Dopo la prima parte della conversazione avuta con la biathleta più vincente di Finlandia, pubblicata la scorsa settimana (clicca qui per aprire link), Kaisa ci racconta come sta evolvendo la sua nuova attività di coach, gli sviluppi del movimento finlandese dopo il suo addio avvenuto due stagioni or sono e del biathlon nello specifico, oltre a spiegarci perché al momento la comparazione di popolarità fra biathlon e sci di fondo sia alquanto improponibile. Inoltre, la trentottenne ex biathleta ci ha raccontato dei suoi, ancora da definire, progetti a lungo termine, mentre nel breve periodo, la scorsa settimana ha accompagnato la sua amica, ex compagna di nazionale ed allieva Venla Lehtonen ad Anterselva per seguirla nel suo training camp personale che è culminato con la disputa dei campionati italiani come ospite.
Nel fine settimana poi, la sempre in forma e in cerca di nuove sfide Mäkäräinen, per non farsi mancare nulla ha dominato la corsa in alta montagna Drei Zinner Alpine Run di 17 km, con dislivello di più di milletrecento metri, con la suggestiva vista delle Dolomiti fino al celebre rifugio Locatelli posto a 2405 metri.
Che tipo di allenatore ritieni di essere? Sei più vicina al modello generale severo come ad esempio Wolfgang Pichler, oppure sei una sorta di sorella maggiore per i tuoi atleti?
“Non mi definirei ancora un allenatore. Direi che sono come un supervisore nel nostro gruppo. Passare da atleta ad allenatore è un grande passo, perché quando sei un’atleta ti concentri solo sul tuo lavoro e sui pensieri che hai per te stessa, mentre quando sei un allenatore devi capire che le cose che funzionano bene per me non sono probabilmente le cose migliori che qualcun altro debba poi fare in quello stesso modo. Per ora sono stata responsabile solo dei ritiri e non del piano di allenamento per l’intero anno di un atleta e sarebbe un grande passo da fare da quel lato. È diverso fare il piano di allenamento per un training camp di una decina di giorni per atleti che hanno 18/20 anni e puoi fare così tante cose diverse con loro senza compromettere troppo le cose, qualunque allenamento tu faccia. Ora posso far fare a loro diversi allenamenti mostrando cosa possono fare e loro devono assumersi la responsabilità con se stessi e con il loro allenatore personale. Con Kalle e Ville cerchiamo di insegnare loro come sentire il proprio corpo e se stanno bene puoi farli allenare un po’ più a lungo o un po’ più velocemente. Quando ero al liceo, e molti dei nostri ragazzi sono ancora in età liceale, non avevo un allenatore personale e dovevo assumermi io le mie responsabilità su come mi sentivo, ma questo mi ha aiutato molto durante la mia carriera e cerco di insegnarlo a loro adesso. Sul poligono di tiro invece sono piuttosto severa perché quando hai dodici atleti da seguire contemporaneamente non puoi dare loro troppa libertà perché altrimenti gli allenamenti non funzionerebbero, quindi cerco di dire loro i tempi esatti, per quanto tempo facciamo tiro, azzeramento o altri esercizi specifici e quando inizia l’allenamento e non devono essere in ritardo ma rimanere tranquilli e ascoltarmi quando assegno l’esercizio, altrimenti con dodici persone sarebbe un caos totale. Quindi al poligono cerco di essere rigorosa mentre dal lato fisico lascio loro libertà e flessibilità perché non posso sapere come si sentono.”
Come vedi in prospettiva il futuro del biathlon in Finlandia? Dobbiamo aspettarci nuovi talenti come te e Mari?
