Come avevamo scritto già sabato, in occasione dell’articolo sulla scelta di Borodavko, coach del gruppo della nazionale russa che comprende Bolshunov, di non far allenare la sua squadra sulla neve fino a novembre, la preparazione non è una scienza esatta ma in continua evoluzione e spesso con idee e metodi diversi.
Un riscontro lo stiamo avendo anche da quanto sta accadendo all’interno della nazionale norvegese di sci di fondo. Mentre la squadra femminile sta raggiungendo la Val Senales e il gruppo sprint maschile è già in raduno a Livigno, i distance hanno preferito invece restare ad allenarsi in patria.
Ai microfoni di NRK, al termine di un duro allenamento a Holmenkollen, alcuni atleti della nazionale distance norvegese hanno motivato la scelta di atleti e tecnici della squadra distance. «Teoricamente avremmo dovuto allenarci in quota in questo periodo – ha affermato Holund – ma al momento non vedo valide alternative. Abbiamo avuto dei bellissimi soggiorni e raduni in quota in passato, ma in questo periodo, secondo me, ci sono troppi svantaggi».
«Mi sento più sicuro di essere in Norvegia piuttosto che viaggiare», ha affermato Sjur Røthe, che a Fondo Italia aveva anche ammesso quanto sia difficile per lui stare lontano tanto tempo da casa ora che è diventato padre.
Holund la pensa diversamente rispetto ad Arild Monsen, allenatore della nazionale, sprint, che ha portato Klæbo e compagni a Livigno, per un raduno di due settimane a 1800 metri, che diventerà di tre per quanto riguarda il campione del mondo. Il rischio, secondo Holund, al di là dei viaggi in piena pandemia, è di poter anche trovare cattive condizioni metereologiche che possano in qualche modo condizionare la preparazione, magari non permettendo di andare sugli skiroll o a sciare. «Il guadagno non è così grande da spingermi ad andare in quota o in ghiacciaio».
In realtà, dietro la decisione degli atleti distance della nazionale norvegese vi è anche la necessità di entrare immediatamente in forma per guadagnarsi un posto alle prossime Olimpiadi di Pechino. Insomma, che senso ha allenarsi in quota per acclimatarsi in vista di Pechino, se si arriva fuori forma alle prime gare? Per questo motivo hanno preferito evitare il soggiorno in quota nell’imminenza delle prime gare, che si apriranno con il weekend di Beitostølen del 19-21 novembre. Tra l’apertura della stagione norvegese e le tappe di Coppa del Mondo a Ruka, Lillehammer e Davos, probabilmente i tecnici della nazionale avranno già deciso gli atleti da portare. Per molti atleti è quindi fondamentale essere già al meglio della condizione per il mese tra novembre e dicembre, come aveva già spiegato Nossum a Fondo italia lo scorso settembre.
Sjur Røthe si preoccupa di essere subito in forma durante le prime gare di questa stagione e pensa il meno possibile alle Olimpiadi, dal momento che ancora non è qualificato. «Sì, probabilmente può sembrare una scelta difensiva – ha ammesso il fondista norvegese – ma è ciò che ora mi dà maggiore sicurezza».
Emil Iversen è in linea con i suoi due compagni di squadra della nazionale "allround": «Penso che sia meglio essere in buona forma e andare veloci nelle gare in cui puoi qualificarti, piuttosto che passare molto tempo ad acclimatarti in vista delle Olimpiadi. Riteniamo che la chiave siano le tre, forse quattro settimane in cui saremo in quota prima delle Olimpiadi. Andrò a sciare bene e sarò in buona forma all’inizio della stagione».
Monsen ha giustificato la sua scelta di portare la squadra sprint in quota, spiegando che la maggior parte dei suoi atleti non ha esperienza di gare in altura. Inoltre l’allenatore di Klæbo ha aggiunto che non pensa che il raduno di Livigno inciderà sulla brillantezza in occasione delle prime gare: «Abbiamo guardato il calendario anche noi. Non credo che dovrebbe incidere sulla forma. La squadra che è qui tornerà a casa il 29 ottobre. Solo Johannes prolunga la sua permanenza fino al 6 novembre, visto che non deve pensarci».
Monsen ha risposto poi allo scetticismo di Holund e Røthe sulle condizioni che si possono trovare in quota ad ottobre e novembre: «Ho detto chiaramente alla squadra, quando siamo atterrati, che «qui a 1800 metri, puoi trovare le migliori condizioni possibili ma anche molto difficili. Ci siamo preparati a tutto. Abbiamo le scarpe da ginnastica, abbiamo gli sci e non ci resta che sorridere. Non possiamo fare nulla per il tempo e finora siamo stati fortunati».