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Sci di fondo

Fondo Italia intervista Uroš Ponikvar, presidente del Comitato Sci di fondo della FIS: “Dobbiamo avere un calendario più sostenibile, rilanciare le coppe continentali e gareggiare a quote più alte”

Da due anni la guida dello sci di fondo internazionale è cambiata. Dopo un ventennio, Vegard Ulvang ha lasciato la guida del Comitato Sci di Fondo della FIS, e al suo posto è subentrato lo sloveno Uroš Ponikvar. Persona molto disponibile, che tiene tantissimo anche a cogliere le opinioni altrui, vedendone sempre un’opportunità di crescita, il dirigente sloveno, presidente del Comitato Sci di fondo della FIS, ci ha incontrato a Dobbiaco alcune settimane fa, in occasione della tappa del Tour de Ski.
Tante le sfide da lui affrontate in questi primi due anni, che lo hanno anche visto nel comitato organizzatore del Mondiale di Planica. Dal passaggio al "no fluoro" fino alle difficoltà dovute ai cambiamenti climatici, dal calendario alle difficoltà di accontentare tutti, fino al Tour de Ski e al Mondiale di Trondheim, il dirigente sloveno ha risposto alle domande di Fondo Italia con chiarezza, cercando di far comprendere anche come vengono prese determinate decisioni.

Inizio chiedendole un’opinione personale sul Tour de Ski. Se le piace il formato, se pensa che sia possibile cambiare qualcosa e cosa?

«Il Tour de Ski è presente in calendario da diciotto anni, in ogni singola edizione è stato un highlight della stagione, che vi sia o meno un grande evento, il Tour de Ski è sempre il momento clou. Alcune edizioni hanno avuto un vincitore annunciato, ma ciò non è accaduto troppe volte, quindi abbiamo avuto spesso delle competizioni molto avvincenti. Il Tour de Ski è stato creato e pensato una ventina di anni fa per darci il fondista più completo possibile. Penso che sia ancora così. Ancora oggi chi vince il Tour de Ski è il fondista più completo, perché abbiamo sprinter, fondisti più adatti alle distance, specialisti del classico o dello skating, e il Tour de Ski unisce tutto questo elevandolo al suo meglio. In questo senso, il Tour de Ski ancora funziona ed è molto attuale.
Certamente, però, è sempre il momento di riconsiderare le cose, pensare a come migliorare o cosa si sarebbe potuto fare diversamente. Per esempio, un cambiamento introdotto di recente è stata far diventare l’
ultima tappa una mass start. Personalmente la ritengo una modifica ben riuscita, perché così l’ultima tappa è più emozionante e ha reso anche giustizia al vero vincitore dell’ultima gara, che ora taglia il traguardo per primo. In passato, il vincitore della tappa del Cermis lo si scopriva soltanto guardando i tempi finali e lui o lei non poteva festeggiare immediatamente all’arrivo, come fa chi si impone nell’ultima tappa del Tour de France.
Per quanto riguarda i possibili miglioramenti, credo che stiamo avendo un po’ di difficoltà nell’avere una giusta distribuzione delle gare su più paesi, perché non dobbiamo avere tutte le tappe in un’unica nazione. L’unica cosa che però credo non debba mai cambiare è la final climb, in Val di Fiemme, dobbiamo mantenerla sempre. Diciamo che al momento non stiamo considerando dei grandi cambiamenti.

È una stagione storica per gli sport invernali, in quanto è la prima con il divieto all’utilizzo del fluoro. L’impressione è che le cose stiano andando meglio rispetto a quanto si immaginasse alla vigilia, quando si temeva che potessero arrivare numerose squalifiche. Evidentemente deve esserci stata una buona preparazione da parte della FIS, ma anche dei team.

