Quarantaquattro vittorie in carriera tra prove individuali (19) e a staffetta (25), sedici delle quali le hanno assegnato un oro, olimpico (3) o mondiale (13); primatista di medaglie raccolte (7 a cinque cerchi, 17 iridate): statistica che rende lampante la propensione di Marte Rœiseland per i grandi appuntamenti.
Lo scorso inverno è arrivata anche la Coppa del Mondo generale ad arricchire una bacheca degna di una gioielleria, ma il "core business" della nativa di Froland è negli anni diventato la caccia alla medaglia.
La sua carriera ha subito un cambio di passo sostanziale nel corso del 2018, anno che ha segnato il cambio di materiali e soprattutto il matrimonio con il tecnico Sverre Røiseland, oggi nello staff tedesco.
Non è mai stata una predestinata, Marte. A livello giovanile ha faticato a prendersi la scena salvo poi salire di colpi a partire dal 2016 quando ha contribuito in maniera sostanziale al titolo iridato nella staffetta di Oslo tenendo a bada Marie Dorin e Laura Dahlmeier. Un epilogo sorprendente, la prima vera grande impresa di Marte Røiseland.
"Non ero una star da giovane, non ero un talento – ha spesso raccontato di sé – ma ho saputo lavorare e crescere passo dopo passo, grazie alla fortuna di aver trovato sul mio percorso brave persone che mi hanno saputo motivare e valorizzare. Non ho mai voluto essere la migliore, ma solo migliorarmi un po’ ogni giorno".
Nell’inverno successivo sono arrivati i primi tre successi in coppa del Mondo (inclusa la doppietta sprint-inseguimento a Nove Mesto, ribadita poche settimane fa), poi la storia arriva al 2018, l’anno chiave. Un anno inaugurato dall’argento olimpico della sprint di PyeongChang – prima medaglia personale della carriera – e caratterizzato come detto dal matrimonio con Sverre che ha così lanciato un 2019 in cui sono maturati i tre titoli iridati in staffetta a Östersund.
L’accelerazione era ormai impressa e lo slancio è proseguito per gli anni successivi, con quel febbraio 2020 indimenticabile, in cui solo Marte Røiseland ha saputo offuscare la regina di casa ad Anterselva, mettendosi al collo 5 ori e 2 bronzi in sette giornate di gara per meritare il titolo di sportiva mondiale dell’anno secondo il quotidiano francese L’Equipe.
Implacabile nei testa a testa, tranquilla e moderata fuori dal tracciato, retaggio forse di tanti anni – quelli della gioventù – passati nella fattoria di famiglia, immersa nella natura con i genitori e il fratello maggiore. Dopo il matrimonio la sua casa è diventata Lillehammer e proprio la tranquillità indotta da Sverre è stata spesso indicata dalla stessa Marte come chiave del suo cambio definitivo di passo. Gli ultimi quattro inverni sono stati un continuo trionfo, compresi naturalmente i tre ori (sprint, inseguimento e staffetta mista) e due bronzi (15km e mass start) raccolti nel 2022 a Pechino. A dicembre compirà 33 anni, lei che fa parte del gruppo della "classe 1990" che comprende anche Dorothea Wierer e la connazionale Tiril Eckhoff su cui pesa a sua volta i dubbi sul futuro, dopo i complessi problemi affrontati in questi mesi.
Con Marte Røiseland il biathlon internazionale perde la maggiore protagonista degli ultimi cinque anni insieme a Tiril Eckhoff, l’unica che nel periodo ha saputo tenere testa a livello di risultati a Dorothea Wierer e nella mente degli appassionati in tal senso non possono che affiorare i duelli di Anterselva 2020 quando il massimo potenziale di Røiseland si è manifestato in maniera evidente e, proprio una contro l’altra diedero vita a un’edizione meravigliosa dei Mondiali.
"La mia è una storia di lavoro che dimostra come il successo può arrivare a prescindere dal talento. E’ una storia di motivazione, coraggio e sicurezza".
Biathlon – Marte Olsbu Røiseland, la grande protagonista degli ultimi 5 inverni
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