Da mercoledì nel corso di ogni allenamento ufficiale ad Anterselva gli occhi erano tutti puntati su Lukas Hofer. A dieci mesi di distanza dalla sua ultima presenza in Coppa del Mondo, l’azzurro del CS Carabinieri è tornato nel suo ambiente naturale. Gli allenatori lo hanno seguito passo per passo, al poligono e in pista, lo hanno cronometrato, hanno chiesto continui feedback, si sono consultati anche con l’allenatore della Svezia, Johannes Lukas, ma soprattutto hanno cercato di cogliere ogni sguardo di Hofer, qualsiasi espressione in grado di trasmettere anche ciò che le parole non dicono.
Il suo sorriso e la tranquillità con cui l’azzurro si è presentato fanno ben sperare. Certo, ciò è stato forse anche condizionato dalla gioia per l’azzurro di tornare, anche senza gareggiare, nell’ambiente che ama, rivivere con la squadra, ritrovarsi al poligono con compagni e avversari, dopo mesi passati a casa da solo ad allenarsi, senza poter nemmeno sciare. Ma è un dato di fatto che Hofer qualche segnale positivo lo ha visto, ha capito che almeno una possibilità per fare l’impresa di presentarsi al via del Mondiale di Oberhof c’è, anche se ovviamente dovrà tutto andare perfettamente nelle prossime settimane.
Dopo la pursuit maschile, nel corridoio che porta al poligono, mentre atleti, allenatori o skiman anche delle altre nazionali, cercavano di scambiare qualche chiacchera con lui, l’azzurro ci ha concesso qualche battuta per fare il punto della situazione sul suo stato di salute e su questa difficile rincorsa.
Ciao Lukas. Quanto ti era mancato tutto questo?
«Tantissimo. Parto dai tifosi, perché a tutti gli atleti che hanno vissuto il vero biathlon mancherebbe questo pubblico, senza di esso il biathlon non sarebbe niente.
Per quanto riguarda l’accoglienza ricevuta dall’ambiente, è stato bello, perché da quando sono arrivato tutti hanno iniziato a chiedermi aggiornamenti sul mio stato di salute. Tanto che dopo un po’ ho cominciato a pensare se non fosse meglio mettere un cartello davanti con la risposta, così lo avrebbero letto e avrei potuto fare l’allenamento tranquillo (ride, ndr)».
Vuol dire che il mondo del biathlon ti stima. Ho notato anche una bella accoglienza degli svedesi quando sei entrato in pista mercoledì.
«Si, molto e fa piacere. In questo periodo, per esempio, mi sono sentito quasi quotidianamente con i miei colleghi della Svezia, con i quali ho un bel rapporto. Mercoledì mi hanno aspettato anche per fare insieme il giro di tattica, che fanno ogni volta il giorno precedente alla gara. Un giro della pista che è loro utile per studiare il tracciato e scambiarsi opinioni su come affrontare determinate parti del percorso. In effetti è stato bello essere coinvolto in quel momento con loro».
Ti sei allenato tanto in questi giorni. Come sono andati questi allenamenti ad Anterselva? Hai avuto le risposte che cercavi e speravi?
«Ho avuto addirittura delle risposte superiori rispetto alle aspettative, anche perché soltanto la settimana scorsa sono tornato a sciare. Non pensavo di poter fare già un medio più lungo di dieci chilometri. Dal 7 di novembre io avevo fatto appena otto sciate, quindi direi che è stato già molto positivo quello che abbiamo visto. Chiaramente manca ancora qualcosa, un po’ di feeling nella sciata ma è qualcosa che pian piano ritorna. Sul tiro, invece, in questi mesi facendo puntamento e skierg combinato al tiro, non ho perso niente».
A questo punto, quante possibilità ti dai di essere a Oberhof?
«Non so, è una domanda da un milione di euro (ride, ndr)».
Qual è il percorso che avete stabilito nel tentativo di recuperare in vista di questo grande evento?
«Questa settimana abbiamo fatto due – uno, che significa due giorni di allenamento e uno di riposo. Adesso, dalla prossima settimana partiamo con tre – uno, poi ci concentriamo sull’IBU Cup di Obertilliach (2-4 febbraio, ndr)».
Quindi proverai lì per capire se sarai pronto ad affrontare il Mondiale?
«Si, l’idea è quella, di gareggiare in IBU Cup in Austria. Insomma il programma è chiaro: se le cose dovessero andare bene nelle prossime settimane, allora farei le gare di IBU Cup. A quel punto, se anche quelle competizioni dovessero andare bene, allora andrei ad Oberhof, se invece non dovessi avere una forma fisica adeguata, allora chiuderei la mia stagione. A quel punto, potrei anche pensare di risolvere subito il problema e partire prima ad aprile».
In questo periodo la squadra azzurra si è tolta diverse soddisfazioni, grazie a Wierer e Vittozzi che hanno portato l’Italia sul podio in ogni tappa, ma anche un Giacomel che ha trovato continuità ad alto livello. Come giudichi questa prima parte della stagione?
«Tommaso ha trovato una bella costanza a terra, che secondo me è stata la chiave dei risultati che sta ottenendo in questo momento. Se riesce a continuare su questi livelli può sempre giocarsela, anche se in questo momento davanti c’è un grande livello. Finché ci crede e resta lì, il risultato è sempre dietro l’angolo. Per quanto riguarda le donne non c’è nemmeno da discutere. Ci sono sette atlete a giocarsi le medaglie, due sono italiane».