«Sicuramente sta andando bene, ma a mio parere non è nemmeno stato un grande cambiamento. Penso che dire no al fluoro sia stata una decisione politica, motivata dal nostro impegno a favore dell’ambiente. È vero, in passato il fluoro ha avuto un grande impatto nel nostro sport, ma questo divieto non ha cambiato il modo di gareggiare degli atleti, che devono comunque essere il nostro focus. Ciò ha solo a che fare con il materiale che utilizzano, qualcosa che è tanto importante, ma al quale, secondo me, viene anche data troppa importanza, non vede diventare il punto focale del nostro sport. In questo ambito la FIS ha fatto un grande lavoro, grazie a un’ottima programmazione, e all’impegno della squadra formata da Lamplot e Caprini, che hanno organizzato bene il tutto, insieme a controllori esperti e con il massimo supporto della dirigenza FIS. Alla fine abbiamo dimostrato grande serietà su questo argomento e abbiamo realizzato ciò che ci eravamo proposti».

Caprini era perfetto per questo ruolo, in quanto viene da anni di esperienza con la Rossignol.
«Si, Caprini ha avuto anni di esperienza alla Rossignol. Ovviamente, non è stato chiamato come vice race director, per questo motivo. Il suo lavoro non è solo questo, ma ovviamente abbiamo approfittato della sua esperienza in questo campo e anche della sua buona volontà a contribuire affinché tutto venisse fatto per il meglio. L’ho ringraziato anche personalmente per questo lavoro».

A dicembre si è svolta la tappa di Coppa del Mondo a Trondheim, sede del Mondiale della prossima stagione. Sui media, in particolare svedesi, ho letto alcune critiche nei confronti delle piste e dell’organizzazione. Qual è la sua opinione?
«Non ero lì in occasione dell’evento di Coppa del Mondo, ma sono andato quando vi è stata l’omologazione della pista. Sa, nel 2017, io mi occupai del design delle piste di Pyeongchang. Ricordo che quell’estate, alcune persone vennero a osservare quei tracciati e dicevano che erano troppo semplici. A mio parere non erano facili, ma degli ottimi percorsi, come si dimostrarono poi l’anno dopo. Anche quelli di Trondheim penso siano dei buonissimi tracciati. In realtà le difficoltà di una pista non sono date esclusivamente dal dislivello generale, ma da come salite e discese vengono distribuite lungo il tracciato, come si combinano, se devi salire dal punto più basso a quello più alto senza un vero riposo. Io penso che Trondheim, da un punto di vista delle competizioni, si dimostrerà veramente un bel tracciato per il Mondiale. Mi è piaciuto ciò che ho visto in televisione, in particolare la pista della sprint era perfetta. È stata una gara eccitante e giusta, c’era tutto ciò che ci aspettiamo da questo format. C’era anche abbastanza spazio per gli atleti.
Ecco, a proposito delle piste, credo che ovunque andiamo, non dobbiamo solo pensare a preparare
le piste basandoci sui nostri regolamenti, dobbiamo usare anche ciò che ci offre la natura del territorio. Sicuramente abbiamo il dovere di seguire le nostre regole, certo, ma non è tutto. Sono stato in alcune località, dove hanno costruito i tracciati rispettando tutte le nostre regole, posso dire che non era un bel tracciato. Da questo punto di vista Trondheim funziona e sono convinto che ci darà un gran bel mondiale.
Non so veramente, riguardo cosa alcuni giornalisti fossero così arrabbiati, ho sentito che c’erano alcuni problemi logistici. Una cosa secondo me normale, quando hai un nuovo organizzatore, tutti quanti possono fare errori. Ci saranno alcuni incontri e sono convinto che il prossimo anno Trondheim sarà una grande venue e una grande organizzazione per il Mondiale».

Si è parlato anche del poco pubblico presente in occasione delle gare domenicali.

«I tifosi? Tutti vorremmo avere tanti spettatori. Anche a Planica, in occasione del Mondiale dello scorso anno, eravamo abbastanza contenti della seconda settimana, ma nella prima non vi erano state tante persone. Non eravamo felici di questo, ma non si può dire che un evento sia cattivo perché non è venuto tanto pubblico.
Sono però convinto che i Mondiali di Trondheim saranno un successo e vi saranno anche tantissimi tifosi»
.

