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Biathlon – Dalle gare in giardino con carabina in legno che sparava elastici alla nazionale juniores: Davide Compagnoni racconta la sua storia

Fin da bambino sognava di essere un biatleta, quando simulava le gare di biathlon nel suo giardino, sciando e sparando con una carabina di legno che lanciava elastici su una sagoma che lui stesso si era costruito. Davide Compagnoni ne ha fatta di strada negli anni e dopo un’ottima stagione è entrato adesso a far parte della nazionale juniores dell’Italia.

Un grande passo per il valtellinese, cresciuto nello Sci Club Alta Valtellina e uno dei fiori all’occhiello del Comitato Alpi Centrali, che è anche aggregato nelle Fiamme Gialle.
Fondo Italia ha quindi intervistato Davide Compagnoni, classe 2004, per conoscere le sue emozioni dopo l’ingresso in nazionale e soprattutto farsi un po’ raccontare la sua storia.

Ciao Davide. Complimenti per questo ingresso nella nazionale juniores. Cosa significa per te?
«È una forte emozione e soprattutto una bella opportunità che mi dà fiducia nell’iniziare un nuovo percorso di crescita. Avrò l’opportunità di lavorare con degli atleti più grandi di me che hanno già ottenuto ottimi risultati in campo internazionale, ciò rappresenta un forte stimolo. Sarà dura stare al loro passo, ma saranno l’esempio da seguire per arrivare a quel livello».

Lo staff tecnico che ti allenerà non rappresenta una novità per te.
«Si, questo è un vantaggio. Già conosco gli allenatori della nazionale juniores, perché li ho avuti due anni fa agli EYOF di Vuokatti e nell’ultima stagione ai Mondiali Youth in Kazakistan. Sono molto competenti e con loro si è già instaurato un rapporto di fiducia».

Sarà un’estate ricca di novità per te. Immagino tu sia molto curioso di scoprirle.
«Certamente. Avrò l’opportunità di allenarmi in posti diversi e scoprire nuove località, anziché farlo sempre a casa come è stato fino ad oggi. Inoltre i miei compagni di squadra rappresenteranno uno stimolo in più, anche perché qui a casa non avevo tanti compagni di allenamento».

Nella passata stagione hai avuto delle difficoltà iniziali, poi hai decisamente cambiato marcia ottenendo tre vittorie consecutive in Coppa Italia e ricevendo la convocazione mondiale. Cosa è cambiato?
«Le prime gare erano andate molto male soprattutto al tiro, dove avevo avuto un po’ di problemi e non riuscivo a esprimermi al mio livello e sfruttare quelle che sono le mie potenzialità. Allora ho cercato di tranquillizzarmi senza pensare al risultato e alla fine sono venuti fuori l’allenamento e quelle capacità che so di avere.
Non voglio dire che me lo aspettavo, ma sicuramente non vedevo l’ora di riuscire a esprimere
quelle che so essere le mie capacità. È stata una bella conferma. Anche i miei allenatori erano sicuri che sarebbe arrivato quel momento».

Com’è stata la tua esperienza nel Mondiale Giovanile di Shchuchinsk?
«Nei primi giorni c’erano condizioni abbastanza difficili, tanto che al tiro eravamo un po’ tutti insicuri durante l’allenamento e credo che nella staffetta mista si sia visto. Poi le cose sono cambiate, ci siamo divertiti e le gare sono state buone, anche perché il livello ero abbastanza alto».

Cosa hai imparato nelle due esperienze internazionali che hai fatto?
«Quelle fatte agli EYOF e ai Mondiali Juniores sono state due esperienze diverse. Un anno fa, a Vuokatti era un po’ tutto nuovo per me, anche sugli sci ero abbastanza indietro rispetto ai coetanei delle altre nazioni.
Ai Mondiali, invece, ho visto che sono riuscito a giocarmela bene. Ho imparato che bisogna sempre migliorare, anche perché se in Italia sei davanti, magari nel mondo non sei nemmeno top ten, perché il livello è alto. L’anno prossimo lo sarà ancora di più visto che passo a Junior. Sarà utile allenarmi con gente più grande, perché il cambio di categoria è sempre complicato».

