“What if?” Domanda che tradotta in italiano dalla lingua di William Sheakespeare significa: Cosa sarebbe accaduto se? Questa espressione grammaticale, che definisce cosa sarebbe potuto accadere in una particolare situazione se qualcosa si fosse svolto in modo differente durante un avvenimento, viene generalmente associata ad un rimpianto o ad un rimorso ed è una terminologia che nel vocabolario di Jessie Diggins non esiste più da parecchio tempo. Si può ben dire da quando superati i problemi di disturbi alimentari che lei ha attraversato nell’ultimo anno di college alla Stillwater High School, sita non lontana dal centro della più conosciuta St. Paul nel nativo Minnesota, si è fatta notare per la prima volta a livello internazionale durante i Mondiali di Oslo nel 2011.
Il suo modo di sciare sempre al massimo delle sue possibilità, di non rimpiangere mai ciò che poteva essere o avere recriminazioni se avesse spinto di più in quel dato tratto di pista, una volta arrivata al termine di una competizione vuoi che sia una 30km dei Giochi Olimpici o una sprint dei campionati scolastici nella sua nativa Afton, viene ben espresso in parole dalla trentenne fondista nord-americana: «Io voglio sempre correre in un modo nel quale quando oltrepasso il traguardo e mi guardo indietro, posso onestamente dire che non ho lasciato nemmeno una briciola di energia nel mio corpo. Cosi, spesso mi vedete crollare al traguardo, a volte anche altri sciatori fanno allo stesso modo, in una modalità che potrebbe sembrare molto drammatica, ma ciò accade perché io sono così esausta che di solito non riesco a sentire la maggior parte del mio corpo, le mie gambe e i miei polmoni sono in fiamme. Io non voglio necessariamente soffrire, non sono completamente pazza, un pò pazza si, ma non totalmente. Penso che il motivo per il quale sono disposta ad andare cosi lontano nella “grotta del dolore” e intenzionata assolutamente a distruggere il mio corpo per raggiungere i miei obiettivi, è perché voglio essere certa senza alcun dubbio di non aver lasciato nulla di intentato. Non voglio mai dovermi chiedere al termine di una gara, cosa sarebbe accaduto se avessi sciato più veloce in quel tratto o se avessi seguito questo o quell’atleta. E questa per me è una bella sensazione perché mi dà molta fiducia in me stessa.»
Jessie spiega anche che quando spinge al massimo mente e corpo, durante una gara, la sua visione si restringe, le gambe si appesantiscono, i polmoni bruciano talmente tanto che diventa difficile respirare, ma tutto ciò e questa sofferenza in realtà sono la cosa nella quale lei è più brava a fare. Quando ha iniziato da giovanissima con lo sci di fondo col sostegno di papà Clay e mamma Debbie, Jessie ha subito capito che il suo corpo era fatto per questo difficile sport. E da giovane, prima di scegliere di diventare una professionista del fondo abbandonando l’anno accademico che si era guadagnata alla Northern Michigan University per entrare nel team Usa e viaggiare per tutto l’inverno nel circuito della Coppa del Mondo, lei come racconta Clay Diggins si era ben destreggiata dando sempre il 110%, anche nel calcio, nel nuoto, nel salto triplo e con l’asta, oltre ad avere un talento naturale nel suonare il violino.
Ma la risposta definitiva che il cross-country era insito nel suo Dna, Jessie l’ha avuta durante le numerose competizioni nell’high school vincendo ogni tipo di gara e sempre terminando con almeno un minuto di vantaggio sulle coetanee.
Questo suo mantra di non aver mai rimpianti durante e dopo le competizioni ha severamente rischiato di incrinarsi proprio alla vigilia della durissima 30km a skating di Pechino 2022. Agli ultimi Giochi Olimpici Jessica era arrivata nella forma migliore della vita, più matura e convinta dei propri mezzi rispetto alla già fortunata edizione di quattro anni fa, quando con Kikkan Randall vinse la storica medaglia d’oro per la nazionale USA nella Team sprint. La vigilia della 30km è stata per lei una sorta di roller coaster emotivo e fisico come “Diggie” stessa ha ricordato, ritornata in patria: «Il giorno prima della gara mi sono svegliata al mattino e non ero certamente nelle migliori condizioni possibili. Mi sentivo svuotata e con lo stomaco in subbuglio per un intossicazione alimentare. Vedendo fuori dalla mia finestra le raffiche di vento che si abbattevano sulla pista, ho preferito rimanere a letto tutto il giorno. Mi sono forzata di mangiare solo poco e semplice cibo. Ciò è stato veramente duro, perchè aspettavo quella gara da molto tempo e sapevo che ero nella forma della mia vita. Giacendo a letto e sentendomi cosi debole, ho pensato che quello non era il modo nel quale mi ero immaginata di essere il giorno prima della gara. Nel pomeriggio ho avuto la possibilità di parlare coi miei genitori, il mio fidanzato e il mio fisioterapista e tutti mi hanno aiutato. Tutti loro hanno riportato la mia testa al posto giusto, dicendomi di dimenticarmi del risultato del giorno dopo, di presentarmi sulla linea di partenza e sciare al mio massimo perchè amo farlo. E con mia grossa sorpresa, il giorno dopo mi sono sentita molto meglio di quanto pensassi e ho capito che avrei potuto correre ad un livello che non avevo mai avuto prima. Ciò che ho poi fatto in gara e la medaglia d’argento conquistata ha avuto sicuramente a che fare con la predisposizione psicologica che mi è stata data grazie all’amore e alle attenzioni della mia famiglia.»