È presidente del Comitato sci di fondo da due anni. Secondo lei, qual è la grande sfida per i prossimi anni?

«Prima di tutto dobbiamo avere un calendario più sostenibile. Per esempio, non penso che andare su al Nord per quattro settimane consecutive a inizio stagione, con Ruka, Östersund, Gällivare e Trondheim, sia stata una buona idea. Abbiamo visto che mettere gli atleti sotto stress per quattro settimane di gare è troppo. Così è successo che alcuni atleti hanno saltato delle gare, oppure alcune nazioni non si sono presentate. Abbiamo avuto una bassa partecipazione alla staffetta di Gällivare. Credo che questo sia stato l’aspetto negativo del calendario.
Nella passata stagione abbiamo invece avuto un calendario molto buono, a mio parere. Quindi direi che su questo aspetto dobbiamo lavorare.
Secondo, dobbiamo concentrarci anche sulle competizioni di secondo livello. Non dobbiamo guardare solo la Coppa del Mondo, che è il nostro prodotto principale, ma concentrarci anche sulle varie coppe continentali, che sono il livello successivo e dove stiamo un po’ soffrendo. Una delle nostre prossime sfide deve essere rilanciare questo tipo di competizioni. Questa è una vera sfida, a differenza del divieto del fluoro, che giudico solo come un impegno che avevamo preso e abbiamo attuato quando eravamo finalmente pronti».


Credo un’altra sfida sia legata anche ai cambiamenti climatici, che possono avere un impatto sui calendari.

«A proposito di questo, uno degli argomenti principali della nostra agenda per la prossima primavera, è di elevare il punto più alto della pista, che oggi è 1800 metri, a 2000 metri. Bisogna considerare di andare a gareggiare più in alto. Ovviamente, se ci spostiamo in quota, dobbiamo anche adattare le nostre piste, in quanto sciare più in alto è più duro per gli atleti. Quindi dovremo lavorare attentamente sulle nostre regole.
Stiamo affrontando questo argomento e sappiamo che è una sfida per i prossimi anni, ma dall’altra parte negli ultimi anni raramente abbiamo cancellato le competizioni per la poca neve, al massimo abbiamo cambiato qualche evento, ma avere 5 km di anello in mezzo all’Europa è una bella notizia. A Planica, poco prima del Mondiale dello scorso anno, ho quasi perso un bastone per la neve che c’era»
.

In un’intervista che ci ha rilasciato, Pellegrino ha affermato che bisognerebbe fermare la Coppa del Mondo due settimane nel mese di gennaio, per consentire a tutti di prendere parte ai Campionati Nazionali. Cosa ne pensa?

«In calendario abbiamo sempre avuto un weekend dedicato ai Campionati Nazionali in piena stagione invernale. La domanda è se gli atleti top vogliono oggi investire in queste competizioni così come sono oggi. Noi siamo aperti a proposte. Alla fine la gente dice sempre che è la FIS a prendere tutte le decisioni. Ma chi è la FIS? Siamo tutti noi. La FIS prende decisioni o la commissione tecnica stabilisce regole, avendo rappresentanti di ogni nazione nel Comitato e si vota a maggioranza. Nello sci di fondo, addirittura, a differenza di altre discipline, abbiamo anche una rappresentanza degli atleti, che hanno diritto di voto. Li ascoltiamo. Poi si possono avere delle opinioni differenti, non è facile prendere decisioni che trovino tutti d’accordo. Ma definitivamente io supporto l’idea di avere un break e un Campionato nazionale, come accade in Scandinavia. Però quando si parla invece di una pausa di due settimane, bisogna anche pensare ai team che vengono da molto lontano, dall’altra parte dell’oceano e non possono permettersi di tornare a casa. Cosa farebbero durante la pausa? Noi siamo uno sport globale e non è semplice».

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