Il numero di donne negli staff tecnici delle nazionali di biathlon sta crescendo negli ultimi anni. Anche se in Coppa del Mondo sono ancora poche le donne presenti, tra IBU Cup e IBU Cup Junior sono sempre di più le allenatrici in pista o dietro al cannocchiale.
Ad azzerare atleti e atlete, però, quasi nessuno si è affidato a una coppia completamente in rosa, come ha fatto l’Italia. Dalla stagione 2022/23, infatti, la nazionale juniores azzurra ha due donne al poligono, Samantha Plafoni e Aline Noro, che assieme a Pietro Dutto e Saverio Zini per quanto riguarda lo sci di fondo, guidano azzurrini e azzurrine, togliendosi anche numerose soddisfazioni.
Nonostante abbia soltanto trentacinque anni, Samantha Plafoni ha già tanta esperienza in nazionale, dal momento che è nei quadri FISI da ormai nove stagioni, pur non facendo parte di alcun corpo sportivo. Eppure la gavetta non è mancata, come ci ha raccontato quando l’abbiamo incontrata nella sua Chiusa Pesio nel corso del primo raduno della nazionale juniores. «Arrivo dallo Sci Club Valle Pesio. Ho cominciato a sciare seguendo mia sorella e i miei compagni di classe quando avevo sette anni. Allora mi sono appassionata e ho fatto gare sia di sci di fondo che di biathlon, per poi scegliere quest’ultimo ma solo per la compagnia (ride, ndr). Me ne sono innamorata, sono entrata in Comitato AOC e ho anche svolto qualche gara internazionale. Durante l’ultimo anno di agonismo, avevo già fatto la selezione del corso maestri, per poi diventare prima maestra, poi allenatrice di fondo e biathlon. Oggi sono terzo livello in entrambi. Ho allenato lo Sci Club Valle Pesio iniziando da bambini di quattro o cinque anni e per un po’ di tempo ho portato un gruppo dall’aria compressa alla calibro 22. Sono poi passata al Comitato e dopo due anni in nazionale. Ho iniziato con Michela Ponza e Alex Inderst. Ho lavorato ben cinque anni con Alex passando da junior a B, poi sono tornata ad allenare la juniores in un gruppo allora molto folto, che comprendeva anche Aline (Noro, ndr). Poi Fabrizio (Curtaz, ndr) ha deciso di cambiare le cose e ha formato l’attuale staff tecnico, che Klaus (Höllrigl, ndr) ha confermato».
Mentre l’allenatrice piemontese parla, Aline Noro sorride, reduce da una lunga mattinata di lavoro manuale per sistemare un problema alla carabina di Davide Compagnoni. «Anche io ho gareggiato – racconta la valdostana, pure lei fuori dai corpi sportivi – ho iniziato a sei anni e successivamente ho preferito il biathlon allo sci di fondo e al calcio. Si è poi rivelata la scelta giusta, visto anche il mio successivo percorso lavorativo. Anche io ho disputato gare di Coppa Italia con l’Asiva, ma non ho mai disputato competizioni internazionali. A 18 anni ho fatto subito il corso maestri e anche quello allenatori. Ho avuto fortuna perché quell’anno i corsi erano uno dopo l’altro. A quel punto ho iniziato ad allenare, facendo la classica gavetta, come giusto che sia, iniziando dallo sci club per poi seguire un progetto del comitato Asiva, legato ai giovani che erano fuori squadra. Ho quindi fatto un’esperienza internazionale, lavorando per la nazionale spagnola, ma quel progetto non è andato a buon fine a causa di alcuni problemi gestionali. Allora, Fabrizio Curtaz mi ha chiamata in FISI, dove sono da quattro anni. In nazionale sono sempre stata con Samantha».
Le due scoppiano a ridere quando iniziano a parlare del loro rapporto, un po’ come facevano poco prima nel corso dell’allenamento, mentre ideavano le sfide da far fare agli atleti: «Al primo anno è stato difficile – racconta Aline col sorriso, lanciando un’occhiata complice alla collega – in realtà soltanto perché eravamo tantissimi allenatori ed era complicato rapportarsi bene con tutti. Eravamo ben sette tecnici. Nella stagione successiva il gruppo è stato ridotto e anche il nostro rapporto si è fatto più stretto e la collaborazione è diventata super piacevole. Alla fine, per qualsiasi cosa c’è una chiamata o un messaggio, anche sul campo ci si confronta sempre prima di prendere una decisione. Ogni scelta viene fatta di gruppo anziché individualmente, anche con Saverio e Pietro. C’è sempre un grandissimo confronto».
«Confermo – sottolinea ridendo Samantha – all’inizio ci è voluto un attimo di tempo per trovare il necessario feeling e la giusta confidenza. Ora mi trovo molto bene a lavorare con lei al poligono di tiro. Diciamo che ci capiamo subito. Secondo me, entrambe riusciamo a portare tanto e forse ci equilibriamo anche in base ai caratteri. Come diceva lei, abbiamo tantissimo confronto. Ci sentiamo sempre prima di prendere qualsiasi decisione, quindi solo quando siamo sicure impostiamo il lavoro e da lì andiamo avanti, assegnandoci sempre dei compiti precisi. Magari una volta la giornata dei giochi la gestisco io e la volta successiva lo fa lei».
Sorridono senza nascondere un po’ di orgoglio quando facciamo notare loro, che non si vedono spesso due donne dietro al cannocchiale: «Due donne è davvero raro – ammette ancora Samantha – una spesso si, soprattutto all’estero. Le donne sono in aumento».
