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Biathlon – Conosciamo Campbell Wright, la storia del talento neozelandese e lo stretto legame con i Bormolini

Una storia di amicizia e condivisione, partita con un viaggio all’estero per imparare l’inglese e terminata con una bellissima qualificazione olimpica. Una favola che coinvolge quattro nazioni e quattro continenti, dall’Italia alla Nuova Zelanda, passando per Stati Uniti e Cina.

È la storia di Campbell Wright il giovane neozelandese che ha stupito tutti, riuscendo non solo a essere il secondo neozelandese capace di qualificarsi per le Olimpiadi Invernali nel biathlon, ma anche di riuscire a entrare sorprendentemente nei trenta della mass start di Anterselva. La sua favola parte però dalla storia di un ex atleta, che un giorno ha deciso di prendere la valigia e imbarcarsi per un lungo viaggio in Nuova Zelanda a imparare l’inglese, scegliendo di mantenersi nel frattempo facendo ciò che meglio gli riesce, insegnare a sciare, e quella di suo fratello, ancora biatleta professionista, che allora ne aveva approfittato per allenarsi in uno Snow Farm in Nuova Zelanda. Parliamo di Luca e Thomas Bormolini.

Allora torniamo indietro nel tempo, a nove anni fa, l’inizio di questa storia, quando, appesi sci e carabina al chiodo, Luca Bormolini ha deciso di partire per la Nuova Zelanda con l’obiettivo di imparare l’inglese. Lì si è fermato per due anni, lavorando alla Snow Farm, comprensorio vicino a Wānaka. «Allenavo i fondisti della zona e dello sci club locale. Anche mio fratello Thomas venne a trovarmi e si allenò lì, aiutandomi ogni tanto con questi bambini. Tra loro c’era questo ragazzino di dieci anni che non passava inosservato, Campbell». Carismatico, pieno di vita e passione, difficile fare star fermo il giovane Wright, che ogni giorno faceva mezz’ora di auto con la famiglia per raggiungere le piste.

Presto però Luca Bormolini è tornato nella sua Livigno, iniziando poi nel tempo a lavorare con atleti di varie nazionali minori, aiutando così l’IBU a far crescere la disciplina. La Nuova Zelanda, poi l’Australia e il Brasile, con l’aiuto negli ultimi anni anche di un altro ex atleta, Emil Bormetti. Nel frattempo Wright si è trasferito in Canada, aveva continuato la sua attività nello sci di fondo, poi un giorno ha voluto ricontattare quell’allenatore italiano che tanto lo aveva colpito. Così ecco l’invito di Luca Bormolini e il giovane Campbell si è trasferito a Livigno, a vivere con l’amico italiano e la moglie …. australiana! «Campbell è un grande appassionato di sci – ci ha raccontato Bormolini – un super sportivo che ama anche la corsa, la bici, il triathlon e l’orienteering, lui vive per lo sport. Un giorno mi ha telefonato, quando viveva in Canada chiedendomi di poter tornare ad allenarsi con me. Allora, quando aveva quattordici o quindici anni, gli ho fatto scoprire il biathlon e da lì non ha più smesso».

Da quel momento è nato un rapporto speciale, anche perché Campbell Wright è stato ospitato proprio a casa di Luca e vive con lui e la moglie nella metà di anno in cui è in Europa. «Da noi è presenza fissa al pranzo di natale, per noi è ormai uno di famiglia, per me e Thomas è un altro fratello. In estate, lui si allena si allena in Nuova Zelanda, che è il massimo per allenamento estivo. Lo Snow Farm è uno spettacolo, l’ambiente ideale, con piste lunghe venti o trenta chilometri, perfette con una bellissima neve. Inoltre c’è anche un bellissimo poligono. Io gli mando il programma di allenamento e ci sentiamo via whatsapp quando deve dirmi qualcosa sulle sue sensazioni fisiche. Da aprile a settembre è nella sua casa neozelandese con la famiglia. Poi quando inizia la stagione agonistica viene qui a Livigno con me. Lui pensa che viva proprio in Europa, ma in realtà questo ragazzo vive solo di inverno, da anni per lui non esiste estate, scia tutto l’anno. Questo è il suo 14° inverno consecutivo».

