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Sci di fondo

Sci di fondo – Intervista a Paolo Rivero, nuovo direttore tecnico del settore giovanile: “Vi spiego il nostro progetto”

Lo sci di fondo italiano guarda oltre le Olimpiadi del 2026, avviando un nuovo progetto sul settore giovanile che vedrà la Val di Fiemme come base logistica. A ideare e guidare questo progetto è Paolo Rivero, trentunenne originario della Valle Maira, in provincia di Cuneo, al quale il presidente della FISI Flavio Roda si è affidato, assegnando a lui il ruolo di direttore tecnico del settore giovanile.

Nonostante la giovane età, Rivero ha già grande esperienza essendo entrato nei quadri FISI nel 2016, quando l’allora responsabile del settore giovanile, Marco Selle, lo fece entrare come aiuto allenatore della squadra junior, per poi, due stagioni dopo, promuoverlo nel ruolo di allenatore prima degli uomini e successivamente delle donne. Nel 2021, Freddy Stauder, appena diventato dt, gli diede il ruolo di coordinatore del settore giovanile, mentre Luciano Cardini era il responsabile della squadra. Parallelamente, Rivero ha iniziato a ricoprire anche il ruolo di responsabile della Scuola Tecnici Federali delle discipline nordiche e anche della Coscuma per lo sci di fondo.

Le cose sono però cambiate la scorsa primavera. «Il 15 maggio il presidente Roda mi ha chiesto di ridisegnare un progetto per il settore giovanile – ha raccontato Rivero a Fondo Italiaassegnandomi il ruolo di direttore tecnico. Nonostante sia un ruolo molto impegnativo, sono ancora responsabile della STF e della Coscuma, dove sto cercando qualcuno che mi affianchi e magari in futuro possa anche sostituirmi, perché non sono una persona attaccata alla poltrona. L’importante è che le cose funzionino ed il lavoro sia portato avanti».

In cosa consiste il suo nuovo ruolo di Direttore Tecnico del settore giovanile?

«Sono impegnato su vari aspetti. In primis devo gestire e coordinare gli allenatori, fare da collegamento tra lo staff tecnico del settore giovanile e quelli il mondo senior. Molto spesso infatti mi sento con Markus Cramer. Inoltre mi spetta l’organizzazione dei raduni, anche del gruppo Atleti di Interesse Nazionale, quindi devo tenere i contatti con gli allenatori dei comitati regionali. Ci sono poi anche altri compiti da seguire, come fare da riferimento, insieme al mondo senior, per quello che riguarda la stesura del regolamento e del calendario, oppure tenere i rapporti con l’OPA, partecipando a varie riunioni, principalmente per quanto riguarda le categorie giovanili, under 20.
Inoltre devo anche organizzare la trasferta per il Mondiale Junior e Under 23, ma quest’anno fortunatamente è vicino a casa, disputandosi a Planica, anziché dall’altra parte dell’oceano come nella passata stagione.
Se possibile cerco anche di dare una mano confrontandomi con gli altri componenti della direzione agonistica, compresi coloro che collaborano su regolamenti e calendari, come Tommaso Tamburro, Anna Rosa e Michel Rainer, perché si cerca sempre di capire come migliorare il circuito giovanile, come distribuire meglio le gare e quali format utilizzare. Insomma agisco spesso da spalla o consulente in diversi ambiti, anche esterni all’area tecnica della squadra».

Il presidente Roda l’ha quindi chiamata per ridisegnare il settore giovanile. A questo punto può esporci il progetto che ha presentato? Come sono strutturate le squadre?
«Il progetto è nato da un’analisi dello stato di fatto. Qui volevo cogliere l’occasione per ringraziare Michela Andreola e Luciano Cardini, che insieme a Freddy Stauder hanno collaborato con me negli scorsi anni in questo settore.
Da quando ero io allenatore, ho notato sempre alcune criticità del sistema, in primis quella di riuscire a gestire con continuità gli atleti, allenarli, soprattutto durante il periodo invernale. Si è sempre arrivati all’inizio della stagione agonistica e poi gli atleti li trovi alle gare o li senti al telefono. Li vedi più spesso se vanno forte e riesci a convocarli in OPA Cup, diversamente li incontri solo ai Campionati Italiani o poco di più. Secondo me questo è sempre stato un grosso limite del nostro settore giovanile della FISI.
Ho voluto intervenire su questo, cercando di centralizzare il lavoro e farlo gravitare maggiormente attorno a un’area unica. Abbiamo scelto quella che in Italia si presta meglio a questo scopo, per strutture ricettive a basso costo, come possono essere le caserme dei gruppi sportivi militari, e strutture sportive che permettono di allenarti bene sia in estate che in inverno, in sicurezza e con la certezza di neve. Sto parlando ovviamente della Val di Fiemme.
Volendo gravitare in quell’area, ho pensato che la cosa migliore fosse cercare allenatori altamente competenti di quell’area, chiedendo loro di essere molto più presenti soprattutto in inverno. Sono contento di aver trovato la disponibilità di Stefano Corradini, che per molti anni è stato l’allenatore del Comitato Trentino, con il quale ho collaborato molto bene nel momento in cui avevo in squadra atleti che venivano dalla sua gestione. E l’altro allenatore è Matteo Betta, che negli ultimi anni ha sostituito Corradini portando avanti l’attività del Comitato Trentino. Lui è anche laureato in scienze motorie e ha le competenze giuste per svolgere questo ruolo.
Insieme a loro ci sarà sempre Fabio Pasini, sulla carta con il ruolo di skiman, ma lui è molto più di questo, perché si allena anche con gli atleti, dà loro consigli, parla con gli allenatori. È un uomo di esperienza che ho voluto mantenere nello staff. Quello è stato il primo punto del progetto.
Il secondo, che ad oggi non è nemmeno all’anno zero, ma diciamo meno uno, è quello di non voler blindare la squadra giovanile alla categoria under 20, ma dare possibilità di far parte di questa squadra ad atleti fino al 2° anno senior che rispetteranno determinati parametri di selezione. Non tutti resteranno ovviamente nella squadra giovani, magari qualcuno sarà in Squadra MiCo e quelli già pronti addirittura in A, ma altri potranno avere una continuità di lavoro. È importante avere la possibilità di mantenere un rapporto tra allenatore e atleta nel delicato passaggio ai primi anni della categoria senior. Senza dimenticare la scuola, perché gli atleti all’ultimo anno Juniores si suppone che l’abbiano già finita e possano quindi essere di stanza in Val di Fiemme.
Questi sono i due pilastri del progetto che ho presentato al Presidente».

