Dal 19 al 27 settembre, la Val Martello ha ospitato il raduno congiunto della nazionale juniores e giovani con il gruppo “AIN”. Erano presenti, quindi, i nazionali juniores e giovani, Fabiana Carpella, Carlotta Gautero, Alice Pacchiodi, Astrid Plosch, Ilaria Scattolo, Birgit Schölzhorn, Davide Compagnoni, Cesare Lozza ed Alex Perissutti. Oltre a loro, a formare il gruppo AIN vi erano: Nayeli Mariotti Cavagnet, Eva Hutter, Matilde Giordano, Fabiola Miraglio Mellano, Hannes Bacher, Michele Carollo, Andrea Cecchellero, Davide Cola e Nicola Giordano.
Sei gli allenatori che hanno seguito gli atleti in queste due settimane, a cui è stato presente anche Fabrizio Curtaz, indicato dal dt Klaus Höllrigl come responsabile del progetto Atleti di Interesse Nazionale: Samantha Plafoni, Aline Noro e Pietro Dutto, come allenatori della nazionale juniores, mentre Luca Ghiglione, Jan Kuppelwieser, Simon Leitgeb e Lorenzo Mauro al seguito degli AIN.
«Sicuramente è stato un raduno molto positivo – ha affermato Pietro Dutto a Fondo Italia – è bello vedere a che punto sono i giovani che sono appena al di sotto delle nazionali. Anzi, direi che come livello non sono affatto distanti, visto che parliamo di giovani che hanno già dimostrato qualcosa, non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale. Sapevamo che il livello medio sarebbe stato alto».
L’allenatore delle Fiamme Oro, al suo quarto anno nei quadri della nazionale juniores, ha ammesso di essere rimasto colpito soprattutto da una cosa: «Ciò che stupisce – ha affermato Dutto – è quanto sia cambiato il biathlon, perché oggi è molto più facile gestire questi giovani. Anni fa era più complicato lavorare con una nazionale juniores, perché all’inizio bisognava un po’ sgrezzare gli atleti. Ora, per merito anche dei comitati e dell’evoluzione che ha avuto la disciplina nel nostro paese, arrivano più preparati e ciò facilita il nostro lavoro. Non siamo costretti a partire dalla base, dal punto di vista tecnico sono abbastanza pronti sia nel fondo che al tiro, quindi possiamo concentrarci su un lavoro qualitativamente migliore. È bello constatare come questi atleti arrivino in squadra già molto evoluti. Ciò significa che il nostro movimento ha avuto una bella crescita in questi anni. Il nostro livello medio si è alzato».
Facciamo un punto della situazione sulla vostra squadra juniores. Come è andata la preparazione?
«Direi bene, a parte i vari infortuni che abbiamo avuto. Durante la pausa primaverile, Carlotta Gautero si era operata ai tibiali ed Alice Pacchiodi era reduce da intervento al menisco. Siamo quindi partiti con queste due atlete che avevano un piccolo gap, facilmente recuperato da Carlotta in poche settimane. Alice ha dovuto fare più attenzione nel corso dell’estate, ha svolto allenamenti alternativi come bici e nuoto, e lentamente abbiamo reintrodotto gli skiroll. Nell’ultimo raduno siamo però rimasti molto colpiti da quanto abbia lavorato bene, seppur con altri strumenti, visto che ha fatto benissimo nei test interni che abbiamo svolto. Per quanto riguarda i maschi, abbiamo avuto solo un problema con Christoph Pircher, che si è infortunato ai Campionati Italiani. Anche lui però è quasi recuperato. Sono molto fiducioso, sono convinto che alcuni possano fare molto bene, fino ad affacciarsi anche a livello senior in IBU Cup».
A proposito di Gautero, siamo rimasti tutti impressionati dalle sue prestazioni ai recenti Campionati Italiani Estivi. Dopo delle performance del genere, come si riesce a far restare l’atleta con i piedi saldi a terra?
«A Forni Avoltri abbiamo deciso di far gareggiare gli atleti nelle rispettive categorie di appartenenza. Sapevamo delle sue grandi qualità, così abbiamo deciso di andare oltre il risultato e concentrarci soprattutto sugli aspetti tecnici. La nota positiva, che dimostra la maturità di questa ragazza, è che dopo la gara non era soddisfatta di come aveva sciato nella sprint, così abbiamo parlato perché anche a mio parere tecnicamente avrebbe potuto fare meglio. Seppur ha avuto un passo di altissimo livello, grazie al suo ottimo motore, non era al cento per cento delle sue possibilità. Già il giorno successivo, in alcuni aspetti è piaciuta di più. Dobbiamo poi circoscrivere le competizioni di fine agosto nell’ambito delle gare estive, utili per capire gli aspetti su cui lavorare e trarre stimolo. Anche il fatto che lei per prima lo abbia detto, significa che non si è concentrata sul risultato ma sulla performance, sulla sua tecnica. Per il resto, anche se è la più giovane del gruppo, lei si era già integrata in squadra nel corso dei Mondiali Junior dello scorso anno».
Insomma, una dimostrazione di grande maturità.
