Sono stati mesi tutti a rincorrere per Christoph Pircher, da quella maledetta caduta nel corso della sprint dei Campionati Italiani Estivi a Forni Avoltri, che oltre a togliergli una vittoria certa, il male minore, sembrava avergli pregiudicato la stagione. In un primo momento, infatti, il poliziotto sembrava dover ricorrere a un’operazione e fermarsi a lungo. Invece, fortunatamente le cose hanno avuto un corso poi diverso, Pircher ha recuperato in tempo per il test di selezione in Val Martello e con una grande prestazione si è guadagnato il pettorale per la prima di IBU Cup, in programma Kontiolahti a partire da giovedì 30 novembre.
Lo abbiamo intervistato in vista di quello che per lui sarà l’esordio assoluto in questa competizione, un passo importante nella sua carriera.
Ciao Christoph. Ti aspettavi di riuscire a conquistare un pettorale di IBU Cup già al via della stagione?
«Ci speravo, però non sapevo assolutamente a che punto fossi, perché avevo fatto il primo test con il pettorale soltanto la settimana prima e dagli italiani Estivi non avevo più messo il numero. Addirittura gli ultimi test li avevo fatti a spinta, quindi non avevo un confronto con gli altri. In Val Martello, il sabato mi sono sentito bene, divertendomi durante la gara. Già nel corso del primo giro volevo guardare indietro per vedere se arrivava Lukas Hofer (ride, ndr). Alla fine non si è rivelato un bel treno, forse l’avrò tenuto per cinquanta metri, mi ha passato e lasciato lì. Sono stato però felice della mia prestazione sia al tiro che sugli sci. A differenza di quanto successo il giorno dopo, quando ho faticato tantissimo, con neve lenta. Alla fine, con appena un errore in più rispetto al giorno precedente, ci ho messo ben sei minuti in più. Incredibile quanto fossero cambiate le condizioni da un giorno all’altro. Dopo la gara ero tanto dispiaciuto, specie per l’errore finale perché temevo potesse costarmi la convocazione».
Ti prepari all’esordio in IBU Cup. Quanto è importante per te vivere questa nuova esperienza, che rappresenta un nuovo passo in avanti nella tua carriera?
«Volevo qualificarmi, perché esordire subito in IBU Cup era uno dei miei obiettivi stagionali. Spero di fare bene e confermarmi, perché non voglio andare su solo per fare un giro. Come dicevi, è un nuovo step, passo dalla Junior Cup a una competizione in cui troverò avversari davvero forti, che cercherò di prendere come riferimento per capire a che punto sono come livello. Ci sarà da combattere, perché basta poco per andare fuori dai sessanta, ogni secondo conta tantissimo e bisogna essere già quasi perfetti per ottenere un buon risultato».
Quali sono le tue aspettative?
«Sinceramente non ho idea di come siamo messi rispetto agli altri. Nel test con i tedeschi ci siamo comportati bene, quindi vediamo un po’ come andrà al Nord. Per me sarà anche un’esperienza interessante, in quanto non ho mai gareggiato in quelle nazioni, vedrò stadi nuovi, un ambiente diverso. Fare una nuova esperienza, come sarà questa, può solo essere d’aiuto per il futuro. Sono veramente felice. Se solo penso a come ero messo tre mesi fa, eppure non ho mai smesso di credere che ce l’avrei fatta ad esserci, volevo veramente andare in IBU Cup. Una volta che mi è stato detto che non sarei stato operato, ho solo pensato a farmi trovare pronto per la Val Martello. Credo di esserci riuscito. Non sento dolori, quasi niente, sono a buon punto».
Ecco torniamo proprio all’infortunio, a quella caduta a Forni Avoltri, alla prima diagnosi, allo spettro dell’operazione e una stagione che sembrava finita prima ancora di iniziare.
