La scorsa settimana abbiamo dedicato spazio ad una tematica tanto importante quanto difficile da affrontare alla luce del sole per molte atlete, quale il rapporto tra ciclo mestruale e attività sportiva d’élite. Nella giornata di ieri, in occasione della Giornata Mondiale della Salute, l’IBU (International Biathlon Union), sempre attenta e vicina agli atleti in tutti gli aspetti della loro vita, ha condiviso sui suoi canali mediatici un video informativo dedicato proprio all’incidenza del ciclo mestruale nella vita delle atlete.
Al giorno d’oggi, la scienza e la medicina lavorano fianco a fianco con le discipline sportive; attraverso il monitoraggio della risposta fisica, sia sotto sforzo che a riposo, è possibile stilare un programma di allenamento (e di recupero) quanto più personalizzato possibile. Tuttavia, ancora oggi, c’è un aspetto che viene ancora troppo spesso e troppo facilmente trascurato: il ciclo. Un argomento che purtroppo fatica a venir fuori dal novero dei tabù, l’IBU condivide l’esigenza di tante donne, atlete e allenatrici, di rompere il silenzio a riguardo e fornire maggiore consapevolezza a favore soprattutto delle giovani generazioni.
Nel video si evince che molte atlete, come racconta la biatleta elvetica Elisa Gasparin, provano purtroppo ancora profondo imbarazzo a confidare apertamente ai tecnici i cambiamenti a cui il proprio corpo va incontro nel corso delle settimane: che si tratti di crampi mestruali, cambiamenti d’umore o stanchezza. Sia Sandra Flunger, coach di tiro della Svizzera, che Andrea Zattoni, il quale, pur allenando la squadra maschile azzurra, cura anche la preparazione di Dorothea Wierer, ricordano come alla base di un buon allenamento ci sia soprattutto un solido rapporto di fiducia tra atleta e tecnico: sentendosi liberi di parlare del proprio fisico le atlete permetteranno agli allenatori di modificare i piani di allenamento per meglio adattarli alle loro esigenze.
La triste realtà è che, ancora oggi, tra gli allenatori, soprattutto quelli della “vecchia” guardia, persiste una certa reticenza nell’affrontare l’argomento, così come permangono alcuni luoghi comuni riguardo alle mestruazioni. Uno su tutti, la convinzione che l’amenorrea – ossia l’assenza di ciclo mestruale – sia segno che l’atleta sta rispondendo positivamente al lavoro in allenamento. Come spiega invece Katja Mjosund, medico della squadra finlandese, “oggigiorno sappiamo che (l’assenza di mestruazioni) è un segno di squilibrio ormonale, che proviene da un eccesso di allenamento o un minore apporto energetico, provocando un cattivo recupero e una minore risposta allo sforzo fisico”
In alcuni casi, in una condizione di stress molto alta, come può essere un Campionato Mondiale o una gara decisiva, non è inusuale assistere ad un’alterazione del ciclo, con un ritardo o l’assenza totale della mestruazione. Tuttavia il consiglio del personale sanitario è quello di consultare il proprio medico se la situazione non dovesse tornare alla normalità entro tre mesi.
In definitiva, che si tratti del medico della propria squadra, del fisioterapista o del proprio allenatore, è importante parlare del proprio ciclo mestruale, poiché è uno dei maggiori indicatori della salute generale per un’atleta, così come, nel 2024, non bisognerebbe più avere timore di ammettere che, se una gara non è andata al meglio è perché, “sì, oggi ho le mestruazioni!”