“A dire il vero durante la mia carriera non ho seguito da vicino la generazione più giovane, non conoscevo nessuno, a parte forse qualche nome e volto, seguivo solo i risultati di Ibu Cup. Lo scorso inverno ho provato a seguire di più ma non c’erano così tante gare a causa della situazione Covid. Ovviamente si potranno sviluppare alcuni atleti di buon livello, ma quando, questa è un’altra questione. Molti di loro hanno ancora molto lavoro da fare soprattutto dal punto di vista fisico. Penso che nel tiro ci siano ragazzi che conosco che sono abbastanza bravi al poligono, ma come mantenere un livello stabile è ancora tutto da considerare. In Finlandia non abbiamo abbastanza gare di alta qualità, abbiamo solo un paio di buone gare ad inizio stagione quando tutti sono qui per gli allenamenti e per qualificarsi per avere un pattorale di Coppa del Mondo, ma poi ci sono solo piccole gare in cui non hai una buona pressione o con piccoli gruppi in cui non c’è una competizione interna serrata. Per questo nel mio gruppo di allenamento organizziamo alla fine di ogni ritiro delle gare per abituarci a fare una competizione serrata, che è difficile da trovare in altre occasioni durante la stagione. Ma è positivo che qui in Finlandia il numero di giovani praticanti è in aumento. Guardando ai nomi, direi Tero Seppälä e il giovane ragazzo che ha fatto bene la scorsa stagione, Tuomas Harjula hanno talento e capacità e possono andare più in alto considerando che Tero ha 25 anni e Tuomas 22, quindi hanno ancora molto tempo per crescere.”
Come sportiva finlandese di maggior successo negli ultimi 15 anni, come vivi il fatto che la Finlandia alle Olimpiadi sia estive che invernali non raggiunga più i successi di prestigio ottenuti in passato. Per noi italiani la Finlandia è sempre stata dipinta come paese di grandi sportivi, Paavo Nurmi, Lasse Viren, i tanti giavellottisti di successo, etc. Ora ti propongo un paragone fra la Nuova Zelanda e la Finlandia che hanno pressochè lo stesso numero di abitanti, ma nelle ultime tre Olimpiadi estive la Nuova Zelanda ha raccolto cinquantuno medaglie contro le sole sei della tua nazione. Cosa faresti se fossi il Ministro dello Sport finlandese per migliorare questa situazione?
“Sicuramente darei più soldi agli atleti e agli allenatori per fare il loro lavoro. Perché se si confrontano tutti i paesi europei con la Finlandia, ad esempio nel biathlon, ci sono molti atleti che lavorano per l’esercito, per la polizia o per la dogana e vengono pagati ogni mese sia che ottengono buoni o cattivi risultati, e il loro lavoro è fare sport. In Finlandia i soldi arrivano sul tuo conto solo se hai buoni risultati dagli sponsor o dai premi vinti in Coppa del Mondo. Ma arrivare ai livelli alti è una lunga strada, all’inizio quando non sei un campione e non hai grandi sponsor dietro di te è una strada molto difficile l’arrivare in cima e ottenere soldi. Come il mio allenatore Jarmo, che per molto tempo si è offerto come volontario, la maggior parte degli allenatori qui in Finlandia sono più o meno volontari o pagati gratuitamente dal club e questo è il motivo per cui non possono seguire i loro atleti quando questi sono nei training camp all’estero. Se sei in Nazionale ti seguono abbastanza bene ma finché non sei in Nazionale, tutto è più complicato. Se guardiamo alla situazione attuale, a quattro anni e mezzo dalle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, solo pochi ragazzi futuribili per quell’evento sono in Nazionale, la maggior parte degli altri sono fuori dai quadri e dovrebbero prepararsi da soli a casa. Non vi è un gruppo che li preparerà da qui al 2026. Quindi è lì dove io metterei più soldi per gli allenatori, rendendo il lavoro di coach più interessante. Ecco perché io non sono così interessata a lavorare con la squadra nazionale, perché in Finlandia vi sono solo Jonne Kähkönen, Niko Aapajärvi e forse altri due che sono sostanzialmente pagati per il loro lavoro. Questi pochi allenatori non possono occuparsi di tutti gli atleti dell’intero paese. Se avessimo forse venti allenatori di biathlon pagati come allenatori a tempo pieno avremmo più atleti bravi e migliori risultati. Quando gli allenatori lavorano come volontari non ci portano l’alto livello richiesto per ottenere una medaglia olimpica. Pagando di più atleti e allenatori, essi possono concentrarsi maggiormente sulla loro attività. La maggior parte degli atleti under 20 sono per lo più studenti e svolgono attività agonistica perché sono pagati dal governo per i loro studi e dopo cercano di sopravvivere se non ottieni risultati immediati. Quindi questa è la difficoltà qui per ottenere i migliori risultati quando in altri paesi il governo supporta molto di più lo sport.”
