Viviamo in un’epoca strana, che attraverso i social ci porta a passare la maggior parte del nostro tempo a lamentarci. Sembra che ci soffermiamo sempre più a criticare, lamentarci, piangere, richiedere consolazione e cercare l’errore altrui (anche quando non c’è) per il gusto di attaccare qualcuno. Viviamo forse in un’epoca che ci offre all’apparenza tutto e di conseguenza ci porta a essere eternamente frustrati, al punto da sentirci più esperti e competenti di persone che esercitano un determinato lavoro da anni e hanno una storia professionale alle spalle di altissimo livello: ci improvvisiamo medici, conduttori televisivi, critici musicali, allenatori, atleti, e anche direttori agonistici.
Ed è così che da anni purtroppo molti stanno facendo anche nel mondo del biathlon italiano. Una continua lamentela, si guarda il pelo nell’uovo, anziché osservare la realtà nel suo insieme. Soltanto poche settimane fa, in giro sui social si leggevano insulti e minacce pesanti a Klaus Höllrigl, nuovo direttore agonistico, addirittura frasi come “sei la rovina del biathlon italiano”.
E poi cosa accade? Che l’Italia torna da Oberhof con un bottino straordinario: un oro storico, un argento e due bronzi. Ben tre medaglie di squadra, che sono il chiaro segnale di un movimento in salute. Qualche merito lo avrà anche lui e chi lo ha preceduto?
A proposito di ciò, una delle critiche più assurde, da sfiorare quasi la comicità, tra quelle ascoltate in questi mesi nei confronti del direttore agonistico Klaus Höllrig è che la sua gestione ricorderebbe quella di Fabrizio Curtaz, come se quest’ultima fosse stata negativa, quando invece è stata la più vincente di sempre, nonostante si sia trovata ad affrontare una lotta quasi impari. Ovviamente non tutti gli aspetti sono stati positivi, gli errori ci sono stati, ma li commettono tutti, pure noi. È impossibile avere una gestione perfetta, però sicuramente i risultati del biathlon italiano mostrano una realtà che non può essere discussa: questo movimento è in salute, molto più di tante altre discipline assai più pubblicizzate e coccolate. Le scelte poi si fanno e sono difficili, a volte si possono sbagliare i tempi e i modi, ma accontentare tutti e piacere a tutti è impossibile, anzi quando lo si fa si rischia invece di avere l’effetto opposto a quello desiderato. Sia chiaro, è giusto porre critiche e domande, ma non si devono mai valicare certi confini, che purtroppo sono stati troppo spesso oltrepassati.
Analizziamo l’attualità partendo da Oberhof e dai meriti dell’attuale gestione. La rivoluzione dello staff tecnico è arrivata al momento giusto, alla vigilia di un nuovo quadriennio olimpico. Tante decisioni esatte sono state prese, a partire da nuovi allenatori chiamati nella nazionale azzurra, alcuni dei quali troppo sottovalutati quando sono stati annunciati, perché purtroppo c’è sempre la moda del grande nome. Il merito principale, al di là dell’aspetto tecnico, è stato soprattutto quello di creare gruppo, un clima sereno, una squadra che anche dal di fuori si percepisce unita. Ma anche di persone capaci di parlarsi guardandosi dritto negli occhi, magari discutere per poi abbracciarsi. Rapporti veri.
In pista, poi, Vittozzi è tornata ai suoi splendidi livelli, ed è la notizia più bella per il biathlon italiano; Wierer è salita nuovamente di colpi rispetto allo scorso anno; Comola, Passler e Auchentaller sono già delle realtà consolidate e possono ottenere piazzamenti importanti; lo stesso discorso vale per Didier Bionaz, che ha mostrato il suo valore nella staffetta mista; Braunhofer ha avuto evidenti miglioramenti rispetto alla passata stagione; Tommaso Giacomel è uno degli atleti più considerati tra i giovani su scala mondiale ed è sempre lì nelle posizioni di vertice. La sua frazione nella staffetta mista è stata da veterano. Le altre gare del Mondiale? Tutta esperienza, ha solo 22 anni e certe pressioni non sono facili da reggere.
Sapete qual è la cosa più bella? Abbiamo quattro atleti italiani, nati dal 2000, che sono andati a medaglia in questo Mondiale, un dato che deve far gioire, visto che non vi sono stati altri atleti nati nell’attuale millennio, capaci di salire sul podio a Oberhof.
Se poi andiamo a guardare, il Mondiale ci ha detto che era stato giusto anche lasciar allenare Hofer con la squadra svedese, visto i risultati ottenuti dagli atleti allenati da Johannes Lukas nel corso dei Mondiali. Qui però ci si è messa la sfortuna.
A Oberhof c’era poi Elia Zeni, arrivato direttamente dalla nazionale giovanile, la stessa di Marco Barale, già in top six in IBU Cup, e delle tante medaglie vinte dagli azzurrini agli Europei Juniores di Pokljuka. Chiaro segnale che anche in quel gruppo le scelte fatte sono state giuste.
E qui andiamo a mostrare un altro dato, forse quello più bello, che indica quanto il movimento sia in salute a partire dall’ottimo lavoro che stanno compiendo i comitati sul territorio italiano.
