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Sci di fondo

Federico Pellegrino parla a Fondo Italia dopo il Blinkfestivalen: “Mi sentivo indietro, ma queste gare mi danno fiducia: sto tornando sui binari giusti”

Federico Pellegrino è tornato a casa domenica sera stanco ma felice dopo intenso periodo di allenamento, ma anche le belle soddisfazioni avute dal Blinkfestivalen, che ha dato al campione valdostano tanta fiducia per il proseguio della preparazione.
Prima di dedicarsi completamente alla famiglia, a sua moglie Greta Laurent e al piccolo Alexis, cercando di sfruttare al meglio i giorni in famiglia che lo dividono dal prossimo viaggio, Pellegrino ha raccontato a Fondo Italia il suo Blinkfestivalen, non lasciandosi però andare tanto alle emozioni per i bei risultati ottenuti, la vittoria nella sprint e il secondo posto nella 15 km mass start, ma concentrandosi in particolare sugli aspetti legati alla preparazione, su quegli appunti che il poliziotto continua a prendere, in questo lungo percorso di scoperta del proprio corpo che si arricchisce sempre di nuove conoscenze.

L’azzurro è però partito da due episodi avvenuti lontano dalle gare, due allenamenti che gli hanno lasciato tanto: «Ci tengo a condividere con voi il fatto che in questi giorni a Sandnes ho avuto due bellissime sessioni di allenamento. La prima con i ragazzi della nazionale juniores, che erano su per l’International Junior Camp. Mi ha fatto piacere poter fare una bella skirollata e una chiacchierata con loro.
L’altra è invece avvenuta sabato mattina, prima della sprint, quando ci mi sono ritrovato a fare skiroll proprio con Johannes Klæbo. Abbiamo sciato un’ora e mezza assieme, chiacchierando tanto su diversi argomenti. È stato bello condividere con lui quel momento fuori dalle competizioni».  

Dopo questa interessante parentesi, Pellegrino ha parlato di come fosse arrivato al Blinkfestivalen convinto di essere in ritardo rispetto alla sua tabella di marcia. «Approcciavamo a queste gare dopo quattro settimane di carico – ha spiegato l’azzurro – nelle quali abbiamo fatto più di cento ore di allenamento. Sicuramente l’arrivo al Blinkfestivalen non era quello ottimale, ma bene o male credo fosse così per tutti, perché le gare estive si fanno più che altro per fare dei belli allenamenti di intensità, perché sfruttando l’adrenalina della gara, il fisico è più stimolato a dare il massimo. Questo era l’obiettivo del Blink.
Al di là di ciò, però, prima delle gare non avevo delle belle sensazioni, ragionavo con Markus (Cramer, ndr) sul fatto che probabilmente fossi in ritardo di condizione rispetto alla tabella di marcia. Ipotizzavamo fossi circa un mese indietro rispetto alle abitudini. In primavera ho perso tanti allenamenti di intensità e svariate ore per i molti problemi di cui vi avevo parlato all’inzio del raduno a Torsby (per leggere la precedente intervista, clicca qui). Da metà a giugno, sono riuscito però a prepararmi bene, molto spesso anche con i compagni di squadra.
Diciamo che gara dopo gara, questa distanza rispetto alla mia condizione ideale in questo periodo siamo stati costretti ad accorciarla (ride, ndr)».

Le competizioni hanno detto poi altro. «Rispetto all’anno scorso, quando ho preso parte a tutte le gare, questa volta non ho fatto il Lysebotn Opp, ragionando con Markus se che fosse meglio così visto che mi sentivo in ritardo.
Ho cominciato quindi dalla 50 km, nella quale avevo fatto meglio nella passata stagione. La gara è stata però diversa dal punto di vista tattico, quest’anno c’era tanto vento, quindi è stato fatto tanto forcing nelle salite. Lì, forse ho sprecato troppo cercando di stare con i primi, quando sarebbe stato meglio cercare di risparmiare di più in salita e rimanere nel gruppone. Nell’ultimo giro sono rimasto senza energie e negli ultimi chilometri mi sono staccato dal primo gruppo.

Nella altre gare, le due cittadine del venerdì e sabato, ho sfruttato le wild card, come invitato dall’organizzazione. Sicuramente partecipare alla mass start era una bella occasione per lavorare in bagarre e anche nella sprint ho giocato al meglio le mie carte. Diciamo che non mi aspettavo quella brillantezza che ho avuto allo sprint finale in entrambe le giornate, perché le quattro settimane di carico che abbiamo fatto erano quelle più dure in tutto il programma della nostra preparazione in questa stagione. Inoltre, io ho fatto anche una scappata a casa per un impegno politico riguardante lo sport. Vedere che nonostante tutto, sono riuscito a comportarmi così, mi ha reso molto contento. Ora so che anche sotto carico, il mio fisico può performare bene anche nella velocità.
È stato quindi un bel periodo di allenamento, che si è chiuso al meglio. Anche dal punto di vista mentale, queste gare danno fiducia, sto tornando con il treno sui binari giusti e questo rende ottimista anche per il prossimo periodo».

Si è parlato tanto della tecnica utilizzata da Federico Pellegrino in finale. L’azzurro ha voluto precisare le affermazioni da lui fatte a NRK: «Si è chiacchierato sul mio sprint finale in finale a Sandnes. Nella sprint la scelta di mettere il lungo nello sprint finale ha pagato e certo non è una tecnica che ha inventato Cramer, né io l’ho imparata da lui. Inoltre non sono un bell’interprete sugli skiroll, sui quali io scio come faccio sulla neve e non “skirollo” come i puristi, che è un’altra tecnica. Ho solo detto alla Tv norvegese che ho deciso prima della finale di affrontare così l’ultimo rettilineo, davanti e con il lungo, per scelta insieme a Markus, anche perché nella 15km e ai quarti con il classico “doppio” sentivo le braccia stanche».
Ora un periodo a casa per Pellegrino e i suoi compagni di squadra, poi a Ferragosto la partenza per la Norvegia, direzione Trondheim, con l’immediato impegno nel Toppidrettsveka, altra kermesse molto sentita e seguita in Norvegia. Al di là dei risultati, l’azzurro ha un’altra curiosità che vuole togliersi: «Voglio vedere come reagirà il fisico quando si troverà a gareggiare dopo un periodo di scarico quasi completo. Sono due situazioni che non si verificano mai in inverno, perché non si arriva mai alle gare né troppo carichi, come al Blinkfestivalen, né troppo scarichi, come faremo al Toppidrettsveka, o almeno a me non piace arrivare in queste due condizioni, ritengo che il fisico non performi al meglio.
In questo modo, riesco a stimolare il fisico a prendere quei segnali che possono essere utili per indirizzare la preparazione in vista di appuntamenti simili in futuro».

Sempre al lavoro, prendendo appunti sul suo personale diario anche a quasi trentatre anni. Non si finisce mai di imparare e scoprire sé stessi, Pellegrino lo sa bene.

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