In quel 20 febbraio scorso nel difficile, sul gelido e ventoso tracciato cinese, Jessie ha provato a rimanere per quanto più possibile attaccata a Johaug ma dopo il decimo chilometro ha avvertito i primi problemi: «Con ancora più di diciassette chilometri da percorrere alcuni dei miei muscoli hanno iniziato ad avvertire dei crampi, una cosa non inusuale in una gara di così lunga distanza. Ma di solito ciò avviene negli ultimi quattro-cinque chilometri. Ma quando essi iniziano a manifestarsi con ancora più di metà gara da disputare, mi ricordo di aver pensato: Oh Jessie sarà un percorso alquanto tortuoso arrivare all’arrivo. Sarò nella “grotta del dolore” per molto, molto tempo. Ma penso che questo sia ciò che rende così speciale quando fai qualcosa di così difficile, solo perché pensi di poterlo fare. Perché vuoi provare a fare qualcosa che sembra incredibilmente difficile. È una sensazione così bella quando arrivi al traguardo, e scopri di essere capace di fare molto di più di quanto pensavi. In quelle circostanze provi una vera sensazione di potere. Quindi, anche se è stato incredibilmente doloroso in quei momenti, ne è valsa assolutamente la pena. E la medaglia d’argento che metterò nella mia casa ad Afton è il giusto premio di questa mia estrema volontà di non dover mai pensare what If? una volta superata la linea del traguardo.»
La fondista più vincente dello sci di fondo “stars and stripes” ha ricevuto questi insegnamenti di dedizione e determinazione dalla sua prima figura di rifemento avuta ai tempi dell’high school nel North Star State : «Nella mia vita il mio role model è il mio allenatore alle superiori. Kris Hansen mi ha introdotto nella psicologia sportiva in un modo molto cool. Lei mi diceva che, dopo una gara, prima di guardare al risultato sportivo ottenuto sulla carta dovevo dire a me stessa tre cose che avevo fatto bene e tre cose su cui dovevo migliorare per la prossima volta, non necessariamente cose che avevo fatto male, ma cose da migliorare in futuro. Solo dopo aver elaborato questo nella mia testa, potevo guardare al reale risultato della mia gara. Ancora oggi io provo a mettere in pratica questi suoi insegnamenti, anche se a volte in Coppa del Mondo il tuo risultato ti viene mostrato subito dopo il tuo arrivo, sul tabellone principale. Riguardo allo sci di fondo ho molti modelli, essi spaziano da Marit Bjørgen che è impeccabile e che ho studiato molto in televisione nei miei primi anni, a Therese Johaug per la sua frequenza nella sciata. Per la sua resistenza ed il doppio nello skating, Ebba Andersson è un ottimo esempio per me. Mentre nella tecnica classica Iivo Niskanen è il massimo. Ha una tecnica da ammirare in ogni suo movimento. Lui è più alto di me e forse non potrò fare la sua armonica azione nell’alternato. Io devo lavorare sulle mie forze, ma sempre prendendo spunto dalla sua tecnica così sublime. Ci sarà sempre qualcosa per me su cui migliorare. Non mi annoierò mai. Ed è così bello.»
