Un via libera a metà. Si può riassumere così la posizione presa ieri dal Cio sul rientro alle competizioni internazionali degli atleti russi e bielorussi. Questi potranno tornare a gareggiare a patto di farlo a titolo individuale, in forma neutrale, di non esibire vessilli nazionali, essere legati alle forze armate e supportare attivamente la guerra in corso in Ucraina. Lo ha annunciato il presidente Thomas Bach nel corso della conferenza stampa al termine dell’Esecutivo riunito a Losanna.
«Prima di tutto, ciò che forse è più importante – e che è cambiato – è che la partecipazione di atleti con passaporto russo e bielorusso alle competizioni e alle competizioni internazionali funziona, non si sono registrati incidenti dal punto di vista della sicurezza», ha aggiunto Bach. «Lo vediamo quasi ogni giorno in una serie di sport, nel tennis ma anche nel ciclismo, in alcune competizioni di ping pong, nell’hockey su ghiaccio, nella pallamano, nel calcio e in altre leghe, negli Stati Uniti ma anche in Europa e in altri continenti. Gli stessi governi dei territori in cui tali competizioni hanno luogo stanno rilasciato i visti agli atleti russi e bielorussi con rarissime eccezioni. In altri paesi, dove è necessario, stanno anche rilasciando dei permessi di lavoro. Non riusciremo a trovare una soluzione che accontenti tutti e potremmo doverci convivere».
Dunque le Federazioni sono invitate a reintegrare atleti russi e bielorussi. La FIS dovrebbe farlo per la prossima stagione di Coppa del Mondo, essendo il calendario internazionale concluso nei maggiori sport invernali. Il problema che sorge è un altro: tantissimi russi sono legati a corpi militari. Nel biathlon, per esempio, l’intera squadra russa è composta da militari o rappresentanti della società polisportiva del Ministero della difesa russo o di altre unità. Anche per quanto riguarda lo sci di fondo, l’eventuale presenza dei russi rischia di essere scarna: Alexander Bolshunov – secondo molti l’unico che avrebbe potuto contrastare Johannes Klæbo quest’anno – fa parte dei corpi militari, per esempio, ma non è l’unico. Poi ci sono quegli atleti che stanno dalla parte di Vladimir Putin, o che comunque non vogliono condannare pubblicamente la guerra, come Veronika Stepanova, olimpionica in staffetta a Pechino 2022: «Caro Cio, perché non vai al diavolo con tutte le tue condizioni e le tue raccomandazioni? Non permetterò a nessuna "commissione internazionale" di chiarire le mie opinioni e le mie convinzioni e decidere se qualificarmi ai mondiali. In questo caso gestisci da solo. E posso solo ripetere quello che dico tutto l’anno: supereremo tutte le difficoltà. Decisamente e senza dubbio», questo il suo commento su Instagram.
Le consultazioni con tutte le parti del Movimento Olimpico sono durate circa quattro mesi, dopo che gli atleti erano sospesi dal 28 febbraio 2022 a seguito dell’invasione militare di Mosca in Ucraina. Le raccomandazioni che dovranno essere recepite dalle Federazioni internazionali dei singoli sport definite dall’Esecutivo del Cio sono sei. Oltre a quelle sulla neutralità degli atleti, sul divieto alle squadre, sul no agli atleti che sostengono la guerra, sul divieto ai militari di competere, i russi (come tutti gli altri) dovranno soddisfare tutti i requisiti dell’antidoping, mentre le sanzioni contro i responsabili della guerra restano in vigore. Inoltre, nessun evento sportivo internazionale organizzato o sostenuto da una Federazione internazionale dovrà svolgersi in Russia o Bielorussia, mentre nessun vessillo nazionale di questi paesi dovrà apparire a qualsiasi evento sportivo e nessun funzionario dei loro governi dovrà essere accreditato per eventi sportivi internazionali.