È innegabile, Nicole Monsorno ha un legame particolare con la splendida sprint di Drammen. Proprio nella gara cittadina norvegese, infatti, lo scorso anno ebbe il suo riscatto dopo un periodo difficile, rilanciandosi con una bellissima qualificazione, prima di venire messa a terra da Niskanen in batteria.
Un anno dopo, la fiemmese delle Fiamme Gialle ha affrontato la sprint di Drammen con grande grinta, forse con maggiore sicurezza, anche grazie al bel risultato dello scorso anno, incoraggiata bordopista dalla presenza dei suoi genitori e del ragazzo, saliti appositamente dall’Italia, a dimostrazione di quanto “Niki”, come viene chiamata affettuosamente dalla sua famiglia, tenesse a questa sprint.
E in pista si è visto. Monsorno ha affrontato la gara con carattere e cattiveria, sfruttando anche gli ottimi sci preparati dal service team azzurro, ha mostrato decisione e un po’ di sfrontatezza, con grinta si è presa la posizione in discesa e poi è andata a conquistarsi la semifinale. Lì ha dato tutto, senza alcun timore reverenziale delle campionesse che aveva di fronte, pagando forse un po’ di inesperienza rispetto alla più navigata Brennan, quando le ha preso posizione in discesa e l’azzurra ha dovuto frenare per non cadere perdendo velocità. La trentina si è però battuta fino all’ultimo metro, prendendo la top ten.
«Secondo me sono stati un insieme da fattori che mi hanno portata a ottenere questo risultato finale – ha raccontanto Monsorno a Fondo Italia dallo Scandic Hotel di Holmenkollen, sede della squadra azzurra in questi giorni – innanzitutto il fatto che già lo scorso anno avevo capito che questa pista mi si addice e mi ero divertita tantissimo. Inoltre, volevo rifarmi della settimana scorsa, perché ero rimasta proprio male della mancata qualificazione a Lahti. Poi aspettavo una sprint a classico e sapevo di avere qui la mia famiglia, non potevo mollare. Devo però dire che sento un feeling speciale con Drammen, sarà la presenza di tanto pubblico, il fatto che è una sprint cittadina. Tenevo tantissimo a fare bene e ottenere il massimo oggi, perché sapevo che sarabbe stato l’ultimo anno qui a Drammen. Questo arrivo ad alternato e la spinta sul falso piano mi si addicono, perché sono forte nella parte alta».
Una semifinale che Monsorno ha capito di poter ottenere e si è presa con determinazione: «Oggi avevo gli sci che volavano, in quel tratto di discesa in rettilineo sono passata da terza o quarta a prima e ciò mi ha aiutato tantissimo. Come ha detto Dupri (Daprà, ndr) a Minneapolis, l’occasione fa l’uomo ladro, ho visto gli spazi e mi sono buttata dentro con determinazione, ho pensato solo a dare tutta me stessa per arrivare al primo posto, massimo secondo.
Volevo tanto la semifinale. La cosa divertente è che per scaramanzia non avevo voluto vedere gli orari delle semifinali, poi mentre preparavo la batteria dei quarti ho chiesto a “Petto” (Christophe Savoye, ndr) di farmeli sapere e lui ma ha risposto che se me li avesse detti, allora avrei dovuto poi raggiungere la semifinale. Così è stato (ride, ndr), la prossima volta mi farò dire da lui anche quello della finale.
Tornando alla batteria mi sono trovata prima in fondo alla curva e mi sono detta che dovevo assolutamente arrivare prima, dare qualsiasi cosa per passare in semifinale. Ho abbassato la testa e dato tutto. Su quel rettilineo in salita che mi è sembrato eterno, ho visto Hagström al mio fianco e vedevo Gimmler risalire pericolosamente, ma mi sono detta che mai avrei accettato mi superassero».
Non l’hanno superata e all’arrivo Monsorno ha quindi visto finalmente di aver raggiunto la sua prima semifinale in carriera: «Ero anche un po’ incredula, perché finalmente ho ottenuto quello che vole. Ci stavo lavorando da un anno e so che ottenere la semifinale non è così facile come può sembrare da fuori, perché ci sono tantissime atlete forti, ma ora so anche che ho tutte le possibilità di farlo. Ho superato finalmente questo scoglio, che mi sembrava impossibile».