A Oberhof, per esempio, l’Italia ha vinto le sue medaglie con due atlete dal Comitato Südtirol, un’atleta del Comitato FVG, uno del Trentino e due dell’Asiva, comitato che ha lavorato molto bene negli ultimi anni, mettendo nella cartina del biathlon internazionale, attraverso metalli pesanti, anche il Nord Ovest italiano, chapeau.
Questi Comitati sono gli stessi che hanno conquistato medaglie anche agli Europei, mentre agli EYOF è arrivata una medaglia con un quartetto tutto Alpi Occidentali. Ma anche altri comitati si fanno valere in competizioni nazionali e guadagnano convocazioni internazionali.
È la dimostrazione che il biathlon italiano è più vivo che mai, tra mille difficoltà si sta lavorando bene già sul territorio.
Si può ulteriormente migliorare? Si, ma qui il discorso non riguarda coloro che stanno lavorando oggi sul campo.
Innanzitutto servono altri investimenti nell’alto livello, in quanto siamo in un periodo storico in cui lo sport è sempre più scientifico (e sotto questo aspetto nel biathlon italiano si sta lavorando bene con il CeRism), ma soprattutto il livello è così alto che tanti particolari fanno la differenza. Girando per gli skiroom di Oberhof, ad esempio, era palese la differenza nelle condizioni in cui lavorano gli skiman azzurri rispetto ai colleghi dei paesi scandinavi, ma anche di nazioni alpine come Francia e Germania, in possesso di truck, che nei casi delle squadre scandinave sono quasi degli appartamenti. La Norvegia ne aveva addirittura due più un furgone! Un argomento che, per biathlon e sci di fondo, approfondiremo poi a fine stagione.
Investimenti che poi vanno fatti anche sul territorio, con impianti da poter utilizzare nel corso di tutto l’anno solare, con piste da skiroll e poligoni rinnovati. Serve sempre più professionalità anche nelle persone che seguono i giovani, qualcosa che effettivamente sta pagando in alcuni centri del nostro paese che oggi stanno facendo la differenza, ma non devono essere delle realtà isolate.
Si può e si deve migliorare anche nella comunicazione, perché gli atleti italiani sono sempre più ricercati anche dai media esteri e, si spera prima o poi, anche da quelli italiani.
Devono migliorare soprattutto i nostri mass media. A Oberhof, chi scrive si è più volte vergognato quando media di altri paesi, tutti numerosi, chiedevano al sottoscritto dove fossero certe grandi testate italiane. E sottolineo grandi gruppi editoriali, perché è ovvio che per realtà più piccole sia un sacrificio enorme sostenere certe spese, visto che per realtà come la nostra – e altre simili – non è facile nemmeno reperire sponsor.
Fa male che un quotidiano storico e di riferimento in Italia e nel mondo, come la Gazzetta dello Sport, che ogni italiano appassionato di sport ha comprato e letto sin da bambino, stia dedicando sempre meno spazio alle altre discipline e in particolare al biathlon. Dopo la magnifica vittoria della staffetta femminile, il sito web del quotidiano rosa ha pubblicato un articolo che era un semplice copia e incolla dal comunicato della FISI, mentre nel quotidiano del giorno successivo, la prima pagina non dava alcun richiamo a un evento storico per lo sport italiano.
Non vi riportiamo i commenti di giornalisti stranieri a riguardo, meglio. Forse bisognerebbe intervenire dall’alto, per riportare sulla terra chi gestisce determinati quotidiani, facendo capire loro che esiste una realtà composta da tantissima gente appassionata di sport diversi dal calcio (e basta anche col termine “sport minori”, nessuno sport va definito minore). I social stessi parlano chiaro e con il passare del tempo, è evidente un crescendo di passione per il biathlon e i suoi atleti. La cecità di certi editori fa quasi pensare che vi sia uno status quo che si ha paura di toccare.
Vogliamo però guardare l’aspetto positivo: la presenza della RAI a Oberhof è certamente un grandissimo segnale e tutt’altro che scontato, come il servizio andato in onda sul TG1 e l’invito di Lisa Vittozzi a La Domenica Sportiva. Brava Mamma Rai!
Infine a migliorare dobbiamo essere tutti noi, e qui ritorno al punto di partenza. Giusto fare delle critiche, ma bisognerebbe smetterla di crocifiggere tecnici per ogni scelta o atleti per ogni errore, a volte facendosi anche trascinare più da antipatie personali che da dati oggettivi. Cerchiamo di far vivere tutti in un clima più sereno, perché c’è chi magari nemmeno ha un profilo social, ma c’è anche chi legge e, soprattutto un giovane, può essere turbato da certi commenti letti o certe frasi ascoltate.
Stiamo vivendo da anni il periodo più bello nella storia del biathlon italiano, ma sembriamo come essere in una bolla che non ci permette di accorgercene. Invece, apprezziamolo e godiamocelo, perché le cose belle non sono per sempre e vanno vissute appieno, senza perdere tempo dietro alle frustrazione. Dimostriamo di meritarcelo.