NOVE MESTO – Dopo aver iniziato la stagione in IBU Cup, Michela Carrara è stata protagonista di una grande rincorsa, riuscendo a conquistare prima il pettorale per la Coppa del Mondo e infine quello per il Mondiale di Nove Mesto, che sarà il suo terzo in carriera.
«Sto abbastanza bene – ha affermato la valdostana del Centro Sportivo Esercito a Fondo Italia – vedremo domani. Le condizioni sono un poco difficili in pista. Scopriremo come sarà il livello generale ma sono fiduciosa.
Finché non gareggi, non sai al cento per cento a che punto sei con la condizione, certamente non ho avuto malanni. Il resto lo scopriremo domani. La pista mi piace, si scia bene. Certo la neve non è il massimo, ma è uguale per tutti. Inoltre con una neve così, la pista è più dura e sotto un certo punto di vista potrebbe agevolarmi».
Carrara ha quindi parlato della rincorsa che l’ha portata dall’IBU Cup al terzo Mondiale: «Partire da sotto richiede sempre qualcosa in più, perché devi sempre dimostrare qualcosa per riuscire a salire. Sono contenta di aver avuto la possibilità di gareggiare a Oberhof e di aver subito mostrato un buon livello. Per me è importante essere qui.
Onestamente, essendomi allenata con le mia compagne per tutta l’estate, sapevo di avere un buon livello, non avevo alcun dubbio. Poi, ovviamente, bisogna combinare sempre con il tiro e quello, purtroppo, a volte va ed altre meno».
Come altre atlete, anche Carrara passando dall’IBU Cup alla Coppa del Mondo ha subito ottenuto buoni piazzamenti: «Il livello dell’IBU Cup è sempre stato abbastanza alto, e i migliori della classifica hanno sempre fatto bene anche in Coppa del Mondo. Quindi non credo ci sia nulla di nuovo. Forse, l’unica novità è legata al fatto che ci sono tanti giovani che vanno subito molto forte. Ciò rappresenta uno stimolo per tutti».
Tornando al suo terzo Mondiale, Carrara ammette di non essersi posta obiettivi specifici: «Sinceramente non ho obiettivi legati ai risultati, che mettono pressioni inutili. Spero solo di fare bene. Diciamo che se sparassi con un l’ottanta per cento sarebbe già una buona cosa».