È un’intervista senza peli sulla lingua quella che Jelena Välbe ha rilasciato alla programma “In Due Parole” dell’Agenzia di Stato russa RIA-Novosti. La presidente della Federazione Russa di Sci ha idee molto forti su diversi argomenti di grande attualità, e dimostra di non avere alcuna paura di esporsi nell’affermarle con decisione, indipendentemente dalle conseguenze.
Dalle nostalgie per l’Unione Sovietica, passando per le sue simpatie per Lavrov e arrivando alla questione di Isinbayeva, considerata in patria come una traditrice, Välbe ha affrontato diversi argomenti legati allo sci e allo sport in generale. Qui di seguito alcuni degli interventi più particolari.
“Sono contraria alla chiusura immediata delle porte ovunque” ha dichiarato a proposito delle Olimpiadi “Tenendo conto che non abbiamo alternative serie. Riuscite a immaginare quanti atleti potrebbero rimanere senza nulla? Non parlo di quelli che sono già diventati campion olimpici, ma di quelli che verranno dopo di loro. Oltre a essere il titolo può importante per qualsiasi atleta, è anche quello che più paga i dividendi. Non solo soldi e auto, ma anche una borsa di studio a vita, il titolo di Maestro Benemerito dello Sport (onoreficienza russa, ndr). Non c’è modo di guadagnare tutto questo da nessun’altra parte in questo momento.”
“Sono profondamente convinta che il CIO non sia più un’organizzazione sportiva, ma piuttosto politica." ha continuato, ribadendo come un leitmotiv la natura politica dell’attacco allo sport russo "Naturalmente, dobbiamo cercare altri formati, forse anche insieme al CIO. Come possiamo vedere, Olimpiadi sono difficili da accogliere anche per gli altri Paesi, quasi imposte. Sono molto costose ed economicamente ingiustificate. I Paesi ospitanti sono tenuti a spendere miliardi solo per uno spettacolo. In pochi Paesi tutti gli impianti rimangono e la gente li usa come eredità del movimento olimpico. Nella nostra situazione, abbiamo bisogno di un’organizzazione alternativa seria. Magari è possibile combinare l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e i BRICS ma non va bene per gli sport invernali”
Secondo le raccomandazioni del CIO gli atleti russi, che ad oggi sono banditi dalle competizioni internazionali dalle singole Federazioni Internazionali, potrebbero essere ammesse ai Giochi Olimpici, qualora fossero favorevoli ad indossare una divisa neutrale e a competere senza bandiera o inno, in più firmando una dichiarazione di contrarietà alla guerra. Su questo argomento, l’ex fondista è ancora più dura, richiamando quello che secondo lei è una sorta di “doppiopesismo” da parte dell’Occidente dei confronti della Russia. “Quante guerre ci sono nel mondo ora? Quanti sono già sul sentiero di guerra? Per qualche ragione, nessuno li umilia. E questa è una stupida umiliazione di tutto il paese! E ancora a noi: "Vai, rinuncia all’inno e alla bandiera, firma la dichiarazione, tradisci tua madre". È mia profonda convinzione: al diavolo le Olimpiadi allora. Ora non è il momento in cui possiamo permetterci di andare senza bandiera e inno. Non dovremmo dire che stiamo boicottando. Non boicottamo, ma semplicemente non andremo in una situazione del genere. Nel paese, non possiamo generare discordia. Alcuni diranno: "Sì, ragazzi, vi capiamo, avete una breve vita sportiva". E altri, i cui figli sono nella zona dell’Operazione Militare Speciale, diranno: "Siete lì con una bandiera bianca, traditori, andiamo, solo per guadagnare soldi e fama"”.
Senza troppe sorprese anche la WADA, che in questi giorni ha ribadito la non conformità dell’Agenzia Antidoping Russa al Codice, è stata attaccata: “Anche WADA deve cambiare in qualche modo. C’è corruzione e denaro, ma non c’è giustizia in quest’organizzazione. Nessuno si è scusato con noi quando hanno inventato un sacco di storie. Non hanno avuto la forza di dire “Ci scusiamo con tutti coloro che sono stati assolti dal tribunale per gli attacchi di cuore e le umiliazioni causate”. E abbiamo vinto il processo a livello globale.”
È sicura però, che i suoi atleti non tradirebbero mai la patria per partecipare alle olimpiadi. Se così non fosse farebbe pressioni? “Le parole "spingere" e "persuadere" sono cose completamente diverse. Non sarebbe un comando, ma un’indicazione. Per ogni persona, troverei le parole più giuste per convincerli.” A tal proposito, tira in ballo anche Bolshunov, che a suo dire non gareggerebbe mai sotto bandiera neutrale per soldi e fama. Ma poi è più perentoria: "Non lo permetterei. Tutti i membri della squadra nazionale conoscono la mia opinione, non darei il consenso. Lo sport fin dall’infanzia dovrebbe insegnare l’amore per la Patria. Nessuno sceglie una patria, come la propria madre. E lì (fuori dalla Russia, ndr) non troveranno la loro patria."
Una vera e propria intervista al vetriolo, in cui Välbe non risparmia nemmeno la FIS. “A causa della stravagante FIS, abbiamo dovuto introdurre queste nuove distanze per le donne. Ho combattuto, ma poi il Ministero dello Sport ha detto che dobbiamo lavorare con i nuovi formati. I formati non sono nuovi – solo una nuova quantità. Gli uomini hanno sempre meno, la staffetta è più piccola, non c’è la 30km. Per le donne – una staffetta di 7,5 chilometri, 20km al posto di 15 e invece della 30km, 50km. Dimmi cosa ha pensato quella signora svedese che ha deciso di voler correre come gli uomini” Il riferimento va probabilmente a Frida Karlsson, tra le prime a battersi per l’equiparazione delle distanze tra uomini e donne.
Questo per lei significa solo una cosa: che queste trasformazioni sono fatte per facilitare l’ingresso negli sport agonistici delle persone transgender. "Spero davvero che le persone transgender non siano ammesse negli sport ciclici. Che gli uomini convertiti vadano al pattinaggio artistico, in modo che la gente li prenda in giro lì. Nella ginnastica ritmica." Non è un caso che prenda d’esempio il pattinaggio artistico: ha fatto molto scalpore in Russia, Paese in cui il pattinaggio artistico è sport nazionale, la presenza di una transgender finlandese nella cerimonia di apertura ai Campionati Europei di Pattinaggio di Helsinki "Probabilmente, sarà anche molto divertente. Ma negli sport ciclici, no. In generale, ora suggerirei al più grande leader dell’intero movimento sportivo, Thomas Bach, di aprire urgentemente un nuovo Comitato Olimpico Internazionale e di chiamarlo Gender-overgender, qualcosa così. E lasciasse che tutte queste persone, il cui cervello per qualche motivo ha smesso di funzionare normalmente, e che, a quanto pare, non sono nate da mamma e papà, ma da qualcos’altro, competano lì. E, noi persone normali, lasciateci fuori da tutto questo.”