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Biathlon

Biathlon – Eduard Latypov: la difficoltà di tenere alta la motivazione in “isolamento” e il suo “dream team” per allenarsi.

In questo momento in cui la Coppa del Mondo di biathlon è entrata nel vivo, è facile dimenticare che ci sono degli atleti, che fino ad un paio di anni fa godevano del tifo degli appassionati della disciplina a livello mondiale e combattevano per il podio delle tappe di Coppa e per le medaglie durante i grandi eventi, e che oggi sono, più o meno loro malgrado, costretti a gareggiare in competizioni poco più che nazionali. Si parla naturalmente di russi e bielorussi che, a seguito dell’invasione Ucraina del 2022 da parte della Russia, sono stati banditi dalle competizioni internazionali di biathlon e le loro Federazioni sospese.
Al di là del pensiero politico di ciascuno, è innegabile che gli atleti abbiano pagato un prezzo altissimo, non solo dal punto di vista economico ma anche agonistico, ritrovandosi a gareggiare ad un livello inferiore e con avversari che nulla hanno a che vedere con la diversità e la complessità di un parterre internazionale offerto da campionati come quelli di IBU Cup e Coppa del Mondo.
In una intervista rilasciata all’emittente televisiva satellitare russa RT, Eduard Latypov parla tra le altre cose della vita da atleta agonistico “bandito” dallo scenario internazionale.
Per chi pratica lo sport ad alto livello, all’interno di una squadra nazionale, è inevitabile porsi traguardi precisi, anche solo per mantenere alta la motivazione: vincere una gara ai Mondiali, ai Campionati del Mondo, ai Giochi Olimpici. Ora però questi obiettivi non sono più così facilmente raggiungibili.
«Quando siamo stati banditi dopo le Olimpiadi di Pechino, la cosa non ha avuto quasi alcun effetto sulla nostra motivazione. La stagione successiva è stata come un nuovo inizio con la Coppa del Commonwealth, i premi in denaro nelle competizioni totalmente russe, che hanno creato ulteriore interesse. Quest’anno è diventato più difficile. Arrivi già a porti la domanda: “Qual è il prossimo passo?” Non importa quanto gareggiamo in Russia, possiamo solo guadagnare soldi, ma non titoli. In ogni caso, mi sono posto come obiettivo di superare me stesso. Ho cercato di individuare i punti in cui ero debole e ho cercato di aumentare la mia motivazione attraverso di loro.»
In questa situazione di “isolamento” c’è da chiedersi come possa crescere la base del movimento russo. La presenza di campioni che invece hanno avuto esperienza in un contesto internazionale può essere loro d’aiuto.
«Per i giovani è un vero vantaggio. Penso che molti abbiano notato come sia aumentata la concorrenza. Cerchiamo di mantenere il nostro livello, ci stanno raggiungendo e questo è positivo. È urgente? Ho una visione positiva di questo. Non correremo finché non avremo 45 o 50 anni. La mia carriera sportiva un giorno finirà e se potrò dare ai ragazzi qualche consiglio prezioso e aiutarli ad acquisire competenze utili, sarò molto felice. Soprattutto se aiuterà qualcuno in futuro. Alla fine, saranno quelli che verranno dopo di noi a rappresentare il Paese nelle più grandi competizioni internazionali.»
A proposito di modelli, forse questa vocazione all’aiuto dei giovani è qualcosa di innato, perché lui per primo, dagli esordi in Coppa del Mondo, ha cercato di carpire i segreti dei più esperti; in una dell’interviste dell’epoca, aveva dichiarato di avere in Alexander Loginov il proprio punto di riferimento in nazionale. Ma c’era un altro biathleta che Latypov “seguiva”, quasi letteralmente, con interesse.
«Ai tempi seguivo molto Martin Fourcade. Una volta si è anche innervosito perché lo seguivo costantemente, continuava a girarsi. Ho provato a copiare la tecnica di Martin, scoprire i suoi punti di forza, capire come mantiene la velocità non solo di corsa, ma anche di tiro, come respira, come si avvicina al poligono. I punti di forza sono sempre visibili.»
Infine, c’è spazio anche per un piccolo gioco di immaginazione: se avesse l’opportunità di creare un dream team per allenarsi, prendendo qualsiasi biatleta del mondo e di qualsiasi epoca, non ha dubbi su chi sceglierebbe.
«Probabilmente Fourcade. Anche se non sarebbe meno interessante essere accanto a Bjoerndalen. Ole Einar ha continuato ad evolverse nel corso della sua carriera, in modo così incredibile, ha portato così tante cose nuove nel nostro sport… Non so nemmeno quale parte della sua carriera sia stata più forte. Per tutti gli anni in cui ha gareggiato, è stato sempre perfettamente in forma e competitivo.»

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