E’ un dato di fatto. Domani alla partenza del Tour de Ski 2023/24, l’edizione della maggiore età per la rassegna che ha rivoluzionato la Coppa del Mondo di sci di fondo (più nel male che nel bene, va ammesso), non ci sarà al via nessuno degli atleti capaci di concludere la scorsa edizione davanti a Federico Pellegrino.
Johannes Høsflot Klæbo, designato vincitore per la 4^ volta in carriera (3^ consecutiva, sarebbe stato record), è stato messo al tappeto dalla febbre come Simen Hegstad Krüger, Signore di Planica 2023, miglior pattinatore al mondo e abilissimo scalatore (vincitore della Final Climb del Cermis nel 2020 e 2023). Discorso diverso per Hans Christer Holund, il quale ha appeso gli sci al chiodo per dedicarsi alla famiglia, non nascondendo in precedenza la demotivazione dovuta all’accorciamento delle distanze di gara.
Tornando al leader del movimento del fondo azzurro, l’inizio di stagione a Ruka era stato molto promettente con l’apice del 4° posto nella sprint classica e una solida prestazione a cronometro. Successivamente, dopo la pausa presa per tornare a casa ad allenarsi e stare vicino alla famiglia, è arrivato un malanno di stagione che ne ha compromesso il rendimento fra Östersund e Trondheim.
Quale versione vedremo quindi fra Dobbiaco, Davos e Val di Fiemme del campione del mondo sprint di Lahti 2017?
Se fosse quello di 12 mesi fa, il podio finale al TdS, che all’Italia maschile manca dal 2008 con Giorgio Di Centa, sarebbe un obiettivo più che concreto. Pellegrino è una delle più grandi teste dello sport azzurro, uno che come Gimbo Tamberi e Greg Paltrinieri, la gara che conta non la sbaglia praticamente mai. Il successo finale? Un sogno certo, ma non un miraggio.
Al netto delle assenze norvegesi e russe, alle quali va aggiunta quella di Iivo Niskanen, un vero netto favorito non c’è.
La Norvegia rimane sempre uno squadrone, ma apparentemente non ha né l’atleta in grado di fare una tale differenza prima del Cermis da reggere l’ultima durissima tappa (Klæbo), né lo scalatore che può rimontare da lontano senza perdere troppo terreno nelle tappe intermedie (Krüger, Holund, Røthe).
I favori del pronostico per esperienza e censo vanno a Pål Golberg, nel ruolo di vice-Klæbo per caratteristiche pur con meno impatto. Il campione mondiale in carica della 50km soffre l’ascesa al Cermis, ma ha dalla sua la massima espressione di completezza fondistica fra gli atleti iscritti. Oltre a ciò, può vantare due 5’ e un 6° posto al TdS, ma è già stato capace di vincere una corsa a tappe, quello Scandinavian Tour tra Svezia e Norvegia che si è tenuto nel 2020. Pellegrino riuscì nell’impresa di stargli davanti un anno fa e questo dice molto sulle possibilità dell’azzurro.
Il rivale principale dovrebbe essere il virtuale leader di Coppa del Mondo Harald Østberg Amundsen. Il giovane norvegese, classe 1998, vanta una sola partecipazione al TdS nel 2022. Concluse la rassegna al 9° posto, non brillando particolarmente sul Cermis (11°), fu costante in ambo le tecniche e le distanze, bucando una gara a Oberstdorf che gli impedì di chiudere attorno alla 5^ posizione. Sono però passati due anni durante i quali è cresciuto fra medaglie iridate individuali e la delusione per l’esclusione da Pechino 2022.
Non vanno sottovalutati nonostante i loro limiti sul Cermis Didrik Tønseth (due volte 7°) ed Erik Valnes (8° nel 2022), mentre il resto della squadra è composto da un mix di sprinter puri e debuttanti di talento.
