In carriera ha vinto due medaglie olimpiche, un argento nel 1992 ad Albertville e un bronzo nel 1994 a Lillehammer, oggi Yelizaveta Kozhevnikova è una psicologa affermata, ovviamente esperta nello sport.
In un’intervista al sito russo RT, la professionista ha quindi parlato delle difficoltà che gli atleti russi stanno avendo nel tenere alte le motivazioni in questo periodo per loro molto complicato, nel quale sono esclusi dalle competizioni internazionali: «Gli atleti stanno avendo un fortissimo crollo della motivazione. Vedo che hanno paura e non capiscono come comportarsi. Diventa sempre più difficile per loro spiegare a se stessi perché devono continuare a sopportare carichi di allenamento se non c’è accesso alle principali competizioni. Adesso, anche quando si viaggia per alcuni eventi locali in Kirghizistan o Kazakistan, gli atleti si pongono sempre più la domanda: perché quelli con cui gareggio partecipano ai tornei più importanti, ma io sono privato di questa opportunità? Siamo tutti esseri umani e in un modo o nell’altro siamo guidati dal sistema di ricompensa. Gli atleti lavorano per motivazioni esterne: vittoria, denaro, fama e tutto ciò stimola fortemente il sistema della dopamina. È impossibile prendere e sbarazzarsi di tutto questo dall’oggi al domani se non sei un monaco tibetano».
Insomma per la psicologa russa non sarà facile per gli atleti ritrovare queste motivazioni: «Possiamo provare a svalutare il significato delle Olimpiadi, inventare una sorta di programma alternativo, mettere in primo piano gli sport di massa, ma quanto dureranno questi sforzi? E quanto si fideranno le persone? D’altra parte, quando racconto agli atleti con cui lavoro del sistema in cui io stessa sono cresciuta tra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90, e ricordo che hanno pagato 1,5 mila dollari per il secondo posto ai Giochi Olimpici e per il bronzo 750, gli atleti sporgono gli occhi. E vedo che davvero non capiscono come sia stato possibile lavorare con un tale sistema di ricompensa. Insomma i soldi hanno una certa importanza per gli atleti oggi. La prima ondata della crisi è stata determinata dall’impossibilità di viaggiare negli altri paesi e competere con i migliori: sono sopravvissuti. Ora abbiamo aggiunto una riduzione dei finanziamenti, l’addio degli sponsor e una riduzione dei contratti pubblicitari. Presi insieme, è difficile venire a patti con questo. I carichi sono rimasti gli stessi, ma non c’è compenso».
“Gli atleti russi hanno un crollo motivazionale: difficile sopportare certi carichi con meno compensi”
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