Aline aggiunge: «A livello junior, Svezia e Finlandia avevano due donne nello staff tecnico, ma spesso una al tiro e l’altra ad occuparsi dell’aspetto sci di fondo. Diciamo che entrambe al poligono è una cosa abbastanza rara».
Plafoni è però felice di constatare che il numero di presenze femminili negli staff tecnici delle varie nazionali è in crescita: «Si, le donne allenatrici sono in aumento, in particolare all’estero dove a livello generale si è raggiunto un maggior equilibrio tra uomo e donna. Certo, a molti può sembrare strano trovare due donne al poligono ad occuparsi del tiro, che sembra un aspetto più adatto ad un uomo (ride, ndr). Ma noi ci troviamo a nostro agio con le armi e ci piace stare da questa parte».
La collega valdostana approfondisce il tema: «A questi livelli, può essere complicato per una donna far conciliare il lavoro da allenatore con la vita personale. Questa è una grande differenza che abbiamo rispetto agli uomini e ci svantaggia.
Il fatto che nel nostro caso siamo due allenatrici di tiro – aggiunge – è legato alla nostra passione. A me, come a Samantha, piace e penso non cambi nulla se al cannocchiale c’è un uomo o una donna. Facciamo anche tanto lavoro manuale, anche perché noi donne siamo più precise (ride, ndr), che nel tiro è fondamentale».
Ma come si relazionano atleti e atlete con un’allenatrice? Cambia qualcosa? Aline Noro ha un pensiero chiaro: «Avere presenze femminili in una squadra, soprattutto giovanile, in alcune situazioni può fare la differenza, perché atleti e atlete, a una certa età, percepiscono la figura femminile in una maniera diversa rispetto a quella maschile. Soprattutto per quanto riguarda le donne, possono esserci delle situazioni delicate con cui con un uomo non sono così sciolte a parlare».
La piemontese aggiunge: «È un discorso che vale soprattutto a livello giovanile, perché un’atleta di alto livello ovviamente non ha nessun problema. Magari la sedicenne, soprattutto su certi argomenti, è più predisposta ad interfacciarsi con noi.
Però ci siamo accorte che anche gli stessi maschi su alcuni argomenti hanno trovato il giusto feeling, si confidano, o meglio riusciamo a risolvere assieme alcuni aspetti.
Per la parte del tiro, passiamo dalla precisione, aspetto su cui noi siamo anche un po’ pignole, cosa che credo ci voglia in questo sport, alla parte più meccanica. Alla fine facciamo un po’ di tutto, sappiamo anche sbrogliarci bene in uno ski room, e se c’è da provare dei materiali non ci tiriamo indietro».
Con gli uomini dello staff tecnico, Pietro Dutto e Saverio Zini è collaborazione piena, anche nell’aspetto sci. «Con loro abbiamo trovato il giusto equilibrio – spiega Samantha Plafoni – ognuno ha il proprio ruolo, è specializzato in un ambito, ma siamo intercambiabili. Loro sono super presenti, se c’è bisogno, e viceversa».
Su questo aspetto Aline Noro sottolinea: «Durante l’inverno, una di noi è fissa in baracca per preparare gli sci. Diamo disponibilità e ci piace variare il lavoro, anche per avere una visione completa del biathlon, non solo l’aspetto del tiro, seguendo gli atleti non soltanto al poligono ma vedendo anche come si muovono in pista. Una tra me e lei è in baracca, Pietro è fuori a testare gli sci con Saverio e i ragazzi. Poi cambiamo i nostri ruoli, come avete visto anche oggi. Quando Davide (Compagnoni, ndr) ha avuto il problema alla carabina, io e Saverio abbiamo lavorato per risolverlo, mentre Pietro ha seguito gli atleti al poligono insieme a Samantha».
Guardando avanti, le due non hanno dubbi sul fatto che la presenza femminile negli staff tecnici sia destinata ad aumentare. «Credo che il numero di allenatrici crescerà nei prossimi anni – afferma Samantha – e credo che questo possa essere uno stimolo importante anche per tante giovani degli sci club, che si rendono conto che possono avere un futuro nel biathlon anche senza diventare atlete di alto livello».
Aline aggiunge: «Poi va detto che i ritmi di vita sono cambiati, rispetto al passato per una donna sta diventando più semplice fare questo lavoro. Sono convinta che vedremo sempre più allenatrici».
Al di là del discorso legato alle presenze femminili, entrambe sono convinte di una cosa. «Nel nostro paese avremmo bisogno di allenatori professionisti presenti sui territori – spiega Samantha Plafoni – tecnici molto preparati a livello giovanile in grado di occuparsi di una singola zona. Oggi ci sono alcuni sci club che lavorano bene e altri che fanno più fatica, ci sarebbe quindi bisogno di allenatori molto preparati in grado di aiutare su singoli territori ben distribuiti nel paese. Più allarghiamo la base e prepariamo bene gli atleti sin da giovani, maggiore diventa il bacino d’utenza e la possibilità di alzare il nostro livello medio».
«Penso che gli allenatori migliori debbano stare alla base – sottolinea Aline – lì dove si formano gli atleti, si fanno appassionare i giovani e soprattutto lavorare nel modo giusto. Oggi, chi lavora con i giovani deve essere professionista».
E questo è un altro discorso che cercheremo di approfondire.