Quindi la semifinale, affrontata con il sorriso e anche tanta determinazione, con campionesse del calibro di Svahn, Skistad, Karlsson e Brennan. «Mi sentivo un po’ piccola tra quelle atlete super – è il racconto di una sorridente Monsorno – sono campionesse che occupano sempre le prime posizioni, ottengono podi, medaglie e coppe. Tutti continuavano a dirmi che dovevo puntare ad entrare nelle quattro, perché molto probabilmente sarebbe bastato per la finale. Ho fatto il possibile per ottenere il massimo, ho trovato un bel treno dietro Skistad, peccato che in discesa Brennan si è infilata e ci siamo toccate, ho perso velocità e ho perso un po’, anche se poi, grazie agli sci, sono comunque riuscita a tornare sotto in fondo alla discesa.
Sul rettilineo finale ho dato il meglio di me e ci è mancato pochissimo. Ho visto che ero lì, ho fatto la spaccata con le migliori. Alla fine sono effettivamente passate le prime quattro e proprio Brennan, finita davanti a me di un soffio, ha poi chiuso sul podio, per altro proprio davanti a Hagström, che mi era finita dietro in batteria. Il fatto che fossi lì con loro, mi ha fatto capire che tutto è possibile, basta solo crederci».
Parole simili a quelle già pronunciate da Mocellini nella passata stagione, quando salì sul podio a Beitostølen. A proposito del trentino, Monsorno ha un bel pensiero per lui e una sua compagna infortunata: «Ho avuto l’opportunità di sentire Moce proprio alla vigilia della gara e mi ha detto che entrambi avevamo i conti in sospeso con Drammen. È stato gentile a usare il plurale, a togliermi pressione (ride, ndr).
Ho pensato tanto a lui e alla Pit (Cristina Pittin, ndr) in questi giorni, sapendo che sono costretti a guardare le gare dal divano, quando vorrebbero essere in pista a competere. Mi sono resa conto di quanto sono fortunata, a poter essere qui e avere occasioni. Ho pensato di aver sprecato tante opportunità che altri oggi non possono avere per problematiche varie, mi sono messa nei loro panni e mi sono detta che questa fortuna dovevo sfruttarla, dovevo assolutamente cambiare marcia e approfittare di questa opportunità. E devo dire che questo risultato è anche per loro».
Dopo due anni, quindi, l’Italia femminile è nuovamente nella top ten della Coppa del Mondo. Monsorno è convinta che questo suo risultato sia la dimostrazione che anche le azzurre possono ottenere risultati di rilievo: «Io credo che i maschi della squadra siano fonte di ispirazione per noi, stanno crescendo proprio come gruppo. Ecco, penso che se ci crediamo e lavoriamo insieme, possiamo crescere tutte perché abbiamo tutte delle importanti qualità. Ci vuole lavoro e quella unione che fa la forza».
A chiudere Monsorno ha voluto ringraziare coloro che hanno reso possibile, per vari motivi, questo risultato: «Ci tengo prima di tutto a ringraziare gli skiman, per il lavoro eccellente e avermi messa nelle migliori condizioni possibili, e tutto il team Italia, perché in dieci hanno lavorato solo per me. Ringrazio anche il mio sponsor, Giannini Arreda su Misura, che mi è vicino da alcuni anni, e il Trentino. Poi ovviamente i miei genitori che erano qui, il mio ragazzo e coloro della mia famiglia che avrebbero voluto tanto esserci ma sono rimasti a casa a lavorare per portare avanti le attività di famiglia.
Un grande grazie va agli allenatori, a Renato Pasini che mi segue da alcune stagioni con il gruppo Milano Cortina e a Markus Cramer che mi ha dato tanti consigli in questi mesi di Coppa del Mondo. Ringrazio poi le Fiamme Gialle e la Buba (Francesca Baudin, ndr) per i suoi consigli. Infine voglio dire che è stato bellissimo, prima della semifinale, quando ero alla partenza, sentire le urla e il tifo di Chicco (Pellegrino, ndr), Hella (Hellweger, ndr) e un gruppo di valdostani che facevano un gran tifo per me».
Brava Nicole, che sia solo l’inizio, per te e le altre azzurre.