Altro concetto che è sempre stato determinante nella filosofia sciistica di Jessica è quello di divertirsi nel fare il suo sport pur rimanendo sempre ben determinata sugli obiettivi che lei si prefigge alla partenza: «Io sono sempre molto competitiva ma allo stesso tempo diciamo anche un pò strana o differente dalla maggior parte delle altre fondiste. Nei miei primi anni quando mi presentavo al via tutta sorridente e col glitter sulle guance le persone mi lanciavano strani sguardi. Molte ragazze sulla linea di partenza sono sempre molto concentrate e tirate, mentre io quanto più sono sorridente al cancelletto di partenza tanto più poi sono pericolosa e determinata in gara, perchè sono rilassata e sciolta per eseguire al meglio in competizione quello che ho fatto e provato per migliaia di ore in allenamento, senza crearmi troppi problemi circa il mio stile nell’avanzare coi piedi o nel tenere una data posizione del corpo. Se io prima di una gara sono troppo nervosa ed in tensione, allora è più difficile per me fare in gara ciò che mi sono prefissata in allenamento senza avere nessuna tensione interna nel mio corpo. Potrebbe essere un paradosso per altri atleti ma più io sono felice e più io sono pronta a soffrire durante una gara. Penso sia perfetto per me essere sorridente ma allo stesso tempo super determinata nell’affrontare una competizione. Per me, gareggiare non è il voler battere l’atleta X, Y o Z, ma io voglio battere me stessa e sciare il più velocemente possibile, vuoi che sia una sprint o una distance da 30km.»
Diggins, terminata la stagione che per l’undicesimo anno di fila l’ha tenuta per più di cinque mesi lontana da casa, ha voluto partecipare ai campionati canadesi disputati in quella Whistler Olympic Park che fu sede dei Giochi Olimpici di Vancouver 2010. Nella settimana di gare del British Columbia che erano anche validi come tappa conclusiva del SuperTour americano, Jessie ha partecipato ai soli due eventi iniziali, vincendo la 5km in skating e arrivando seconda dietro all’amica Julia Kern nella 10km in alternato. Prima di rientrare finalmente in terra statunitense per presenziare nella sua Afton alla celebrazione delle sue medaglie olimpiche all evento “Tutto quel glitter!, E’ Jessie Diggins”, la bionda sciatrice si è intrattenuta con la stampa locale facendo il punto sull’annata appena conclusa.
La simpatica “glitter girl” dello sci nordico, oltre alle due medaglie olimpiche aggiunte alla sua bacheca, ha terminato al secondo posto la generale di Coppa condizionata dall’incidente con Karlsson nel Tour de Ski e dalle numerose cancellazioni avvenute nel calendario. In Coppa del mondo non ha mantenuto il costante rendimento dello scorso anno, ma ciò nonostante ha vinto la sprint di Lenzerheide e la mass start di Oberstdorf con altri quattro podi aggiuntivi: «E’ stato un anno fantastico ed una stagione fantastica, i Giochi Olimpici si sono rivelati in termini di medaglie al di la di quanto di meglio io mi immaginavo prima. É stato incredibile vincere una medaglia nella gara più breve, la sprint, e nella gara più lunga, la 30km. Questi successi sono il risultato del mio lavoro ma anche del grande lavoro di squadra e di affiatamento che tutto il Team Usa ha avuto dall’inizio della preparazione estiva. Stagione fantastica per me ma anche per tutti i ragazzi americani. Noi siamo oramai come una grande famiglia del fondo, dato che ci frequentiamo giorno dopo giorno per più di quattro mesi assieme. Quando io ho un gran giorno tutti i nostri membri hanno un gran giorno, mentre se io ho una cattiva giornata tutti mi aiutano ad assorbirla e a rassicurarmi e lo stesso accade con gli altri.»
In chiusura di chiacchierata ”Diggie” ha poi voluto citare l’ultima gara di Coppa del mondo, quella 4x5km mista che l’ha vista portare il team USA ad uno storico successo: «E’ stata una giornata incredibile per noi vincere la nostra prima staffetta mista a Falun. Ed io sono molto onorata di aver concluso per ultima la staffetta americana e averla portata sul gradino più alto del podio. E’ stata una premiere storica per il fondo americano.»
Ora nel mese di Aprile, Jessie si concederà il consueto mese di totale riposo che, date le fatiche olimpiche ancora completamente da riassorbire, si protrarrà con buona probabilità anche fino alla seconda settimana di Maggio. Ad inizio estate Jessie convolerà poi a nozze con il suo storico fidanzato ed ex giocatore di hockey su ghiaccio Wade Poplawski.
L’augurio oltre a quello di un felice avvenire assieme è quello di rivedere la solita radiosa e sorridente Jessie presentarsi a Ruka il prossimo Novembre ancora con la dicitura Jessie Diggins sul foglio di partenza Fis e come suo marchio di fabbrica in pista. "Jessie Poplawski" suonerebbe decisamente inusuale oltre che piuttosto complicato da ricordare.
Sources: NBC sport, Sport Illustrated, Star Tribune.
Sci di Fondo – Jessie Diggins: “Più sono sorridente sulla linea di partenza e più sono disposta a soffrire per la vittoria di una gara!”
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