione: una carriera tra l'élite è estremamente fragile ed è importante procedere un passo alla volta, un metodo che consente una crescita costante. “Sono un grande sognatore e non mi piace fare le cose a metà. Cerco di non avere rimpianti e di dare il 100%. Voglio costruire le mie gare come voglio e arrivare al traguardo sapendo di aver dato il massimo. Ma questo vale anche per una stagione nel suo complesso, per la quale ho messo tutto in atto, dall'inizio di maggio alla fine di marzo, per ottenere buoni risultati. Non voglio guardarmi indietro a quarant'anni e dire a me stesso: 'Se fossi stato un po' più professionale, avrei potuto fare questo...”.

Lavoratore, certo, ma anche ambizioso: e il traguardo storico di Planica, non è che il primo dei traguardi a cui il 25enne mira: confessa infatti di ambire a diventare uno dei più grandi nella sua disciplina perché “condividere emozioni attraverso lo sport” è per lui una ragione di vita e lo aiuta a superare gli ostacoli. “Ciò che conta davvero sono il percorso e la prestazione. Ripenso ai due anni di lotta che ho avuto e come ho saputo non arrendermi mai e rimettermi sempre in carreggiata. Ci sono stati momenti in cui avevo difficoltà a dire a me stesso che ero un atleta di punta ma, nel profondo, volevo esserlo.”

Nell'immaginare il suo futuro, in cui agonisticamente non si preclude nulla, Chappaz trova anche spazio per altri progetti a fine carriera. “Idealmente, farò il circuito di Coppa del Mondo/Olimpico fino al 2030 o al 2031 con i Campionati del Mondo. Poi farò due, tre anni in Ski Classics e preparò la 50km in classico per i Giochi 2034. Quella sarebbe la mia ultima gara perché è in un certo senso mitica nello sci di fondo” E poi, da amante della cucina che “non si trova troppo a suo agio nei grandi meeting”, si vede aprire un ristorante. Prima spera di gareggiare in una staffetta con i suoi amici Hugo Lapalus e Théo Schely, nel 2030, durante i Giochi Olimpici Invernali che potrebbero benissimo svolgersi nel circuito di casa di La Clusaz.

Federica Trozzi