Biathlon | 18 agosto 2023, 18:00

Biathlon - Siegfried Mazet e il suo nuovo approccio: "In Norvegia mi sono adattato alla loro cultura, non sono lo stesso allenatore che ero con Fourcade"

Biathlon - Siegfried Mazet e il suo nuovo approccio: "In Norvegia mi sono adattato alla loro cultura, non sono lo stesso allenatore che ero con Fourcade"

Un’intervista molto interessante quella rilasciata da Siegfried Mazet ai colleghi di Le Dauphine. Nella prima parte, che vi abbiamo riportato ieri, l’allenatore francese della Norvegia si era concentrato su Johannes Bø, affermando che il campione norvegese anche quest’anno ha messo la famiglia al primo posto, saltando così diversi raduni. Per questo motivo, la sua condizione di forma è un punto interrogativo.

Interessante, però, anche la seconda parte dell’intervista, nella quale Mazet parla tanto di sé e di quanto la sua esperienza in Norvegia lo abbia arricchito, portandolo anche a cambiare approccio, in quanto un allenatore deve anche comprendere, rispettare ed adattarsi all’ambiente che trova.
L’allenatore della nazionale norvegese è convinto che se Martin Fourcade, da lui allenato tanti anni, vedesse il suo modo di gestire oggi la squadra norvegese, sarebbe sorpreso.
«È una questione di cultura – spiega Mazetin Norvegia non avrei mai potuto essere lo stesso allenatore che ero con Martin. Non avrebbe funzionato. Mi sono adattato molto a loro tenendo conto del loro modo di essere. In generale i norvegesi sono più tranquilli rispetto a noi latini. Con i francesi, mi è capitato di alzare la voce, mentre in Norvegia è successo al massimo due volte all'inizio, ma è entrato da un orecchio ed è uscito dall'altro. Era stato inutile, perché non avevano capito».

Insomma l’approccio con gli atleti è cambiato tanto. «La differenza è nel modo di dire le cose. Anche perché, quando parlo norvegese, non ho a disposizione tutto il vocabolario come se parlassi francese. Quindi ho dovuto adattarmi alle poche parole che ho e agli atleti che avevo davanti per far passare il mio messaggio in modo chiaro. L'ho capito dal primo raduno ed è stata la mia prima grande sfida. È andato rapidamente bene, ma per essere efficace mi ci sono voluti due anni».

Mazet ha però ammesso che andare ad allenare all’estero, scoprire una nuova realtà, è un’esperienza esaltante: «Quando ho scelto di lasciare la squadra francese per la Norvegia, volevo confrontarmi e vedere se potevo avere successo altrove. Ci sono andato un po' ingenuamente, non sospettavo tutto quello che ho detto. Avevo il mio metodo, ma doveva essere adattato. Ho dovuto capire anche il peso delle parole e della cultura soprattutto! I norvegesi non vanno in bicicletta tanto quanto noi in Francia, perché piove a giorni alterni, quindi è meglio andare a correre. Fanno i loro cinque pasti al giorno, ma d'estate è buio da mezzanotte alle quattro del mattino. Ci sono molte cose che ti fanno capire come mai le persone lavorano in un certo modo, perché sono così. È stato molto arricchente ed è stato integrando tutto ciò che vedevo della loro vita, della loro cultura e del loro modo di vivere che ho potuto adattarmi a loro e mettermi nei loro panni».

Al termine di questo ciclo olimpico, Mazet sembra intenzionato ancora a proseguire la sua carriera da allenatore: «Ho fatto il 2008-2016 con la Francia. Quindi lì, alla fine della stagione, sono passato alla Norvegia e sono già passati diversi anni. Il mio contratto dura fino ai prossimi Giochi Olimpici (Milano Cortina 2026). Comincio a farmi qualche domanda sul mio futuro, ma oggi amo allenare, amo il mio lavoro e non riesco a vedermi fare altro. Ho ancora voglia di allenare, di avere queste emozioni, questa sfida, l’equilibrio tra il rischio di perdere e la vittoria. Mi fa vibrare! E finché avrò quel fuoco, continuerò ad allenare».

Giorgio Capodaglio