«Sono stati giorni veramente duri. Non appena caduto a Forni Avoltri, mi è subito stato detto che probabilmente il legamento crociato posteriore aveva subito grandi danni. Eppure, la settimana successiva, riuscii ad andare in bici ed allenarmi sugli skiroll, facendo sempre molta attenzione nelle curve. Feci anche una gara test a spinte nella quale volavo, forse la mia miglior condizione fin qui in carriera. Quando sono andato a fare la risonanza magnetica, però, mi è caduto il mondo addosso. Mi è stato detto che avrei dovuto fare l’operazione, che mi avrebbe fatto perdere questa stagione e compromesso in parte anche la prossima. Ho iniziato a preoccuparmi, a chiedermi se sarei più riuscito a tornare come ero.
Intanto, da tempo avevamo già organizzato la vacanza al mare con alcuni compagni di squadra e tanti, allenatori compresi, mi hanno detto di andare e distrarmi. Credo che quella vacanza mi abbia fatto bene, perché avrei fatto tanta fatica a stare a casa e vedere sui social gli allenamenti degli altri.
Una volta tornato dalle vacanze, però, vi è stata la svolta».
Raccontaci.
«Sono andato a Milano dal Dottor Panzeri, medico della FISI. Dopo aver analizzato in maniera approfondita la situazione, mi ha dato una diagnosi opposta a quella che avevo ricevuto precedentemente da altri, dicendomi che non avrei avuto bisogno dell’operazione e in sei settimane avrei potuto tornare a fare skating. Mi sono sentito rinascere.
Allora, ho comprato l’ercolina, ho iniziato ad allenarmi con essa, quindi bici, poi i rulli. Insomma facevo un paio d’ore sui rulli e altrettante con l’ercolina per perdere il meno possibile. Credo di essere riuscito nel mio obiettivo, mantenendomi in forma e lavorando comunque. Devo però dire un enorme grazie agli allenatori della nostra squadra, Samantha (Plafoni, ndr), Aline (Noro, ndr), Pietro (Dutto, ndr) e Saverio (Zini, ndr), perché non hanno avuto vita facile con me. Ovviamente, per come sono fatto caratterialmente, con la mia enorme voglia di essere pronto per la Val Martello, ma anche inesperienza in materia, volevo saltare alcuni passaggi e accelerare i tempi, iniziare prima con gli skiroll e poi anche partecipare ai test. Ho la testa dura, ma loro hanno mantenuto il punto e sono stati convincenti, riuscendo a frenarmi. Non è stato facile. Grazie a loro, adesso non ho male. Pensato che solo il venerdì precedente alla Val Martello, sono riuscito a fare la mia prima corsa di dieci minuti, non lo avevo più fatto dalla caduta, dal defaticamento che avevo fatto a Forni.
Oltre agli allenatori della nazionale juniores, al Dottor Panzeri e alla FISI, voglio ringraziare anche le Fiamme Oro, che mi hanno dato tranquillità, perché nel momento peggiore, quando pensavo di dovermi fermare a lungo, mi hanno detto che avevo tutto il tempo di recuperare con calma. Ciò mi ha messo tanta fiducia. È bello avere alle spalle un corpo sportivo che ti lascia i tuoi tempi in un momento tanto difficile».
Prima di tutti questi problemi e della corsa contro il tempo che ti sei trovato a fare, avevi lavorato su qualcosa in particolare?
«Si. Per quanto riguarda il tiro, ho cambiato ancora calciolo. Anche se già lo scorso anno mi trovavo bene, abbiamo fatto qualche modifica, soprattutto sui caricatori, per risparmiare ancora qualche secondo. Io e Armin Kasslatter avevamo le idee chiare su come farlo e sono felice del nuovo calciolo. Sono sempre felice quando collaboro con lui.
Al di là poi di questa novità, ho lavorato molto sulla tecnica nello sci di fondo, in quanto quando sono stanco tendo a mollarla un po’. Stiamo lavorando su questo aspetto, ovviamente l’incidente ha rallentato tutto, ma migliorare questo aspetto è un obiettivo».