Sembra quasi una sorta di centro federale.
«In un certo senso. Diciamo che di fatto l’organizzazione è quella di un centro federale. Anche se il contenitore ufficialmente non c’è, l’indirizzo è quello lì. La Val di Fiemme ha delle ottime strutture che penso in futuro possano anche fungere a questo ruolo. È un dato di fatto che concentrare l’allenamento in un unico punto permette agli allenatori di essere molto più presenti sul campo e lavorare quindi meglio.
Rispetto ai senior, probabilmente i giovani hanno più bisogno di essere seguiti in allenamento. Le necessità negli anni sono cambiate. La squadra junior è rimasta organizzativamente la stessa di vent’anni fa, ma gli atleti del 2005 non sono quelli degli anni ‘80, questo è chiaro.
Devo ammettere che pensavo che gli atleti sarebbero stati più spaventati da questo tipo di proposta invece, quando in occasione del primo raduno abbiamo spiegato loro l’opportunità che gli verrà data, sono stati tutti molto entusiasti. Ciò penso sia dovuto al fatto che vengono da realtà diverse dove magari qualcuno non ha compagni di allenamento del suo livello o età in grado di fargli da stimolo, mentre altri magari hanno i compagni di allenamento, ma non hanno una struttura in grado di supportarli con continuità. Molti di loro si sono quindi resi conto che questa sarà un’opportunità per essere seguiti al meglio».

Se l’idea è quella di costituire in futuro una squadra giovanile composta da atleti dell’ultimo anno junior e primi due anni Under 23, immagino che verrà implementato il sistema del gruppo AIN. In tal senso, cosa prevede questo progetto?
«Nelle ultime stagioni, il gruppo AIN faceva tre raduni, quest’anno li abbiamo riportati a quattro. Faranno trentatre giorni di raduno insieme alla squadra giovani, sempre nella stessa località e con gli stessi allenamenti. Due raduni saranno su neve.
Il gruppo AIN è molto importante, in quanto gli atleti rimangono sotto la gestione dei comitati ma hanno la possibilità di allenarsi insieme, approfittare di strutture e località di allenamento che magari a casa non avrebbero, confrontarsi tra di loro, altra possibilità utile a motivarli e dare loro stimoli tecnici generati dal confronto. Inoltre questi raduni servono anche agli stessi allenatori. È importante che i tecnici dei comitati regionali partecipino, perché i raduni AIN sono anche un’opportunità di confronto tra i tecnici della Federazione e gli allenatori dei comitati, dentro e fuori dagli allenamenti, far crescere insieme il sistema. Quando si collabora, vengono spesso fuori delle idee e dei metodi di lavoro migliori sia per gli atleti delle nazionali che per quelli che si allenano a casa. Inoltre è anche importante per i comitati avere continuità di lavoro con i loro atleti senza che cambino gestione troppo presto».

A questo punto può svelarci l’obiettivo finale del suo progetto?
«A monte di tutto, la vision del progetto, per definirla in termini manageriali, è quella di aumentare la produttività del settore giovanile in termini di atleti che passano all’alto livello e che hanno un alto livello. Per farlo, bisogna ovviamente raffinare il metodo di selezione degli atleti, che non si basi esclusivamente sui risultati ottenuti in una singola stagione, fermo restando che il nostro è uno sport di risultato e quello è il metro di misura più validato che possiamo avere. Ci sono però anche altri tasselli che compongono il fondista che può ambire ad arrivare all’alto livello. L’obiettivo sarà quello di fornire alle squadre senior il maggior numero di atleti pronti ad allenarsi e con le giuste caratteristiche per poter ambire a competere in Coppa del Mondo»

Quanto è importante la continuità per un progetto del genere?
«Non è importante ma fondamentale. Mi auguro quindi si possa andare oltre la fine del quadriennio, che ci sia o meno ancora io. Spero si possa continuare in questa direzione, cercando anche di sfruttare quella che sarà l’onda lunga dei Giochi Olimpici in Italia, che possono essere un’opportunità per dare carburante a questo sistema. Saranno uno stimolo per tutto il settore».

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