Fuori dalle gare, Sebastian Samuelsson è spesso protagonista di interviste che spaziano ben oltre il suo ambito di pertinenza. Non si tira mai indietro, nemmeno quando le domande o l’argomento di discussione sono delicati e spinosi. Questo gli ha dato la nomea di personaggio "polemico" ma, può piacere o non piacere, non si può negare che ci metta la faccia o non si esponga in prima persona su tematiche importanti.
Dall’ambiente (ricordiamo le sue critiche all’azzurra Dorothea Wierer per i suoi spostamenti poco green) al doping, passando per la politica (nell’anno olimpico si schiero contro il governo cinese e a favore delle minoranze etniche vessate dal governo di Pechino), nel corso della sua carriera sono state molte le circostanze in cui ha detto la sua. Si può dire, ormai, che spera anche che gli vengano fatte domande al di fuori dello sport durante le interviste.
«È quello che faccio. In un certo senso, è anche divertente parlare di altre cose, si può pensare un po’ di più» racconta Aftonbladet.
Quest’oggi, rimanendo in ambito sportivo, nel suo mirino – gioco di parole non fu mai tanto azzeccato – addirittura il CIO e la figura del suo Presidente, Thomas Bach. Il quotidiano svedese gli ha chiesto di sviluppare meglio un concetto che qualche tempo fa ha espresso sulla piattaforma X (ex Twitter): “Dodici anni sono stati 12 di troppo adesso basta con la leadership di Bach”.
Questo commento è arrivato a seguito della proposta, avvenuta durante la sessione del CIO di ottobre a Mumbai (India), di tre membri del CIO di cambiare le regole per estendere il mandato di Bach oltre il limite di 12 anni.
«Sono molto sorpreso che si inizi a parlare del superamento del limite di tempo per il Presidente del CIO. Quando si parla di altri luoghi in cui questo viene, penso alla Russia, che aggira le regole che servono per un funzionamento democratico e positivo. Penso poi che Thomas Bach abbia perseguito una linea che non è la migliore per lo sport, ma piuttosto per lui e i suoi compagni di squadra.»
Chi dovrebbe sostituirlo, allora? Questo non sta a lui dirlo, anche se cita Sebastian Coe che attualmente riveste il ruolo di Presidente della Federazione Internazionale di Atletica Leggera, un nome che gira in questo momento negli ambienti sportivi tra i papabili alla successione.
«Il problema è che per raggiungere quella posizione, per come è strutturata oggi l’organizzazione, è più importante essere amici di tutti e non distinguersi, piuttosto che essere dissidenti. Non so se al momento ci sia un buon candidato.»
Se però potesse scegliere, il suo candidato ideale verrebbe proprio dall’IBU e sarebbe un suo connazionale: si tratta neanche a dirlo del presidente dell’IBU, Olle Dahlin.
«Penso che Dahlin abbia fatto un ottimo lavoro nell’IBU. Potrebbe diventare Presidente del CIO»
Samuelsson ritiene che questo non un caso isolato nello sport, relegato cioè esclusivamente CIO, ma coinvolga in generale tutte le Federazioni, nazionali e internazionali.
«Tutti questi tipi di organizzazioni attraggono persone che vogliono molto potere e influenza e poi rimangono lì per dodici anni, diventando sempre più corrotte ogni anno che passa. Purtroppo, succede troppo spesso»
E questa stagnazione ai vertici, lamenta il campione del mondo della Mass Start in carica, sono sempre più evidenti le discrepanze tra la base del movimento sportivo, costituita da giovani, e la sommità, a causa del mancato ringiovanimento e la chiusura verso temi o necessità che rispecchiano i tempi che corrono, con la conseguenza inevitabile che «si rimane fermi allo stesso punto”
Ecco perché per il 26enne è importante essere così aperti a parlare di certi temi: «Queste sono questioni che riguardano me e noi come atleti. Noi atleti siamo una parte importante dello sport, quindi è importante far sentire la nostra voce e non lasciare che i vecchi facciano esattamente quello che vogliono.»
Biathlon – Sebastian Samuelsson si scaglia contro il presidente del CIO, Thomas Bach: “Sono stati 12 anni di troppo, adesso basta”
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