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Sci di fondo

Sci di fondo – Il peso e i farmaci, la voce della vergogna che ha accompagnato la carriera di Charlotte Kalla raccontata nella sua biografia

Charlotte Kalla è tornata alla ribalta in questi giorni per la pubblicazione della sua biografia dal titolo “Skam deg den som gir seg” (trad. Vergogna per coloro che si arrendono) in cui ripercorre la sua lunga carriera coronata di ori olimpici e mondiali, nonché della vittoria del Tour de Ski, e conclusa al termine della stagione 2021-22.
Nel libro, scritto in collaborazione con il giornalista del Dagen Johan Esk, ha riportato a galla momenti delicati della sua vita dentro e fuori lo sport, come il bacio ricevuto contro la sua volontà e inaspettatamente da Peter Settman nel corso del Gala dello Sport del 2008.
Dalla Svezia, continuano ad arrivare stralci della biografia che parlano di un’atleta che, come tanti, ha avuto i suoi momenti di fragilità e che, a discapito dell’immagine di stella della sua disciplina, ha corso anche dei rischi.
Il fil rouge del libro, un concetto che ricorre molto spesso, spiega Expressen, è “la voce della vergogna”, come viene chiamata nel libro. Nella sua ricerca della perfezione, il peso era uno degli aspetti che cercava di ottimizzare. Quando nel post-stagione faceva le sue valutazioni, spesso si sentiva in colpa, e sempre troppo spesso il dito veniva puntato contro il peso. Un argomento tremendamente attuale e su cui oggi moltissime atlete cercano di essere aperte per cercare di rimuovere lo stigma soprattutto in favore delle giovani generazioni. Fino a qualche anno fa, purtroppo, ancora un taboo e ancora trattato nel modo sbagliato.
“Andavo a caccia di un paio di chili. E non ci sono mai arrivata. Già all’inizio della mia carriera avevo ricevuto un commento che mi è rimasto impresso. Una persona a me vicina mi disse: "È davvero incredibile che tu sia riuscito a vincere la medaglia d’oro ai Campionati del Mondo Junior, visto che allora eri piuttosto grassoccio". Dopo quelle parole ho avuto un’immagine diversa di me stessa, non mi ero mai vista come una persona grassottella. Come ho fatto a non accorgermi di essere grande? Forse avevo una percezione sbagliata di me stessa”
Prima delle Olimpiadi del 2010 era riuscita a perdere peso e due anni dopo voleva farlo seriamente. Era carica e motivata, pesava il cibo per ottenere abbastanza energia ma perdere comunque qualche chilo, ma a differenza della prima volta non stava più funzionando. E quando i chili non volevano saperne di sparire, arrivò a punire sé stessa e il proprio corpo con comportamenti estremi. Ad un panino extra seguivano da porzioni extra e poi i dolci.
"E se ero così inutile e non potevo resistere a una porzione in più e a un dessert, allora era meglio che mi fossi davvero viziato. Ho mangiato dei dolcetti anche se sapevo che in realtà non erano buoni, ma mi ero già rovinata. Ero sola con i miei pensieri. Non c’era nessuno a cui volevo dirlo. C’era così tanta vergogna intorno all’argomento. Mi vergognavo del cattivo carattere che avevo”
Un pomeriggio di settembre, qualcosa scattò nella sua testa.
"Era tranquilla sulla strada, nessuno mi vedeva. Avrei voluto vomitare quello che avevo mangiato. Ho provato e riprovato. Ma non ha funzionato. Non avevo mai provato a vomitare il cibo prima. Sarebbe stato vergognoso anche solo pensarlo. Poi passare da lì all’azione era un passo che non pensavo di fare. Il fatto che non ci fossi riuscita rendeva le sensazioni ancora più strane. Esausta, mi sono seduta in macchina e ho guardato nello specchietto retrovisore. C’era qualcosa di strano nel mio sguardo. Il bianco degli occhi era rosso. Mi ero sforzata così tanto quando ho provato a vomitare che i vasi sanguigni sono scoppiati. Mi vergognavo ancora di più e speravo che nessuno mi vedesse”.
Col senno di poi, la 36enne non pensa che inseguire quei chili fosse la strada giusta per diventare uno sciatore migliore. Il prezzo era troppo alto.
Un secondo aspetto, che richiama al concetto della vergogna, è sicuramente l’uso dei farmaci, come riportato da SVT.
Nel 2006 a Kalla fu diagnosticato l’asma quando tutti furono sottoposti a dei test, nonostante non avesse mai avuto grossi problemi. Dieci anni dopo, ha avuto nuovamente problemi ai polmoni e ha effettuato nuovi test in ospedale per l’asma. Pur non mostrando nulla, lei ha chiesto aiuto al medico della nazionale Per Andersson e insieme i due hanno deciso di testare un farmaco broncodilatatore, da usare al bisogno.
Quasi nessuno era a conoscenza all’epoca che la svedese stesse facendo uso di farmaci per l’asma e né lo ha detto dopo un episodio di fibrillazione cardiaca (risultato dell’uso di farmaci per l’asma accompagnati con la caffeina) nemmeno ai suoi compagni di squadra. 
"Abbiamo scelto di non parlare mai apertamente del fatto che avevo testato la medicina per l’asma prima della gara di Ruka. Nemmeno gli altri atleti della Nazionale lo sapevano. Non ho osato dire loro nulla" scrive Kalla nel libro "Il motivo era tutta l’attenzione intorno alla Norvegia e ai suoi farmaci per l’asma. Il dibattito riguardava il fatto che si trovavano al confine con il doping. C’erano molte cose poco chiare su chi utilizzasse i medicinali per l’asma e perché venissero utilizzati in quantità così elevate"
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