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Sci di fondo

Fondo – Klæbo a 360° (1a parte): “E’ come se Lebron James insegnasse i tiri liberi nelle scuole”

Il "Devon Kershaw show", la rubrica che l’ex fondista tiene con FasterSkier ha avuto un ospite d’eccezione. Johannes Hoesflot Klæbo come tutti sapranno si trova in Utah (USA), preparandosi in solitudine per una stagione a cui non sa ancora se prenderà parte viste le note vicende. A Park city – luogo sacro per lo sci di fondo – il fortunato giornalista di FasterSkier ha potuto chiacchierare con lui per un’ora abbondante.
E’ come se Lebron James insegnasse i tiri liberi nelle palestre locali. Godetevi questa puntata perché è un’altra cosa rispetto alle altre”. Così Nathaniel Herz ha aperto, insieme a Devon Kershaw il podcast in cui poi è stata trasmessa l’intervista, anzi, la chiacchierata che il giornalista ha potuto fare con il fondista più forte e dominante degli ultimi anni. 
Il luogo scelto da Klaebo è speciale, una regione meravigliosa che ha ospitato le Olimpiadi del 2002 e che le ospiterà di nuovo a breve. “Basta guardare fuori dalla finestra – afferma il fuoriclasse che anche nell’estate 2022 aveva passato un paio di settimane nello Utah – per capire che le condizioni siano perfette per allenarsi. Già nel 2020 ero deciso a venire qui, ma poi per il Covid-19 non abbiamo potuto farlo – afferma – l’anno scorso è stato organizzato tutto all’ultimo momento, il lunedì l’abbiamo deciso e il sabato eravamo in viaggio, quest’anno invece c’è stato modo di programmare tutto per il meglio. E’ abbastanza costoso qui, il che mi ricorda casa mia” scherza il 26enne. 
Klæbo ha anche avuto modo di presenziare un summer camp in uno degli istituti di Park City ed ha avuto la presenza di 50 bambini con i quali si è intrattenuto. Immaginate cosa possa essere avere il fondista più forte di tutti per un allenamento sulla velocità. “L’anno scorso ce n’erano circa 25, mentre quest’anno siamo comodamente arrivati a 50. Abbiamo fatto una piccola sessione di allenamento – racconta con l’umiltà che lo caratterizza –  tutti hanno avuto l’autografo, gli abbiamo dato il gelato, è bello vedere tanti bambini felici. Molti di loro potrebbero essere prossimi fondisti, siete oggettivamente messi bene, allenarsi qui è meraviglioso e in più sei in quota”.
In Norvegia – dice – è diverso, puoi fare salita o discesa ed è sempre un po’ la stessa cosa. Qui puoi trovare dei lunghissimi piani, perfetti se vuoi svolgere delle sessioni leggere. Dal primo giorno che sono venuto ho pensato che fosse il posto dove volevo allenarmi, anche se è strano vivere 8 ore indietro” afferma.
Le giornate americane? “l’allenamento è business”
Il fuoriclasse di Trondheim è l’esempio della meticolosità, niente è fatto a caso. Non ha un team che gli sta dietro negli Usa, ma è come se lo avesse. “Mio padre, la mia fidanzata e Megan (la fisioterapista americana) sono la mia crew. Sono sempre in contatto con mio nonno, gli chiedo qualsiasi cosa. Gli chiedo cose come quanto zucchero devo assumere durante l’allenamento, che ricopre gran parte della mia giornata. Ho io l’ultima parola su tutto ma lo chiamo comunque ogni mattina, funziona tutto benissimo grazie alla splendida relazione che abbiamo” conclude.
Le giornate non sono molto diverse da Eat-Train-Repeat (mangiare, allenarsi e dormire), è come un business tutto questo, e sono felice di svolgerlo al meglio. In primavera pensa – continua Klæbo – ci sono stati dei giorni in cui mi svegliavo, mi sdraiavo sul lettino del fisioterapista e quando mi alzavo tornavo a letto per dormire di nuovo" racconta.

Il norvegese ha disertato i raduni estivi della Nazionale, rinunciando a farne parte, e ha preferito allenarsi in compagnia del padre per più di un mese in quota. Il fuoriclasse è sicuramente la prima persona ad essere consapevole che l’eccellenza è fatta anche di sacrifici. Evidentemente così facendo riesce a mettere a punto il sistema "perfetto" per le sue caratteristiche. Oltre a essere tecnicamente un esempio per tutti, riesce a coadiuvare lo stato fisico durante la stagione in modo da essere competitivo anche nelle 50 chilometri che contano, perdendo una/due sprint all’anno.
Ma ti riconoscono? 
"Assolutamente no, nessuno. Pensa che un giorno siamo andati a giocare a golf con alcuni sconosciuti e ci siamo fatti diciotto buche assieme. Gli ho detto che ero qui per una specie di training camp – racconta Klæbo – A un certo punto ha voluto cercare su google chi fossi, incuriosito. Quando l’ha scoperto ha detto: oh S**t! Era molto sorpreso. E’ ben diverso da com’é in Norvegia" sorride lo scandinavo.

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