«La cosa più bella è che ho visto una maturazione generale dalle nostre atlete. Ho riscontrato, per esempio, dei segnali molto positivi da Ilaria (Scattolo, ndr), che è reduce da una stagione un po’ difficile, ma ha delle grandi potenzialità che sono convinto mostrerà.
Sono rimasto molto colpito da Bibi (Birgit Schölzhorn), che sta andando forte e ha un gran bel potenziale. È migliorata tantissimo, finalmente ha conquistato la nazionale e sono convinto che andrà tenuta in considerazione nel corso della stagione. Abbiamo poi atlete molto competitive come Fabiana (Carpella, ndr) e Astrid (Plosch, ndr) in cerca di conferme, anzi di un ulteriore step.
In generale, tranne Francesca (Brocchiero, ndr), tutte facevano parte di questo gruppo già ai Mondiali giovanili dello scorso anno. In questi mesi si sono integrate bene, è nato un bel gruppo, molto affiatato».
Nel raduno di Martello erano assenti, oltre a Pircher infortunato, anche Marco Barale, Nicolò Betemps, Felix Ratschiller e Fabio Piller Cottrer, che hanno lavorato con il secondo gruppo della nazionale maggiore maschile. Immagino che Saverio Zini le avrà già fatto un recap del raduno.
«Il raduno è andato bene, è stato duro, anche perché c’è stata tanta mole di lavoro dopo la pausa estiva. Tutti hanno reagito bene e sono soddisfatto dei feedback che ho ricevuto. A proposito, ci tengo a dire che la cosa bella è il dialogo costante che abbiamo tra tutti noi tecnici della nazionale. Partendo da Riccardo Romani, con cui io e Saverio (Zini, ndr), siamo sempre in contatto, Mirco Romanin e Andrea Zattoni. Con gli allenatori che si occupano della parte organica mi sento tutti i giorni, anche se ovviamente mi interfaccio pure con quelli di tiro».
La programmazione è quindi la stessa?
«Ovviamente i periodi di carico e scarico coincidono proprio per permetterci di lavorare anche insieme in queste occasioni. Poi, ognuno adatta le settimane in base al livello e ai volumi dei vari atleti. Nel caso dei due raduni con la squadra B, abbiamo concordato il programma insieme a Riccardo Romani, per andare in linea con i vari obiettivi delle settimane.
Sicuramente la decisione di far allenare i nostri 2002 e 2003 con la squadra B in alcuni raduni è stata una scelta positiva. Essi hanno avuto un assaggio del confronto con squadra superiore, quello che ci auguriamo possano poi avere anche questo inverno. Sicuramente ciò ha dato loro dei nuovi stimoli. Inoltre, avere l’opportunità di allenarsi nel tunnel di Oberhof nel mese di settembre rappresenta un bel vantaggio».
In Val Martello, i 2004 sono rimasti ad allenarsi con voi. A che punto sono? Quanto sono distanti dagli altri?
«Chiaramente, all’inizio con loro si partiva da un livello leggermente inferiore rispetto agli altri. Nei primi mesi abbiamo quindi svolto con loro un lavoro che con gli altri avevamo già fatto. È stato stimolante e ha già portato dei buoni risultati. Un piccolo gap c’è ancora, ma è dato soprattutto da età ed esperienza».
In parte ne ha parlato già in precedenza. Quanto è cambiato il mondo giovanile in questi anni, confrontandolo a quando era uno junior lei? I giovani biatleti di questa generazione sono diversi da voi?
«È cambiato tanto, sicuramente loro hanno la fortuna che, nel nostro paese, il sistema biathlon è cambiato in positivo, perché sono più seguiti rispetto a noi, anche a casa. Non va sottovalutata, l’evoluzione delle strutture italiane, che è stata positiva. Adesso, più o meno dappertutto c’è una pista da skiroll con poligono, quasi tutti i club che fanno biathlon danno la possibilità ai giovani di allenarsi in strutture di alto livello. Per quelli della mia generazione non era così. Almeno chi, come me, veniva da una regione come il Piemonte, era molto svantaggiato rispetto ad atleti che avevano a disposizione strutture di alto livello. Io avevo appena due sagome messe in un prato, che comunque avevo grazie al massimo impegno dello Sci Club Entracque Alpi Marittime, a cui devo moltissimo. Altri miei coetanei, invece, avevano Anterselva, dove c’erano pure allenatori in grado di seguirli sempre. Adesso, invece, siamo strutturati per farlo in ogni regione. Credo sia la chiave vincente del biathlon italiano, abbiamo un sistema che funziona anche a casa. I nostri giovani, oltre a quanto accade durante i tanti giorni di ritiro, possono essere seguiti bene anche in settimana, cosa che in certi allenamenti è fondamentale».
Lo scorso anno Elia Zeni è partito dalla nazionale juniores arrivando fino ai Mondiali Assoluti. Pensa che ciò abbia dato maggiori motivazioni ai suoi ex compagni?
«Questa domanda andrebbe fatta a loro. Posso però dire ciò che ho percepito io, in quanto li ho sentiti spesso autoconvincersi, dire che se c’è riuscito un loro ex compagno di squadra possono farlo anche loro. Ritengo che questi ragazzi non siano troppo lontani da chi è sopra e sento tanta voglia di raggiungere i livelli di Elia».