In Norvegia si è accesa una forte polemica negli ultimi giorni, a seguito dall’uscita anticipata di Krüger dal Tour de Ski. Annunciando il ritorno dell’atleta in Norvegia, la Federazione Norvegese aveva scritto come fosse già pianificato in partenza che l’oro olimpico nello skiathlon di Pyeongchang avrebbe lasciato l’evento dopo le prime due gare. Ciò ha scatenato la reazione di alcuni media specializzati, che hanno criticato la scelta. Perché occupare un pettorale del Tour de Ski per un atleta che disputa appena due gare, lasciando a casa tanti giovani che farebbero di tutto per essere protagonisti di questa competizione?
Molto critico è stato in particolare il sito specializzato Langrenn, che ha attaccato fortemente la scelta dei tecnici norvegesi addirittura attraverso la tastiera del suo editore, Øyvind Moen Fjeld: «A casa ci sono corridori come Håvard Moseby, Vebjørn Turtveit, Thomas Helland Larsen, Ole Jørgen Bruvoll, Martin Kirkeberg Mørk e Gaute Kvåle che avrebbero "ucciso" per l’opportunità di andare al Tour de Ski».
A rendere più folto il fronte polemico anche Ola Kvisle, coach del Team Norconsult e persona che quotidianamente segue Thomas Helland Larsen. Già nei giorni scorsi l’allenatore aveva fortemente criticato la direzione agonistica norvegese per l’esclusione del suo atleta, nonostante gli ottimi risultati ottenuti nelle prime uscite stagionali, inserito come seconda riserva, pure dietro a Skar nonostante avesse risultati migliori. L’accusa? "Gli atleti che fanno parte della nazionale vengono favoriti". Kvisle ha quindi abbracciato le parole di Fjeld in un’intervista a NRK: «Che la Norvegia non usi i posti per mandare persone che vogliono davvero fare l’intero Tour è un brutto segnale da inviare a tutti coloro che vorrebbero andarci. Ora hanno detto che il piano era sempre che lui (Krüger) avrebbe abbandonato dopo due gare, e quindi penso che sia un brutto segnale verso coloro che stanno cercando di qualificarsi». Tra essi anche il suo atleta, Thomas Helland Larsen: «Può sembrare demotivante per lui, e anche per molti altri. Non si tratta solo di Thomas. Riguarda la cultura che vivi: al vertice vogliono rendere le cose molto facili per i propri atleti e non c’è spazio per tanti altri».
Ovviamente non sono mancate le risposte, anche degli atleti presenti oggi al Tour. Tra essi Iversen: «Il fatto che venga data priorità agli atleti della squadra nazionale non è una novità, lo è sempre stato per tutti. È una dura battaglia arrivare in cima» ha sottlineato il campione del mondo della 50 km, ricordando che tutti sono passati attraverso queste difficoltà.
Klæbo ha ammesso di comprendere le ragioni di chi polemizza: «Fondamentalmente, sono d’accordo che chi è qui debba partire con l’idea di completare il Tour de Ski, questo è fondamentalmente anche il mio piano – ha detto a NRK – capisco che sia fastidioso vedere gli atleti lasciare il Tour de Ski, quando sai che tu stesso saresti stato il prossimo nella lista per parteciparvi. Allo stesso tempo, i Tour sono brutali e spesso accade qualcosa lungo la strada che ti costringe a cambiare i tuoi piani».
Si è difeso Espen Bjervig, il responsabile dello sci di fondo presso la Federazione Norvegese di Sci, che ha rilanciato sottolineando come queste polemiche rappresentino un lusso che solo la Norvegia può permettersi vista la sua competitività: «È un lusso che abbiamo in Norvegia, avere così tanti buoni atleti che possiamo sempre metterci qualcuno». Bjervig si è detto consapevole che sia difficile per un atleta escluso accettare di vedere un atleta come Krüger lasciare dopo appena due gare, ma ha aggiunto: «I migliori sport non sono sempre giusti e dobbiamo dare la priorità a prendere l’oro quando può arrivare. Ma non posso certo dire che il Tour de Ski sia una gita, chi abbandona lo fa o perché ha un campionato a cui deve prepararsi, o perché si ammala. Nessuno lo lascia senza motivo».
Si torna però alla base del problema: è giusto che un atleta occupi uno dei dieci posti per disputare solo due gare, quasi come allenamento olimpico, non permettendo ad altri di vivere l’esperienza del Tour de Ski? Probabilmente no, ma certamente su una cosa Bjervig ha ragione: avere questi problemi è un lusso che solo la Norvegia può permettersi.