Il cambiamento climatico è uno dei problemi più importanti che l’intero pianeta deve affrontare e, se lo osserviamo attentamente sotto la lente delle discipline sportive invernali, questo fenomeno rappresenta una vera e propria minaccia, poiché è evidente che per le competizioni degli sport della neve la presenza di neve e freddo costituisce un prerequisito fondamentali per le località che si candidano ad ospitarle.
La realtà ci mostra un quadro allarmante: nell’estremizzazione degli eventi climatici a cui assistiamo, dove a momenti di precipitazioni estreme si alternano altri di caldo anomalo per la stagione invernale, non è inusuale assistere all’annullamento di eventi e gare che hanno rappresentato la storia degli sport invernali, oppure, laddove è possibile, ricorrere all’uso massiccio di neve artificiale.
"La neve artificiale è più dura, più ghiacciata e cambia con il tempo. Può rendere il percorso – non voglio dire pericoloso – ma rende più difficile affrontare le curve" ha spiegato la statunitense Jessie Diggins al New York Times. Eppure è qualcosa che non può essere evitato: uno studio dell’Università di Waterloo in Ontario, Canada, ha evidenziato che nel mese di febbraio, che storicamente è il mese dedicato ai Giochi Olimpici Invernali, la temperatura media diurna nelle città che hanno ospitato le Olimpiadi invernali dal 1950 ad oggi è costantemente aumentata, passando da 0,4°C nei Giochi svoltisi negli anni 1920-50, a 3,1°C nei Giochi negli anni 1960-90, a 7,8°C nei Giochi tenuti finora in questo secolo.
Come riportato da insidethegames.biz, Daniel Scott, docente presso l’ateneo canadese che ha svolto la ricerca, è stato drastico a riguardo: "In uno scenario ad alte emissioni come quello attuale, avremo quattro luoghi sicuri dal punto di vista climatico entro la metà del secolo e solo uno entro la fine del secolo." Le quattro città che si prevede rimarranno sicure dal punto di vista climatico nel 2050 sono Lake Placid (USA), Lillehammer, Oslo (entrambe Norvegia) e Sapporo (Giappone), l’unica che dovrebbe mantenere tale status entro il 2080 se le emissioni globali non saranno frenate, secondo lo studio.
In uno scenario a basse emissioni coerente con gli obiettivi dell’Accordo sul clima di Parigi, invece, il numero delle località che potrebbero ospitare i Giochi a febbraio fino al 2050 salirebbe a 9, e il numero scenderebbe ad 8 entro il 2080. Una situazione comunque catastrofica per gli sport invernali che è ancora più evidente se si guarda alle Paralimpiadi invernali, che d’abitudine prendono il via al termine dei giochi per "normodotati", nel mese di marzo: nell’emisfero settentrionale le temperature sono ancora più elevate con la primavera alle porte e la mancanza di neve è sempre più la normalità.
Le comunità sportive, dalle Federazioni internazionali ai singoli atleti, percepiscono nel quotidiano gli effetti del cambiamento climatico. L’Unione Internazionale di Biathlon (IBU) ha rilevato che circa il 60% degli atleti di biathlon ha avvertito l’impatto dei cambiamenti climatici sulle condizioni di allenamento e di gara. Nel frattempo, la scorsa stagione la FIS è stata costretta a cancellare due gare di sci in Germania e Francia, mentre la Coppa del mondo di snowboard a Mammoth, California, USA, è stata colpita da un violento temporale con nevicate record. "Le tempeste del secolo ormai si verificano ogni quattro o cinque anni" ha affermato Susanna Sieff, Sustainability Director della FIS.
A rincarare la preoccupazione generale ci pensa il Presidente della Federazione Francese di Sci (FFS), Fabien Saguez: "Dobbiamo chiederci in quali condizioni siamo disposti a organizzare queste gare di sci" ha detto ad AFP.
Olimpiadi – Un’università canadese lancia l’allarme: nel 2080 solo Sapporo avrà neve naturale per ospitare i Giochi Invernali
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