Il sipario è sceso sul Tour de Ski numero 17 con il trionfo di Johannes Klæbo e Frida Karlsson, ma anche con tanta Italia. E proprio dalla considerazione del ricco bottino azzurro parte l’analisi di Cristian Zorzi, "voce" d’eccezione di Fondo Italia per l’inverno in corso.
"L’Italia ha raccolto tantissimo in questi ultimi 10 giorni. Credo che possa essere considerata la vera sorpresa del Tour de Ski: non perché la qualità di Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani sia mai stata in dubbio, ma riuscire a centrare tutto il possibile praticamente in ogni giornata non è elemento scontato. E con un Simone Mocellini in più.
Non può che essere lui il volto nuovo di questo Tour de Ski. Confemarsi non è mai semplice, ma nel fondo non si improvvisa nulla e sono convinto che chi fa vedere certe cose, prima poi si ripete. A Beitostolen aveva sorpreso, a Lago di Tesero ha confermato la capacità di saper leggere la gara, soprattutto la propria gara, senza lasciarsi condizionare dagli avversari. E questo è un elemento di non poco conto: mantenere la concentrazione in un contesto come quello di venerdì sapendo di avere delle aspettative di non poco conto è stato un ulteriore salto di qualità. E c’è davvero bisogno di un volto nuovo.
L’altro nome che mi piace sottolineare è quello di Calle Halfvarsson. Certo, ha sofferto la Final Climb, ma il Tour de Ski l’ha riproposto su ottimi livelli e credo che sarà un protagonista centrale delle prossime settimane".
Pellegrino, De Fabiani e gli altri – “Se Klæbo è stato dominatore assoluto della scena, Chicco Pellegrino è se possibile il suo alter ego: ha saputo sfruttare ogni singola occasione per raccogliere il massimo a disposizione, dalla sua condizione al lavoro – egregio – degli skiman per arrivare agli aspetti tattici, approfittando della mancanza di bagarre. Il gruppo è sembrato spesso rassegnato alla vittoria di Klæbo: il norvegese non aveva nessun vantaggio a fare gara dura, sapendo di essere il più forte in volata e Pellegrino si è mosso di conseguenza concludendo un Tour de Ski eccellente, quasi da podio.
De Fabiani ha invece ritrovato la sua confort-zone a Lago: è la sua gara preferita e in questa giornata riesce a dare il meglio di sè. Sarebbe interessante capire cosa c’è di diverso in contesti differenti. Per il resto l’analisi del Tour de Ski italiano segue la falsariga del primo mese di stagione: pochi sussulti, magari Ventura a Lago e poco altro. Anche al femminile, c’è stato qualche segnale, ma il livello delle nostre ragazze è quello, difficile chiedere qualcosa di più”.
Crisi Karlsson – “Quando si spegne la luce è dura. Klæbo sapeva cosa aspettarsi nella Final Climb e non ha neanche pensato di tenere le code di uno scatenato Krüger: il rischio della cotta è sempre dietro l’angolo. Frida ci ha provato, non avendo mai affrontato questa tappa ed è arrivata al Doss dei Laresi stremata. Un calo di zuccheri ci sta e basteranno tre quattro giorni senza sforzi e senza troppi viaggi per ritrovare tutte le energie. Ma il Tour è stato suo: semplicemente oggi è la migliore del gruppo, senza dimenticare l’assenza di Ebba Andersson. Sono felice per la vittoria di Delphine Claudel e di Katharina Hennig: la francese ha scritto una pagina di storia mentre la tedesca ha confermato la bontà del lavoro fatto in Germania. Avete visto che Mock anche sul Cermis?
La Final Climb è un po’ come lo Zoncolan nel ciclismo: sono in pochi quelli che possono vincere. Poteva provarci Røthe ma non era in giornata, Lapierre e Lapalus avevano già fatto vedere di poter fare il loro, così come Claudel, sul podio già in un paio di occasioni. Mi ripeto ogni settimana, ma l’assenza dei russi è stata letale anche per il Tour de Ski: avrebbero vivacizzato ogni tappa con il loro approccio diverso, ma tant’è…”.
Il futuro del Tour de Ski – “Ne avevo parlato già prima di Natale e questa edizione me l’ha confermato. Il Tour de Ski secondo me deve essere rivisto. Nell’anno senza grandi appuntamenti può anche andar bene così, ma nelle altre stagioni serve ricalibrare il prodotto, magari adattandolo a diversi minitour che consentano di recuperare energie e gestire meglio la logistica. Quanti abbandoni ci sono stati? Gli uomini sono partiti in 100 in Val Müstair e solo la metà ha completato il Tour: troppo pochi, secondo me. Devono esserci anche delle decisioni differenti a livello regolamentare. La tappa fiemmese si è confermata la più seguita e la più attesa, sul resto del programma ho dei seri dubbi. Tanti viaggio così ravvicinati e tante gare consecutive rappresentano uno stress non indifferente per gli atleti e anche se non ci si spreme a fondo in tutte le tappe, il dispendio del Tour de Ski è significativo. Dopo 17 anni credo sia doveroso ritirarlo, ma per farlo serve la volontà di tutti”.