Sulla carta anche la Svezia può vantare due frecce in faretra niente male: Calle Halfvarsson, l’anti-Golberg dei cugini, sta vivendo una seconda giovinezza nelle ultime stagioni ma è stato rallentato dal Covid sotto Natale, mentre William Poromaa, penalizzato lo scorso anno di tre minuti alla penultima tappa quando era uomo da classifica, sta convivendo con un fastidioso infortunio che ne limita le potenzialità. Sono potenzialmente entrambi da podio, soppesando però tutte le incognite legate ai recenti problemi fisici.
Pur non avendo mai brillato al TdS, è interessante anche lo scozzese Andrew Musgrave, uno dei pochissimi a inserirsi nel dominio norvegese di inizio stagione. Abitualmente, a un inizio di stagione sfavillante, fa seguire un calo proprio tra fine dicembre e inizio gennaio. Vedremo se lo standard sarà il medesimo anche questa volta o, essendo il TdS in annata senza rassegna olimpica o iridata l’appuntamento principale, il suo rendimento confermerà le prestazioni di fine autunno.
I nomi degli altri outsider li troviamo sulle Alpi: il ceco Michal Novak, primo podio della carriera a Ruka nella 20km skating con partenza in linea, ha la completezza per farsi valere in ogni tappa, il tedesco Friedrich Moch non è un fulmine nelle sprint ma ha dalla sua il Cermis (3° nel 2022), l’austriaco di origine olandese Mika Vermeulen pare avere il motore per imitarlo. I primi due hanno avuto malanni di stagione proprio a ridosso del TdS e non dovrebbero essere al meglio. Fra Covid, febbre e influenze varie, l’incertezza regna sovrana.
Gli altri italiani
Questo per la squadra azzurra è un crocevia importante: tra veterani plurimedagliati, giovani promesse e debuttanti assoluti sta prendendo forma l’ossatura della squadra che punterà a Milano-Cortina 2026.
Cosa aspettarsi quindi?
Francesco De Fabiani è stato spesso capace di colpi a effetto in Val di Fiemme (3 podi di tappa nella mass start classica, 6 totali al TdS), due volte ha messo alla frusta sulla salita finale i fenomenali Alexander Bolshunov (russi assenti a causa del conflitto provocato in Ucraina) e Klæbo stesso. Questo giro non ci saranno e chissà che il 30enne valdostano non riesca a tornare alla vittoria individuale dopo quasi 9 anni dalla prima e unica ottenuta a Lahti nel marzo 2015. Per puntare molto in alto in classifica dovrà vincere la sua storica idiosincrasia per la scalata al Cermis. L’obiettivo top ten è possibile.
Elia Barp (2002) e Davide Graz (2000), anche lui purtroppo ammalato nell’avvicinamento al TdS, già medagliati ai Mondiali juniores, hanno avuto sostanza e continuità nella prima parte di stagione. Grazie alla loro polivalenza, avranno ben 7 gare a disposizione per puntare magari alla prima top ten della carriera. Data la poca confidenza con uno sforzo del genere distribuito in 9 giorni, sarebbe troppo chiedere loro di porsi obiettivi da grande piazzamento in classifica finale.
Uomini puramente distance, Paolo Ventura (1996) e Simone Daprà (1997) dovranno alzare il livello rispetto alle prime uscite stagionali per ambire a qualche piazzamento attorno alla ventesima posizione. Sarà interessante vederli a confronto con i veterani Dietmar Nöckler (1988) e Giandomenico Salvadori (1992), al rientro in Coppa del Mondo, molto positivi nell’ultima uscita di FESA Cup, dove hanno lottato per la vittoria con il valoroso veterano francese Maurice Manificat.
I due sprinter classe 1996 Giacomo Gabrielli e Michael Hellweger avranno due chance a skating fra Dobbiaco e Davos per centrare le prime trenta posizioni, mentre Alessandro Chiocchetti (2001), fondista dalla struttura imponente che fa sembrare piccoli fondisti scandinavi che sfiorano il metro e novanta, e Martino Carollo (2003), ancora junior e debuttante assoluto dopo il successo sprint in FESA Cup senior, avranno l’occasione di confrontarsi con il vertice mondiale.
Purtroppo non sarà al via Simone Mocellini, vera rivelazione della scorsa stagione con due podi sprint, non ancora al meglio dopo i problemi fisici delle ultime settimane.