Lo Sliding Centre per le gare di bob, slittino e skeleton delle Olimpiadi invernali 2026 si farà a Cortina, ponendo fine alle lunghe discussioni e ai tira e molla che sembravano non avere fine. È quanto è emerso questo pomeriggio, a seguito della firma dell’accordo tra Società Infrastrutture Milano Cortina 2026 (Simico) e l’impresa Pizzarotti che effettuerà i lavori. La scelta, si legge nel comunicato come riportato da IlSole24ore, “mette un punto fermo e attesta l’estrema determinazione di questo Governo di concludere al meglio e in Italia tutte le opere in vista dei Giochi".
Tuttavia, le prospettive non sembrano essere così rosee come può sembrare: se si tiene conto che il cantiere verrà aperto il 19 febbraio, la costruzione dovrebbe concludersi il 4 gennaio del 2026 (lavorando anche di sabato e domenica, come sembrerebbe); questa data, ammesso che il progetto non subisca ritardi e ricorsi di qualsiasi natura, porterebbe l’opera ad essere pronta con solo un mese di anticipo sulla cerimonia di apertura: una corsa contro il tempo senza precedenti che oltretutto va a scontrarsi con un requisito fondamentale richiesto dal CIO, sarebbe a dire la fine dei lavori entro il 15 marzo 2025 affinché si possa effettuare un primo collaudo, quello in cui si valuta sul campo con bob e slittini la pericolosità delle curve per apporre correzioni.
L’azienda incaricata per i lavori si dice pronta, portando in cantiere 90 operai specializzati provenienti dalla Norvegia e che, per portare a termine i lavori, saranno impegnati sette giorni su sette.
Questo traguardo finalmente arrivato, pur trovando la soddisfazione del Ministero delle Infrastrutture e del Ministero dello Sport, non sembra essere stato accolto in maniera particolarmente festosa da un altro membro dell’esecutivo: il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il quale non ha nascosto le sue preoccupazioni: «Le Olimpiadi non arrivano ogni due anni, arrivano nel 2026 e poi non arriveranno più e incomincio a essere pentito di aver promosso l’evento perché ne sento la responsabilità e ormai sono passati diversi anni dal 2018 al 2024».
Forse si trattava di una battuta o forse era un modo per spronare tutti e ricordare che in ballo c’è la credibilità di un Paese intero. Sulla vicenda pesa infatti ancora il giudizio negativo del CIO, che fino a lunedì scorso ribadiva il concetto della legacy per le strutture sportive, che possano essere centri vivi per lo sport e non cattedrali nel deserto (o nella neve) fini solo allo svolgimento dell’evento, e pertanto «soluzioni alternative con gli altri impianti esistenti e funzionanti, per un eventuale piano B» restano ancora aperte.
Infine, la questione economica: pur trattandosi di un progetto «light», privo di alcuni elementi essenziali come i parcheggi, la cabina di arrivo e le strutture per tecnici, atleti e giornalisti, i soldi dovranno arrivare dalla Fondazione e non saranno pochi, senza considerare che verranno quasi certamente privilegiate strutture temporanee che andranno sostituite con altri investimenti per rendere l’impianto utilizzabile dopo le gare. Insomma, l’azienda finalmente c’è, la firma pure: ma quasi sicuramente non è la luce in fondo al tunnel.