Biathlon - 15 agosto 2023, 19:03

Biathlon - Intervista a Fabio Cianciana: "Mai smettere di migliorare al tiro; ecco su cosa lavoriamo con Wierer, Giacomel, Bionaz, Zeni e Braunhofer"

Foto credit: Dmytro Yevenko

Domenica scorsa, Dorothea Wierer ha chiuso al quarto posto la gara del City Biathlon a Wiesbaden, disputando una buona prova, nella quale ha utilizzato sei ricariche e ha un po’ risentito della durissima settimana di lavoro hit con la squadra maschile a Ruhpolding.

Partendo dalla gara di Dorothea Wierer, abbiamo contattato Fabio Cianciana, allenatore di tiro del gruppo che vede la finanziera altoatesina insieme ai quattro principali interpreti della squadra maschile (senza considerare per il momento Hofer, che ancora non si è allenato con loro, ndr). Con l’esperto allenatore valdostano del CS Esercito, abbiamo fatto il punto della situazione sulla preparazione dell’altoatesina e dei suoi quattro compagni, Tommaso Giacomel, Didier Bionaz, Elia Zeni e Patrick Braunhofer.

Buon pomeriggio Cianciana e buon Ferragosto. Domenica scorsa, Dorothea Wierer ha partecipato al City Biathlon di Wiesbaden. Cosa pensa della sua prestazione? Cosa le ha detto dopo la gara?

«Dorothea è sempre molto positiva, anche nell’ultimo raduno l’ho vista bene, magari un po’ stanchina ma ci sta.  
In fin dei conti, il nostro lavoro è mirato all’inverno, se gli atleti non sono stanchi, allora qualcosa non quadra. Oggi è importante esserlo, perché questo lavoro darà frutti più avanti.
Nonostante i grandi carichi di lavoro, anche a Ruhpolding, nell’ultimo raduno, ha sparato molto bene sia a terra che in piedi con varie intensità, sparando tanti colpi in anaerobico e altrettanti in veloce, tenendo percentuali sopra al 90%.  Sono buoni segnali. Se analizziamo la gara di Wiesbaden, tolto il tre della seconda serie a terra, ha sparato molto bene, soprattutto in piedi. Nella seconda serie, forse ha avuto un problema di posizione o un po’ di aria non valutata nel modo opportuno.
Personalmente, nell’ultimo raduno come per tutta l’estate, l’ho vista molto bene, determinata e concentrata come al solito, con ottimi risultati al tiro».

State alternando raduni con l’intera squadra maschile ad altri in cui avete solo cinque atleti. Cosa cambia in questi ultimi? Si lavora diversamente?

«Si riesce a lavorare di più singolarmente e in modo specifico sulle aree di miglioramento di ogni singolo atleta.
A Ruhpolding ho visto che il gruppo sta bene, sia fisicamente che al tiro, dove qualcuno magari ha un po’ di alti e bassi, altri solo alti. Dall’altra parte, è stata una settimana molto dura a livello mentale e fisico, abbiamo fatto tantissima intensità, nove lavori in otto giorni, in alcune occasioni anche due nella stessa giornata. È stato un raduno duro sia fisicamente che mentalmente, ma abbiamo avuto delle risposte positive.  
Ci tengo poi a sottolineare che abbiamo anche avuto l’opportunità di fare dei test sul campo con il CeRiSM, con k5 con maschera. Abbiamo notato che i valori dei test in laboratorio rispecchiano quelli in pista. Ciò ci fa capire che quando andiamo sul rullo e vediamo che un atleta sta bene, significa che lo stesso sarà anche in pista».


Insieme a Lisa Vittozzi e Dorothea Wierer, anche Tommaso Giacomel è stato invitato al Martin Fourcade Nordic Festival, a conferma che è sempre più considerato nell’ambiente. Il trentino come sta vivendo questa estate, dopo gli ottimi risultati della passata stagione?

