«Quando finisce la stagione, ho sempre la mia settimana di tristezza, perché non ci sono altre tappe». Sorride Emil Bormetti quando lo incontriamo nella mixed zone dello stadio di Holmenkollen nel giorno della mass start. L’allenatore livignasco, che da due anni ha affiancato Armin Auchentaller alla guida della nazionale degli Stati Uniti, è felice di far parte della biathlon family, di girare il mondo da allenatore di biathlon, imparando anche tanto perché «Armin è una persona splendida, perché tra le altre cose ama anche confrontarsi, è aperto ad ascoltare le opinioni altrui, anche se ovviamente da lui ho ancora tanto».
Emil Bormetti sorride anche perché non vede l’ora di portare la sua squadra negli Stati Uniti, vedere i giovani che allena da due anni disputare la tanto attesa tappa di casa, a Soldier Hollow, a cinque anni di distanza dall’ultima volta. Ciò proprio in una stagione che sta vedeno la squadra maschile statunitense comportarsi molto bene, non soltanto con il “kiwi” neozelandese Campbell Wright.
Buongiorno Bormetti. Per lei sarà la prima volta negli Stati Uniti da allenatore della squadra statunitense. Cosa prova nel guidare i ragazzi che, insieme ad Auchentaller, sta allenando da due anni?
«Sicuramente è una grande emozione. A Soldier Hollow sono già stato come allenatore di altre squadre, ma farlo da coach della nazionale di casa è un’emozione più grande. È una località che conosciamo molto bene perché ad ottobre vi facciamo sempre dei raduni per sfruttare la quota. Siamo pronti e tutti emozionati per questo».
Cosa significa i suoi atleti, che ogni anno passano sei mesi in Europa, a migliaia di chilometri di distanza da casa, poter finalmente gareggiare negli Stati Uniti, a cinque anni di distanza dall’ultima volta?
«La stanno vivendo bene, tanti si domandavano anche se andare subito lì anziché venire a correre qui a Oslo. Sentono molto questa tappa, perché è quella di casa che, come hai detto tu, loro torna dopo ben cinque anni. La vivono con grande attesa».
Cosa dobbiamo aspettarci? Che notizie avete ricevuto da lì?
«Lo stadio è stato anche rinnovato, tanto che quando eravamo lì nel mese di ottobre, c’erano proprio i lavori di costruzione che andavano avanti a tutta. Lo stadio si presenta bene. Inoltre, a Sodlier Hollow, nello Utath, generalmente il meteo è sempre bello (ride, visto che durante l’intervista ad Oslo, ovviamente pioveva, ndr), e neve ne hanno abbastanza. Quindi speriamo e ci aspettiamo che vi siano tutti i presupposti per avere delle belle competizioni».
Sempre negli Stati Uniti, ma a Minneapolis, casa di Jessie Diggins abbiamo visto un grande spettacolo di pubblico. Che messaggi vi arrivano da Soldier Hollow e cosa vi aspettate dal punto di vista delle presenze?
«In squadra qui a Oslo vi era anche un’atleta, Margie Freed, che ha gareggiato nella tappa di sci di fondo a Minneapolis e viene da quella esperienza, dove è stato registrato un numero di spettatori fuori misura rispetto a quello che solitamente si vede nel fondo. Anche io sono molto curioso di vedere quanta gente sarà presente e quanto il biathlon abbia attrattiva negli Stati Uniti, dove però non dimentichiamoci che la concorrenza è veramente tanta».
La squadra maschile degli Stati Uniti sta vivendo proprio una bella stagione. Complimenti.
«Grazie. Si, la stagione sta andando molto bene, siamo davvero soddisfatti. Il Mondiale è stato fin qui il vertice più alto, avendo raccolto ottimi risultati. Speriamo che continui così fino alle ultime due tappe».
È stato già a Soldier Hollow da allenatore di Campbell Wright quando però gareggiava ancora per la Nuova Zelanda. Oggi è sempre con lei, ma nella squadra statunitense. Allora si sarebbe aspettato di vederlo così competitivo in Coppa del Mondo?
«Ho sempre pensato che il ragazzo abbia un bel potenziale ed è andato continuamente in crescita. Fare però un’esplosione del genere, da un anno all’altro, non è mai scontato. Sta facendo dei passi da gigante. È molto motivazionale lavorare con lui sia per noi come allenatori che per il resto della squadra, perché è importante avere qualcuno che tira il gruppo»
Questo ragazzo sembra sempre così divertito, lo vediamo spesso con quell’atteggiamento un po’ scanzonato. L’ho visto nella team area durante il Mondiale di Nove Mesto che saltellava da solo ridendo, anche qui ride sempre, anche al poligono.
«Si, a volte lo fa anche in gara, se una serie va bene si gira, ci guarda e ride. Questo è proprio il suo modo di essere, tanto che è preoccupante quando non è così. Conoscendolo da tanti anni, in quelle giornate in cui non lo vedi allegro, sai già che non avrà la giornata giusta. Quando ha invece quell’atteggiamento, lui si diverte. Venerdì lo hanno inquadrato dopo l’individuale, mentre diceva “I love biathlon”. Lui ama questa vita, perché sa di fare una vita bellissima. Fa sport, viaggia, vede luoghi nuovi, cosa altro può chiedere».
Mi sembra sia lo stesso anche per lei. Durante tutta l’intervista ha risposto sempre con il sorriso.
«È vero, sono felice, amo questa vita. Io e Campbell ci siamo proprio trovati, siamo molto simili in questo».