Sono trascorsi ormai più di due mesi dal 19 marzo, giorno in cui Eivind Sporaland – promessa del biathlon norvegese – ha fatto perdere le proprie tracce, allontanandosi in auto dalla sua abitazione di Lillehammer. Il 22enne non ha più con sé il suo smartphone, che è stato ritrovato nelle scorse settimane dagli inquirenti durante la loro attività investigativa, ma i suoi genitori continuano a tenere accesa la fiammella della speranza.
"Non abbiamo altra scelta – hanno asserito sulle colonne del quotidiano ‘Gudbrandsdolen Dagningen’ –. Finché non si farà chiarezza sull’accaduto, preghiamo che sia ancora vivo. Eivind è abituato alla vita all’aria aperta, in natura, e pensiamo che possa aver fatto molta strada. Speriamo che la gente presti attenzione e dica alle autorità di eventuali incontri con lui. Vogliamo solo ritrovare nostro figlio".
"Non abbiamo altra scelta – hanno asserito sulle colonne del quotidiano ‘Gudbrandsdolen Dagningen’ –. Finché non si farà chiarezza sull’accaduto, preghiamo che sia ancora vivo. Eivind è abituato alla vita all’aria aperta, in natura, e pensiamo che possa aver fatto molta strada. Speriamo che la gente presti attenzione e dica alle autorità di eventuali incontri con lui. Vogliamo solo ritrovare nostro figlio".
In una precedente intervista, la madre e il padre di Eivind Sporaland avevano rivelato che il biatleta era affetto da problemi mentali, sorti tuttavia soltanto pochi giorni prima della sua scomparsa: "Sono emersi dal nulla ed è stato uno choc. È brutale e doloroso pensarci".
Una ricostruzione che sembra filare, a maggior ragione se si considera che prima di scomparire Eivind Sporaland aveva regolarmente preso parte a una gara di biathlon a Stryn. Poi, il 15 marzo, durante un’uscita serale con alcuni amici a seguito di un esame scritto sostenuto all’università, il ragazzo avrebbe iniziato a comportarsi in modo diverso dal solito.
Una ricostruzione che sembra filare, a maggior ragione se si considera che prima di scomparire Eivind Sporaland aveva regolarmente preso parte a una gara di biathlon a Stryn. Poi, il 15 marzo, durante un’uscita serale con alcuni amici a seguito di un esame scritto sostenuto all’università, il ragazzo avrebbe iniziato a comportarsi in modo diverso dal solito.
Ventiquattr’ore prima della sparizione, il coinquilino del norvegese, Eirik Idland, e suo cugino Martin Nevland avevano deciso di portarlo in ospedale, dove Eivind ha parlato a lungo con un medico: "Non sappiamo di cosa trattasse la conversazione, ma ci è stato detto di aspettare fino al fine settimana successivo", ha riferito Idland.
Nel frattempo, il padre di Sporaland ha raggiunto il figlio a Lillehammer nel cuore della notte, dialogando tutto il tempo con lui: "Abbiamo escogitato un piano e ho avuto la sensazione che Eivind fosse d’accordo. Non ho alcuna esperienza con problemi mentali. Ho pensato che la mia presenza gli avrebbe dato sicurezza".
Adesso, anche i suoi amici incrociano le dita e mantengono un minimo di fiducia: "Crediamo ancora nel fatto che questa vicenda potrebbe andare a finire bene. Finché non sarà finita, avremo speranza".