È stata inaugurata venerdì scorso, a Parigi, presso l’Espace Trigram, nel cuore del raffinato quartiere di Marais nel IV arrondissement, la mostra fotografica di Emilien Jacquelin, la piccola stanza brulicava di gente. Il nome della mostra, che chiuderà i battenti domenica 2 giugno, "Alter Ego", lascia intuire che il biatleta francese ha deciso, attraverso i suoi scatti, un lato di sé che va ben al di fuori del poligono di tiro o delle piste da fondo.
Appese alle pareti gli avventori possono ammirare venticinque foto scattate nel corso della stagione 2022/2023 e forse non è un caso che siano state prese proprio da quell’inverno: dopo una stagione difficile, l’atleta di Villard-de-lans ha chiuso la stagione in anticipo e proprio la fotografia è stato il suo rifugio per tornare a ritrovare la motivazione giusta per tornare al biathlon con rinnovata passione.
"Mi sento un artista nel senso che ho un reale bisogno di esprimere me stesso, che si tratti delle mie emozioni amichevoli o romantiche, nel mio sport o nella fotografia. Ho sempre bisogno di dire quello che penso o quello che sento e mi piace esprimermi" spiega a Nordic Magazine, che ha visitato la mostra parigina e ha avuto modo di confrontarsi con il campione su questo progetto "Il punto in comune tra la fotografia e lo sport di alto livello è la possibilità che abbiamo di fare le cose come vogliamo farle. Siamo soli con noi stessi nel biathlon, sciamo e spariamo a modo nostro. È qualcosa che ad un certo punto ho perso, questa libertà di fare le cose nel modo in cui mi piace farle. Questi sono solo scatti fatti sul momento, non ho mai fatto mettere in posa le persone. Mi ha aiutato a trovare quella cosa che mi mancava nel biathlon, quell’istinto a pensare di meno. La fotografia mi ha permesso di ritrovare il mio equilibrio e il mio istinto, anche se il mio progetto di base era quello di fotografare l’emozione che si può provare come biatleta prima, durante e dopo una gara, sia positiva che negativa."
I cattivi risultati della stagione 2022/23 hanno quasi fatto naufragare il progetto ma, in un certo senso, la fotografia è rimasta un’ancora in un momento difficile non solo agonisticamente ma anche mentalmente.
"Questo progetto si è concluso abbastanza rapidamente perché le cose non andavano più bene e ho interrotto la stagione. Nelle settimane successive ho viaggiato e avevo bisogno di esprimermi attraverso la fotografia. A un certo punto non è stato molto salutare, perché la foto di Tarjei Boe è di tre minuti dopo la fine della gara. Indossa ancora il cappello, gli occhiali e il pettorale. All’epoca, era il mio modo di allontanarmi dal mio sport. Correvo ancora perché dovevo farlo, ma volevo solo uscire da quel mondo."
Il 28enne non fatica ad ammettere che la fotografia ha dato un grande contributo nella decisione di tornare al biathlon dopo quella terribile stagione.
"Lo dico con il senno di poi, ma è vero che creare la mia galleria fotografica è stato un modo per dimostrare che non ero solo un biatleta e che mi piacevano altre cose. Ho sempre avuto un problema con il concetto di idolatrare certe persone per i loro risultati e non per quello che sono o per i valori che incarnano. Certo, sono molto felice di incontrare i fan del biathlon, ma so che è soprattutto per i risultati. Se dovesse succedere, passeremmo una settimana insieme e mi troverebbero detestabile! Essere famosi ed essere apprezzati dalle persone senza necessariamente conoscerle è difficile da capire."
"Mi sento un artista nel senso che ho un reale bisogno di esprimere me stesso, che si tratti delle mie emozioni amichevoli o romantiche, nel mio sport o nella fotografia. Ho sempre bisogno di dire quello che penso o quello che sento e mi piace esprimermi" spiega a Nordic Magazine, che ha visitato la mostra parigina e ha avuto modo di confrontarsi con il campione su questo progetto "Il punto in comune tra la fotografia e lo sport di alto livello è la possibilità che abbiamo di fare le cose come vogliamo farle. Siamo soli con noi stessi nel biathlon, sciamo e spariamo a modo nostro. È qualcosa che ad un certo punto ho perso, questa libertà di fare le cose nel modo in cui mi piace farle. Questi sono solo scatti fatti sul momento, non ho mai fatto mettere in posa le persone. Mi ha aiutato a trovare quella cosa che mi mancava nel biathlon, quell’istinto a pensare di meno. La fotografia mi ha permesso di ritrovare il mio equilibrio e il mio istinto, anche se il mio progetto di base era quello di fotografare l’emozione che si può provare come biatleta prima, durante e dopo una gara, sia positiva che negativa."
I cattivi risultati della stagione 2022/23 hanno quasi fatto naufragare il progetto ma, in un certo senso, la fotografia è rimasta un’ancora in un momento difficile non solo agonisticamente ma anche mentalmente.
"Questo progetto si è concluso abbastanza rapidamente perché le cose non andavano più bene e ho interrotto la stagione. Nelle settimane successive ho viaggiato e avevo bisogno di esprimermi attraverso la fotografia. A un certo punto non è stato molto salutare, perché la foto di Tarjei Boe è di tre minuti dopo la fine della gara. Indossa ancora il cappello, gli occhiali e il pettorale. All’epoca, era il mio modo di allontanarmi dal mio sport. Correvo ancora perché dovevo farlo, ma volevo solo uscire da quel mondo."
Il 28enne non fatica ad ammettere che la fotografia ha dato un grande contributo nella decisione di tornare al biathlon dopo quella terribile stagione.
"Lo dico con il senno di poi, ma è vero che creare la mia galleria fotografica è stato un modo per dimostrare che non ero solo un biatleta e che mi piacevano altre cose. Ho sempre avuto un problema con il concetto di idolatrare certe persone per i loro risultati e non per quello che sono o per i valori che incarnano. Certo, sono molto felice di incontrare i fan del biathlon, ma so che è soprattutto per i risultati. Se dovesse succedere, passeremmo una settimana insieme e mi troverebbero detestabile! Essere famosi ed essere apprezzati dalle persone senza necessariamente conoscerle è difficile da capire."