A casa in Nuova Zelanda, Campbell Wright oltre ad allenarsi lavora anche allo Snow Farm in una sorta di bar truck, quei piccoli furgoncini dove si preparano caffè, bevande e cibo per coloro che vanno a sciare. Ma anche questo per Campbell è qualcosa di più rispetto a un semplice lavoro. «È un super appassionato – ci ha raccontato Luca – dovreste vederlo quando è a casa e si guarda video sulla preparazione dei caffè prendendo appunti. Come nello sport, lui vuole riuscire in qualsiasi cosa che fa. Ma per il futuro non vuole essere barista. Il suo sogno, una volta che si ritirerà, è quello di diventare dentista. Già pensa al futuro, consapevole che il biathlon non sarà per sempre».

A Livigno, oltre ad allenarsi e vivere con Luca, Campbell ha anche fatto amicizia con una famiglia della zona. Ovviamente per un diciannovenne c’è bisogno di qualche valvola di sfogo, amici con cui giocare e ovviamente competere in qualsiasi gioco. Ecco quindi che alcuni giorni si trasferisce da Lele e Manuela che, insieme a nonna Bianca, lo accolgono sempre a braccia aperte, per dei giorni che diventano di puro divertimento per Campbell e i quattro figli della coppia, Luciano, Andrea e Matteo e Davide. «Un po’ è a casa con me – ha sottolineato Luca Bormoliniun po’ siamo sempre in giro tra allenamenti e gare. Ma non dimentico che prima di tutto è un diciannovenne che ha bisogno anche di qualche break, di divertirsi e sfogarsi, di vivere il lato più ludico della vita. Così con questi quattro compagni d’avventura, gioca, scherza, fa delle grandi sfide a ping pong. È bello che possa divertirsi qui a Livigno, dove ormai lo conoscono tutti. Ovviamente si sente sempre con la sua famiglia in Nuova Zelanda e inoltre si incontra spesso con il fratello che da ciclista professionista viene spesso da queste parti».

Non solo il fratello ciclista, perché curiosamente nella famiglia di Campbell hanno scelto tutti un percorso diverso: «Si sono quattro fratelli: un biatleta, un ciclista, un ingegnere e un pianista». I genitori sono entrambi statunitensi, per questo motivo si era anche parlato della possibilità che gareggiasse per gli Stati Uniti se non fosse arrivata quella convocazione olimpica giunta in extremis, anche se in realtà l’intenzione di Wright è sempre stata quella di gareggiare per la sua Nuova Zelanda. «Sono felicissimo per lui – ha affermato con gioia e orgoglio Bormoliniè un atleta già evoluto per la sua età. Il nostro è un rapporto che va oltre quello tra allenatore e atleta, è uno di famiglia, ma soprattutto lo stimo perché è un ragazzo super, una splendida persona, gentilissimo e umilissimo, sempre disponibile con tutti. È iper competitivo, lui vuole arrivare molto in alto, non si accontenta di arrivare trentesimo. Lui vuole fare tutto al meglio, si allena da solo in Nuova Zelanda. In un anno non salta un allenamento, ma allo stesso tempo si gode il piacere di gareggiare, sorride sempre. Spero riesca a prendere più soddisfazioni possibili perché le merita tutte. Pensate che lo scorso anno lo avevo portato ai Mondiali di sci di fondo, in quanto con i punti FIS avrebbe potuto qualificarsi con tranquillità ai Giochi Olimpici. Ma lui, dopo aver fatto la qualificazione, giungendo secondo, decise di tornare a casa, perché voleva fare le Olimpiadi per competere e non tanto per farle».