Specialmente nei paesi alpini, ed in parte anche nei paesi nordici, nell’ultimo decennio il biathlon ha superato la popolarità del fondo. Come spieghi questo sorpasso ed esplosione del biathlon?
“Questa è una domanda interessante e dovrebbe far riflettere lo sci di fondo in primis. Ovviamente nel biathlon abbiamo il tiro che è la parte difficile da eseguire e anche se sei davvero in buona forma puoi commettere cinque errori al poligono come è accaduto a Jacquelin negli ultimi Campionati del Mondo, e questo può succedere praticamente a chiunque. Quindi penso che la parte di tiro sia la più equa indipendentemente dal paese in cui vivi, ma ovviamente devi avere buoni allenatori di tiro se vuoi arrivare al livello per ottenere buoni risultati ogni settimana. Nel biathlon si possono ottenere buoni risultati anche se a volte non si è al top della forma fisica nel fondo, ovviamente quando si punta alla Coppa del Mondo e vuoi essere tra i primi dieci bisogna essere in buona forma anche nello sci. Per chi è un ottimo tiratore e non eccelso nel fondo vi è sempre una speranza per arrivare nella parte alta della classifica e questo dà sempre motivazione. Certamente l’allenamento è diverso dallo sci di fondo, ma fondamentalmente direi che è più interessante in quanto più vario. Il biathlon è un buono sport per attirare media, spettatori e sponsor che è sempre un’ottima cosa, e quindi questa è probabilmente la maggiore attrattiva per portare sempre più atleti al biathlon.”
Secondo te cosa dovrebbe fare lo sci di fondo per riguadagnare almeno parte della popolarità persa?
“Non ci ho pensato molto. Penso che nel cross-country la cosa più importante sia che c’è sempre la Norvegia che vince le gare. Dovrebbero fare qualcosa per impedire questo. (segue risata) Ma seriamente, penso che dovrebbero tornare un po’ indietro a come erano le gare qualche anno fa. Se guardi il Tour de Ski per esempio è troppo complicato da seguire per le persone. Per esempio a me piace seguire le partite di basket ma se non conosci esattamente tutte le regole è difficile capire tutte le azioni. Nel Tour de Ski qualcuno prende punti bonus quà e là ed è davvero difficile da seguire per il pubblico perché in alcune gare si ottengono punti pieni e in altre punti a metà o vari punti bonus nel mezzo delle gare e anche questo non è molto bello per gli atleti. Si dovrebbe semplificare le cose. Lo sci di fondo dovrebbe essere solo una gara per chi scia più veloce alla fine secondo il cronometro e dovrebbero tornare a quel concetto in cui al termine di una gara l’orologio era l’unica cosa che contava.”
Come ti vedi da qui ai prossimi dieci anni? Quali obiettivi ti piacerebbe realizzare nella tua nuova vita da post-biathleta di successo?
“Il primo anno dopo la fine della mia carriera è stato molto più facile di questo secondo anno forse perché non ho molto da fare in questo periodo, ma è difficile dire come sarò tra dieci anni. Il biathlon è ciò che io conosco meglio e in cui ho più esperienza quindi mi piacerebbe rimanere nel biathlon in qualche modo ma è molto difficile dire in che modo lo farò. Non ho grande interesse a lavorare a livello di Nazionale o al massimo livello, almeno non ancora, magari fra dieci anni. Ma ora sento che è bello fare cose collegate con lo sport o altre cose per avere più esperienze in generale. Vedremo. Non ho un piano a lungo termine in questo momento della mia vita perché non sai mai cosa può succedere nel tuo futuro. Ma mi piacerebbe essere on the road, lavorare un pò in tutta Europa per vedere come va la vita sportiva al di fuori della Finlandia.”
Kiitos herra Giustille hauskasta osallisuudesta ja Kaisalle