Giovanni Riccadonna, a soli 20 anni d’età, ha annunciato l’addio al biathlon, disciplina che da sette anni a questa parte rappresentava tutto il suo mondo. Una volontà che l’atleta ha deciso di motivare attraverso una lettera aperta rivolta alla FISI e alla stampa, in cui ha puntato il dito contro alcune dinamiche da lui rilevate nel corso della sua carriera e che l’avrebbero portato ai margini dei corpi sportivi militari, obbligandolo di conseguenza ad abbandonare le sue velleità sportive.
Il classe 2003 si allenava ad Anterselva agli ordini di Dominik Windisch – non proprio un carneade della carabina – e nell’ultima stagione ha conseguito il terzo posto ai campionati italiani Juniores.
Ai microfoni del quotidiano trentino "Il T", Riccadonna ha asserito: "Una scelta figlia di decisioni di altre persone. In questo ambiente purtroppo spesso valgono più le scelte politiche e il nome che si ha rispetto ai risultati che vengono conseguiti. Prevalgono interessi diversi, a volte passa davanti chi vale meno. Anno dopo anno, con tutti i sacrifici che bisogna affrontare, la situazione diventa insostenibile. A 20 anni ho dovuto dire basta, non avrebbe avuto senso continuare da solo".
L’ormai ex biatleta ha parlato apertamente di "una falla di un sistema comunque assolutamente funzionante, specialmente sul territorio del Trentino-Alto Adige". Il punto è che "se non fai risultati da giovanissimo, a 16-17 anni cominci a essere messo da parte. Io ho avuto la sfortuna di crescere fisicamente un po’ più tardi rispetto ai miei coetanei e quando nelle ultime stagioni ho cominciato ad andare forte era troppo tardi".
La meritocrazia, poi, "non fa parte del sistema. Mi hanno detto che sono vecchio, utilizzano scuse e giri di parole senza senso: non poter accedere a un gruppo sportivo militare di fatto impedisce quel livello di professionalità necessario – in termini di allenatori, supporto logistico e tecnico – per chi vuole arrivare a confrontarsi sui palcoscenici internazionali".
Secondo Giovanni Riccadonna, il sistema complessivamente funziona: stiamo parlando "di piccole cose che potrebbero essere sistemate per essere più performante e creare più atleti di alto livello e ‘sana’ competizione interna. Su certi meccanismi di selezione, passando di categoria in categoria fino all’ingresso nelle squadre Nazionali, non c’è la giusta trasparenza e una corretta valutazione del livello e delle potenzialità degli atleti. Il mio non è un caso isolato: per tantissimi ragazzi e ragazze, una volta chiuse le porte dei corpi sportivi militari, non esiste alternativa al ritiro".
In altri Paesi, tuttavia, non è così: "Ci sono realtà in cui i corpi militari non esistono, ma c’è un sistema di squadre simile a quello del ciclismo qui in Italia (team privati). La Norvegia in questo senso da anni ha avviato una vera e propria fucina di talenti, che sta dando risultati clamorosi. Il segreto? Comanda il merito sportivo, i risultati. Non l’età o il cognome".
Riccadonna riconosce però i tantissimi meriti che ha la FISI nell’accompagnare i biatleti nel corso della loro crescita, precisando che le difficoltà "sono più nel percorso che avvicina al vertice della piramide e lì, per cambiare mentalità e metodo, ci vorrebbero visione, determinazione, risorse. Dal biathlon ho ricevuto davvero tanto, è una vera famiglia in cui tutti sono uniti, ma l’auspicio è che in futuro altri ragazzi non si trovino a vivere la mia situazione".
Biathlon – Giovanni Riccadonna si ritira a 20 anni: “Non c’è meritocrazia, manca trasparenza. Scelte politiche e cognomi valgono più del talento”
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