Splendido anche il rapporto con l’altro Bormolini, Thomas: «Quando era in Nuova Zelanda, Thomas faceva i suoi allenamenti e tra uno e l’altro aveva anche il piacere di aiutare i ragazzini locali. Campbell si è subito legato a lui e per questo il suo sogno era sempre stato quello di gareggiare con Thomas. Sono molto amici, quando lui ha chiuso 25° a Ruhpolding, Thomas è subito corso nella skiroom a complimentarsi. A Östersund, quando chiuse quarantesimo, Campbell era partito con il primo gruppo, mentre Thomas aveva il 78. Così terminata la sua gara, è corso a cambiarsi ed è subito andato in pista a tifare per Thomas. Quando sono entrambi qui, si allenano insieme e lui ama ascoltare i consigli di mio fratello».

Non a caso dopo lo splendido 15° posto di Campbell Wright nell’individuale di Anterselva, Thomas Bormolini era euforico per il risultato del suo giovane amico neozelandese. «Per me lui è un mezzo fratello ormai – ci ha raccontato l’azzurro – c’è un rapporto speciale tra noi. È sempre qui a casa nostra, ci alleniamo insieme, come abbiamo fatto anche nel periodo natalizio. Lui mangia qui, vive qui, è con noi a pranzo insieme ai miei genitori, fa parte della famiglia. È un rapporto che va oltre tutto. Poi sono proprio felice per Luca, perché mio fratello ha il piacere di allenare le piccole nazioni, vuole dare a tutti quella chance di emergere. Ognuno ha i propri obiettivi, a lui non interessano le grandi squadre, piace prendere questi ragazzini che hanno obiettivi diversi e lavorare affinché possano raggiungerli».

Al di là della qualificazione olimpica, dopo l’individuale Thomas Bormolini era felice per un altro aspetto: «Io ero felicissimo per lui, è stato un bellissimo momento, sofferto come non mai. Ciò che ha fatto da mio fratello per mandarlo, lo sa solo lui. Non so se sono rimasto più colpito per la qualificazione olimpica o per la massa. Sono due cose diverse. Alla fine per le Olimpiadi era solo una questione politica del suo Comitato Olimpico, perché lui aveva già fatto un grandissimo mese di gennaio tra Ruhpolding e Anterselva. A quel punto era più una questione di regolamenti. Invece, la qualificazione alla mass start era puramente legata alla sua prestazione, è lui che si è qualificato».

Proprio la qualificazione di Campbell Wright alla mass start ha fatto anche ragionare molto Thomas Bormolini, che si è posto domande anche su quale sia il modo giusto di vivere una carriera sportiva: «Non vi nascondo che il suo risultato mi ha fatto riflettere tantissimo e dovrebbe far pensare tanti di noi delle nazionali più grandi. Vedo un atleta che ha un team con poche risorse che riesce ad andare avanti e ottenere risultati, lo vedo nei suoi atteggiamenti, nella gioia con cui affronta ogni gara, quel sorriso che sfoggia quasi sempre. Invece noi dei team più grandi a volte abbiamo troppi musi lunghi pur avendo tutto a disposizione, ci facciamo troppe paranoie appena qualcosa non va. Ovviamente è giusto impegnarsi al massimo, dare sempre tutto, essere al massimo della concentrazione in gara, ma dobbiamo a volte anche ricordarci di ciò che è all’origine del nostro sport, la passione che ci ha portato a intraprendere questa carriera, altrimenti rischiamo tra qualche anno di rimpiangere di non aver vissuto nel modo migliore questi anni. Dobbiamo imparare a vivere le cose con maggior leggerezza, senza metterci sempre troppe pressioni, che non significa non tenerci, ma lavorare al massimo e fare tanti sacrifici per prepararci al meglio, dare tutto in gara fino all’ultima goggia di energia, chiudere la gara con la consapevolezza di aver dato tutto noi stessi, ma senza permettere che sia poi un risultato a determinare il nostro stato d’animo per una settimana. Campbell vive le cose con tranquillità e prova un piacere gigante nel gareggiare. Capisco che sia favorito da un sistema e una cultura diversa, ma probabilmente dovremmo riflettere».

E quel sorriso lo porterà anche a Pechino, per rappresentare la sua splendida Nuova Zelanda, ma con nel cuore anche un po’ di Italia e di quella Livigno che lo ha adottato.
Nei prossimi giorni uscirà anche un’intervista al giovane neozelandese che abbiamo effettuato nel corso del weekend di Anterselva.

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