Chi era presente quel giorno nella sala stampa dello splendido impianto di Anterselva, ricorda bene come quel sabato 15 febbraio il clima fosse teso. Il neo campione del mondo, Alexander Loginov, seduto di fronte a un centinaio di giornalisti a ricevere una serie di domande su un unico argomento, il doping, invitato a rispondere ai commenti indignati dei fratelli Bø, a dover giustificare la sua “pulizia” e il suo passato sporcato da quella macchiato e marchiato da quella positività al doping e i seguenti due anni di squalifica. Al suo fianco un Fillon Maillet d’argento, immobile, al quale non venne rivolta alcuna domanda e un Martin Fourcade più prodigo di consigli che di accuse nei confronti del russo, seppur severo ancora una volta nei suoi giudizi. Così fu il post gara della sprint iridata di Anterselva, nella quale il russo si impose a sorpresa con una grande prova al poligono e sugli sci. Una vittoria difficile da digerire per tanti suoi colleghi, visto il passato burrascoso del russo e quella colpa della positività al doping, alla quale si è sempre sommato il suo colpevole silenzio, l’assenza di ogni spiegazione.
Pochi minuti prima Tarjei Bø, giunto quarto, si era scagliato contro di lui: «Ero felice di non essere quarto una volta tagliato il traguardo. Poi è arrivato uno che io stesso tendo a sottrarre dall’elenco dei risultati quando guardo la classifica e ha conquistato l’oro. Non merita di essere qui».
Di quel giorno il biatleta norvegese ha parlato anche nel libro scritto assieme a suo fratello Johannes, “Brødrekraften”, nel quale ha descritto le sensazioni provate al termine della gara, che lo spinsero a parlare in maniera così diretta ai media: «Avevo corso la sprint della mia vita, avevo preso tutti i bersagli, ero andato maledettamente veloce e combattuto per l’oro. Alla fine avevo battuto mio fratello di un secondo e battere Johannes solitamente dovrebbe essere sufficiente per vincere, visto che era stato il migliore al mondo in quei due anni. Ma il tabellone aveva mostrato che ero dietro i migliori francesi, Martin Fourcade e Quentin Fillon Maillet. Non era per questo che ero arrabbiato, potevo accettare il bronzo nella sprint. Sembrava quasi una vittoria dopo una gara così competitiva. Ma poi è arrivato il corridore che non meritava di essere lì, è arrivato l’imbroglione, il russo Loginov, e ha vinto l’oro. E mi ha spinto al quarto posto, un altro quarto posto. Quando Loginov ha vinto, ero completamente nero negli occhi».
Intervistato da Dagbladet a riguardo, Tarjei Bø ha spiegato: «Quando ho perso quella medaglia, mi è venuta voglia di rendere pubblici tutti i miei pensieri più nascosti. È stato sempre importante per me essere onesto e dire quello che penso. Nel libro sono abbastanza chiaro su questo argomento, perché è facile vederlo dall’esterno. Noi atleti siamo spesso insieme e siamo molto preoccupati che tutti possano competere ad armi pari. Quando delle persone hanno deliberatamente imbrogliato, abbiamo un’opinione leggermente diversa rispetto a quanto deciso da un tribunale. Noi supportiamo lo sport puro. Quando le persone non rispettano questo, è difficile per noi essere sconfitti da tali atleti».
Johannes Bø ha aggiunto: «Non è una sfida contro di lui (Loginov), ma come dice Tarjei lottiamo solo per lo sport pulito. Non abbiamo mai parlato con lui. Lo abbiamo anche invitato a farlo, speravamo che parlasse effettivamente con la stampa, in modo che tutti sentissero cosa pensa sull’argomento. Invece è rimasto con la bocca chiusa. Poi ci sono state quelle speculazioni da parte nostra e riteniamo abbastanza imbarazzante che non abbia parlato».
Ovviamente, in Russia, tanti si sono scagliati contro i fratelli Bø anche in questa occasione con numerose accuse. Ancora una volta, almeno per il momento, Loginov è rimasto in silenzio.