Su cosa ritieni di dover migliorare?
«In generale, ritengo di dover crescere su tutto. Certamente sarebbe importante trovare maggiore continuità durante la stagione, evitare troppi alti e bassi, buttando via delle gare come ho fatto lo scorso anno a inizio stagione. Sarà importante approcciare le competizioni con maggiore fiducia».

Torniamo indietro nel tempo. Ci racconti come hai iniziato a praticare biathlon?
«Ho fatto sci di fondo fino all’età di quattordici anni perché nello Sci Club Alta Valtellina non si faceva l’aria compressa, così sono partito direttamente dal calibro 22 quando ho iniziato la prima superiore. Prima utilizzavo giusto delle carabine laser simili al 22 ed era da tempo che volevo iniziare, non vedevo l’ora di arrivare all’età giusta per farlo.
Vi racconto un episodio particolare relativo a quando ero piccolo. Yuri Bradanini, che poi è diventato mio allenatore nel biathlon, aveva regalato a noi bambini dello sci club una carabina in legno che sparava elastici. Allora io mi ero costruito una sagoma di legno in giardino e sciavo o correvo nei prati fuori casa simulando le gare di biathlon praticamente ogni giorno (ride, ndr).
Una passione, quella per il biathlon, che è nata vedendo le gare in tv, ma anche gli atleti
dello sci club più grandi di me che andavano a sparare. Il tiro mi ha sempre affascinato. Amo sciare e amo sparare, uno sport che combina le due cose è perfetto per me».

Così hai lasciato lo sci di fondo per passare al biathlon.
«Il primo anno ho ancora portato avanti entrambe le discipline, poi ho fatto la mia scelta. Ne ero convinto sin da piccolo e al primo anno con la carabina calibro 22, visto che sparavo bene per la mia età e per essere uno agli inizi, ho scelto di dedicarmi solo al biathlon. Il momento importante che mi ha fatto capire che questa era la mia strada è stata una vittoria ottenuta a Forni Avoltri al mio ultimo anno aspiranti».

Chi è il tuo punto di riferimento nel biathlon?
«Una delle mie più grandi fonti di ispirazione è Tommaso Giacomel. Lui è ancora giovane, ha appena quattro anni più di me e per tanti anni ha praticato sia sci di fondo che biathlon. Giacomel ha dimostrato che già da giovani si può fare molto bene in Coppa del Mondo e soprattutto lo ha fatto con persone che vedendole in tv sembrano quasi degli extra terrestri. Vederlo lì dà a tutti noi un forte stimolo, ci fa capire che è possibile, sperare di poterci arrivare anche noi».

Ci descrivi il tuo rapporto con la scuola? È difficile conciliarla con lo sport?
«Fortunatamente frequento l’Istituto Tecnico Economico Alberti, dove è presente un progetto scuola e sport che permette a noi studenti di essere abbastanza aiutati dai professori e abbiamo delle interrogazioni programmate.
In inverno ovviamente si fanno molte assenze e in primavera bisogna recuperare tanto, ma con l’impegno ci si arriva.
Adesso ho l’esame di maturità, poi una volta finito voglio iscrivermi a scienze motorie, magari frequentandola online».

Sei entrato a far parte della nazionale juniores, sicuramente un primo passo importante per la tua giovane carriera. Vuoi ringraziare qualcuno?
«Innanzitutto dico grazie alla mia famiglia, poi tutti gli allenatori che mi hanno seguito allo Sci Club Alta Valtellina, chi mi ha introdotto nel mondo del biathlon e soprattutto a coloro che mi hanno seguito negli ultimi anni. Grazie ovviamente alle Fiamme Gialle che mi hanno aggregato e al Comitato Alpi Centrali».

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