«Posso soltanto dire che Tommy ha i piedi per terra come sempre, sta lavorando sodo e con la consueta serietà. Lo conosco da anni, pretende tanto da sé stesso, come sempre. Dal punto di vista fisico l’ho visto bene. Anche al tiro sta lavorando nella direzione giusta. Nel tiro a terra ha fatto un bel passo avanti. In passato questo era un po’ il suo tallone d’Achille, ma già l’anno scorso aveva avuto delle buone percentuali. Forse, mentalmente, ancora non era convinto di farlo nel modo giusto, ma ora lo sto vedendo prendere maggiore fiducia, tanto che sta sparando sempre meglio.
Ovviamente il tiro in piedi è ancora il suo cavallo di battaglia, è veloce e preciso. Stiamo lavorando sulla costruzione del colpo, perché a volte è un po’ troppo irruento, quando invece deve cercare di costruirlo meglio dedicando ad esso il tempo necessario. È un aspetto mentale, se sei bello lucido e concentrato, non rallenti nulla, magari all’esterno si ha la percezione che stai sparando più lentamente, ma in realtà finisci la serie sempre in 17 o 18 secondi. Vedo che anche su questo aspetto sta facendo molto bene. È sulla strada giusta, a volte ancora arriva la serie irruenta, ma lo percepisce anche lui, ha capito la differenza».


In un’intervista che ci ha rilasciato due mesi fa, Bionaz ha affermato che sta lavorando molto sul tiro in piedi.

«Si, con Didier abbiamo deciso di ripartire completamente da zero con la sua posizione nel tiro in piedi. Nel primo mese e mezzo è stato difficile, non tanto per il risultato finale, perché stava sparando con le percentuali dello scorso anno, ma perché faticava ad assimilare la nuova posizione.
Adesso, invece, ha trovato il giusto automatismo, è diventata la sua posizione, spende meno energie a trovarla, perché gli viene automatico. Anche nelle percentuali è migliorato, anzi nella settimana hit ha sparato sopra l’85% in piedi. Da terra è stabile, ma dobbiamo lavorare su alcuni aspetti come l’entrata sul bersaglio e il mira fine, la fase in cui si trattiene il respiro prima di far partire il colpo, che è molto delicata e a volte, quando un atleta è troppo sicuro, rischia di farla troppo breve e non mira il bersaglio nel modo giusto. Lo vedo bello motivato su questo aspetto. Sono convinto che riuscirà a trovare la quadra. Anche se da terra non ha grandi problemi, è giusto cercare sempre qualche spunto su cui lavorare, per non fermarci».


Infine parliamo degli altri due azzurri, Elia Zeni e Patrick Braunhofer.

«Per quanto riguarda lo specifico del mio lavoro, Elia e Patrick sono due tiratori, sono dotati da madre natura. Ovviamente, come ho detto in precedenza parlando di Bionaz, è sempre importante trovare obiettivi e stimoli nuovi in allenamento. Loro hanno una tecnica di tiro sopraffina, ma possono migliorare per esempio sulla forza che applicano sul grilletto. Su questo abbiamo lavorato a Ruhpolding, perché sul tiro non bisogna mai pensare di essere a posto, le criticità sono sempre dietro l’angolo, quindi in ogni raduno bisogna focalizzarsi su qualcosa.  
Cerchiamo sempre un’area di miglioramento per tenere alta l’attenzione. Ciò accade anche con la stessa Dorothea Wierer, che ha un tiro di altissimo livello e certamente non ha grandi aree di miglioramento. Eppure, con lei troviamo sempre dei piccoli obiettivi quotidiani su cui concentrarci, c’è un feedback continuo. Lei mi dice cosa ha notato nell’allenamento precedente e mi chiede di provare qualcosa per migliorare su una determinata area. Questo aiuta anche me a migliorare».


Come?

«Da lei ricevo determinati input e ciò mi aiuta nel lavoro con i giovani. Inoltre Dorothea insegna a tutti che non bisogna fermarsi mai, ma migliorarsi sempre. Volete sapere cosa mi ha detto qualche giorno fa?»

Certamente.

«Era lì che provava e riprovava al tiro, sempre con grande cura. Scherzando le ho detto che era già in clima da gara in vista di Wiesbaden. Allora lei mi ha risposto: “Chi si ferma, è perduto”. Ecco questa frase è fondamentale per un biatleta: mai fermarsi, perché al tiro ci sono sempre aspetti su cui lavorare».

Giorgio Capodaglio